Perché la Cina sta escludendo sempre di più Boeing?
Accontentare tutti, non scontentare nessuno. Così ha sempre ragionato la Cina, quantomeno quando si tratta di ordinare aeroplani. Metà Airbus, metà Boeing. Punto. Le cose, tuttavia, di recente sono cambiate. E pure parecchio.
Non ci credete? Sentite qui: lo scorso settembre, il costruttore nordamericano ha perso una commessa di 40 aerei mentre lo scorso luglio ha dovuto sopportare uno smacco addirittura superiore da parte del Dragone, con un maxiordine di quasi 300 velivoli Airbus per un totale di 37 miliardi di dollari. Urca. Sullo sfondo, va da sé, le tensioni geopolitiche fra Pechino e Washington. Tensioni che rischiano di costare caro, carissimo a Boeing. Per dire: l’azienda americana sta ancora aspettando che il 737 MAX riprenda a volare anche in Cina.
La questione Taiwan
Boeing non firma accordi di peso con la Cina da anni, diciamo dal 2017. Lo scorso luglio, mentre negli uffici di Airbus lo champagne scorreva a fiumi, il costruttore americano ha rilasciato una dichiarazione pesante: «In qualità di principale esportatore statunitense, forte di una relazione di 50 anni con l’industria aeronautica cinese, è deludente che le differenze geopolitiche continuino a limitare le esportazioni di aeromobili statunitense». E ancora: «Continuiamo a sollecitare un dialogo produttivo tra i governi, dati i vantaggi economici reciproci di una fiorente industria aeronautica».
Quello siglato con Airbus, che rifornirà di velivoli europei le tre principali compagnie del Paese, è uno dei più grandi accordi mai realizzati dalla Cina sul fronte aeronautico. Boeing, dal canto suo, si è dovuta accontentare di alcuni 787 (24 in totale) piazzati alla China Airlines Ltd di Taiwan durante l’estate. Una mossa che potrebbe pesare, e non poco, visti i rapporti tesissimi fra l’isola e la Cina continentale. L’ordine, non a caso, è arrivato poco dopo la controversa visita di Nancy Pelosi a Taipei.
Secondo diversi esperti, citati da Bloomberg, l’esclusione di Boeing dal mercato cinese potrebbe addirittura estendersi. Complici appunto le pessime relazioni fra Cina e Stati Uniti. La spaccatura, leggiamo, rischia seriamente di aumentare il divario fra il costruttore statunitense e Airbus, alle prese con problemi nelle consegne e ritardi nella catena di approvvigionamento.
Perché il MAX non vola?
Il problema nel problema, di nuovo, è legato al fatto che il 737 MAX, in Cina, non stia volando. E questo nonostante tutti gli altri principali mercati abbiano dato il via libera al ritorno nei cieli del modello, messo a terra dopo due incidenti mortali nel 2018 e nel 2019. L’autorità di regolamentazione cinese, va detto, da un punto di vista tecnico ha consentito la ripresa delle operazioni commerciali. Ma le compagnie non si stanno dannando l’anima per riportarlo in aria. Non solo, i vettori cinesi non piazzano un ordine per il 737 MAX dal 2019. Tanto, tantissimo tempo. Finora, secondo i dati forniti da Cirium, le compagnie di Pechino hanno ordinato in totale 229 esemplari del 737 MAX, di cui 100 sono ancora bloccati negli stabilimenti Boeing.
L'arrivo del Comac
Il tutto, come abbiamo scritto, mentre la Cina sta cercando di inserirsi nel mercato dei velivoli a medio-raggio con il suo Comac C919. L’aeroplano, quasi totalmente made in China, ha ricevuto le certificazioni formali e ha ricevuto pure, chiamiamola così, la benedizione di Xi Jinping. Il prodotto è piaciuto, e pure tanto, in patria: 815 comande da parte di 28 vettori differenti. Di qui la spinta sul fronte della produzione e delle consegne, con i primi esemplari che dovrebbero solcare i cieli della Cina nel primo trimestre del 2023.
L’obiettivo? Soppiantare, a lungo termine, gli aerei occidentali. Uno scenario che Airbus ha anticipato assicurandosi un maxiordine, forse uno degli ultimi di questa portata, mentre Boeing, prigioniera delle tensioni, sembra già adesso fuori dal gioco. Con tutte le conseguenze del caso per il dominio del mercato.