Guerra e informazione

Le lacrime di coccodrillo versate da Vladimir Putin su Telegram

L’app di messaggistica al centro di una bufera mediatica dopo l'arresto di uno dei suoi fondatori è, di fatto, l'unico social russo in cui si può raccontare senza censure quello che accade in Ucraina
Vladimir Putin vuole approfittare dell'arresto di Pavel Durov per limitare l'uso di Telegram in Russia. ©Alexei Danichev
Dario Campione
27.08.2024 18:34

Anche la notizia dell’attacco ucraino nella regione di Belgorod, oggi, è arrivata via Telegram, la piattaforma Web fondata nel 2013 dai fratelli Nikolaj e Pavel Durov. L’arresto in Francia di quest’ultimo, accusato di una dozzina di reati - tra cui il rifiuto di fornire alle autorità di Parigi i dati necessari per condurre le intercettazioni autorizzate dalla legge - ha aperto una gigantesca discussione sull’indipendenza e l’autonomia dei mezzi d’informazione. E ha creato una situazione paradossale ed estrema, nella quale alcuni gerarchi della Russia di Vladimir Putin hanno prontamente indossato i panni dei difensori del giornalismo libero, dimenticando d’emblée il ruolo di rigidi e inflessibili censori ricoperto sino a un istante prima.

Sia in Russia sia in Ucraina molti sollevano interrogativi sul futuro di una piattaforma che, ha sottolineato il New York Times, «è arrivata a definire la percezione pubblica della guerra». Dal momento in cui Mosca ha dato inizio al conflitto, nel febbraio del 2022, Telegram si è rapidamente trasformato da strumento di comunicazione di nicchia per le classi istruite in un fenomeno globale. L’app ha infatti permesso a milioni di persone di seguire in tempo reale gli sviluppi sul campo di battaglia e ha trasformato i soldati di entrambi gli schieramenti nei «narratori del conflitto».

Non solo: Telegram ha dato modo soprattutto ai dissidenti di raccontare il proprio punto di vista. Ed è diventata una fonte preziosissima per gli osservatori esterni, costretti a rimanere fuori dal perimetro bellico. Secondo il Levada Center, uno dei pochi centri indipendenti di ricerca demoscopica ancora attivi a Mosca, un cittadino russo su due usa Telegram oggi sia per ottenere informazioni sia per comunicare: due anni e mezzo fa lo faceva uno su tre. Dopo che il Cremlino ha vietato la maggior parte delle principali piattaforme occidentali, Telegram è diventato di fatto l’unico social su cui trovare notizie non filtrate sulla guerra. Un sondaggio condotto dallo stesso Levada Center ad aprile sottolineava come un russo su quattro si colleghi «ogni giorno» ai canali Telegram per trovare notizie sul conflitto. Due anni e mezzo lo faceva uno su cento.

Il potere di Telegram di «plasmare la narrazione della guerra» era diventato chiaro nell’estate del 2023 quando Yevgeny Prigozhin, signore della guerra ed ex “cuoco” di  Putin, utilizzò la piattaforma per annunciare e poi raccontare minuto per minuto la sua ribellione e la breve ma terribile avanzata della Brigata Wagner verso la capitale. Milioni di persone, in Russia e nel resto del mondo, guardarono in diretta su Telegram le immagini e i video delle colonne corazzate di Prigozhin in marcia verso Mosca, mentre i canali televisivi del Paese continuavano a trasmettere talk e programmi totalmente disancorati dalla realtà.

L’arresto di Pavel Durov offre così una nuova possibilità alla Russia di contrastare Telegram senza mostrare il proprio lato cattivo. Il Cremlino aveva già tentato nel 2018 di allontanare le persone dalla piattaforma, ma lo sforzo compiuto per bloccare l’accesso all’app si era rivelato in gran parte inutile e il progetto era stato abbandonato a partire dal 2020.

Adesso, la propaganda russa può tornare a battere sul punto facendo leva sulla possibilità che Durov conceda alle autorità giurisdizionali francesi (e quindi, di conseguenza, all’Occidente) le chiavi di accesso ai canali. «Tutti coloro i quali si sono abituati a usare Telegram per conversazioni e chat sensibili devono eliminarli immediatamente e non farlo in futuro», ha scritto domenica sulla piattaforma Margarita Simonyan, dirigente dei media statali russi.

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