Il duello in TV

Se l'obiettivo erano gli indecisi, un punto per Kamala Harris

Gran parte degli osservatori ha dato per vincente la candidatura democratica – In particolare, sembra aver convinto il suo piano economico – Trump è persino caduto nella fake news degli immigrati haitiani che mangiano cani e gatti degli americani
© KEYSTONE (Gabrielle Lurie/San Francisco Chronicle via AP)
Davide Mamone
11.09.2024 16:00

Che il dibattito di Philadelphia contro Donald Trump sia stato efficace per la vicepresidente Kamala Harris, lo dimostra il fatto che la sua campagna elettorale abbia dato pubblicamente la propria disponibilità a organizzarne un altro a ottobre, pochi secondi dopo lo spegnimento delle telecamere di ABC NewsLa sera del 27 giugno l’entourage dem si vide costretto a nascondere visi lunghi dietro a scuse e lunghe argomentazioni per difendere la catastrofica performance di Joe Biden, dando il via a settimane di lotta intestina che portarono allo storico ribaltone ai vertici del ticket. Lo stesso partito, adesso, invece, sembra vivere ore di ottimismo. Non tanto perché Harris sullo stage del National Constitution Center abbia vinto, quanto per i continui autogol dell’ex presidente repubblicano, apparso nella versione peggiore di sé su economia, immigrazione e politica estera.

È l’economia, bellezza!

In diversi bar e caffè della super progressista New York City, a circa 150 chilometri da Philadelphia, centinaia di persone di fede democratica si sono riunite nel vedere il dibattito con tante aspettative e un certo timore reverenziale: è dalla notte elettorale del 2016 che il popolo dem tende a non sottovalutare Trump come avversario politico. Ma se la convention di Chicago dello scorso mese venne organizzata proprio per loro, il dibattito di martedì Harris lo ha preparato pensando a un’altra fetta di elettorato: gli indipendenti e gli indecisi, che di lei conoscevano poco o nulla e che da lei volevano sapere cosa vorrebbe fare, se eletta, sull’economia, prima priorità per una stragrande maggioranza di americani. Per questo, il momento forse decisivo del dibattito non è arrivato in uno dei tanti passaggi in cui Trump è caduto nelle trappole di Harris, come quando ha ripetuto, urlandola, la frase «[Gli immigrati haitiani] stanno mangiando i cani e i gatti delle persone!», una fake news diventata virale su X negli ultimi giorni.

Il momento forse più importante è arrivato più tardi, quando Harris ha parlato delle proprie promesse sull’economia in un passaggio aperto con la frase «I have a plan», ripetuta dalla vicepresidente quattro volte, e chiuso con «Voltiamo pagina». In quel passaggio, Harris ha snocciolato tre proposte che si porterà con sé in giro per il Paese nelle prossime sette settimane: 50.000 dollari di deduzione sulle tasse per piccole imprese e startup; l’estensione del credito di imposta per il primo figlio a carico da 6.000 dollari (una misura molto popolare, introdotta da Biden nel 2021 ma interrotta nel 2023, quando la Camera a maggioranza repubblicana non trovò un compromesso per rinnovarla); 25.000 dollari da destinare alle giovani coppie per coprire la caparra dell’acquisto della prima casa. «Questo è il genere di conversazioni che le persone vogliono ascoltare stasera», ha detto Harris.

Il turno di Trump

Dal canto suo, Trump ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, e l’attività frenetica della sua campagna elettorale per metterci una pezza – post, video, comunicati stampa – lo conferma. Sul tema dell’immigrazione, Trump non ha saputo rispondere all’accusa di Harris che sia stato lui a far deragliare l’approvazione di un piano bipartisan per risolvere le problematiche al confine, convincendo i senatori repubblicani a bocciare la riforma. Sull’economia, ha fallito nel trasmettere i timori di Wall Street che il piano di Harris di alzare le tasse sulle aziende al 28% (ora al 21%, grazie a lui) possa rallentarne la produttività. E non ha saputo dettagliare la proposta di imporre dazi per il 60% sui beni dalla Cina e per il 10% sui beni da tutto il mondo, che secondo un’analisi di Tax Policy Center porterebbe a una diminuzione del reddito medio delle famiglie americane dell’1.8%, facendo crollare le importazioni del 15% tra il 2025 e il 2034. Persino qui, Harris ha coperto la voce roca di Trump ricordando agli elettori che il suo piano economico – non quello dell’ex presidente – sia stato promosso dall’istituto finanziario Goldman Sachs.

E sull’insurrezione del 6 gennaio? Trump ha avuto l’opportunità di rinnegare quelle settimane per strizzare l’occhio all’elettorato indipendente; invece, ha ripetuto le stesse bugie che convinsero centinaia di suoi sostenitori ad assaltare il Campidoglio. Il risultato è che Trump è uscito come il grande sconfitto dal dibattito secondo quasi tutti, nelle ore successive alla notte di Philadelphia: addetti ai lavori, focus group e opinionisti, a partire dall’anchor dell’emittente ultraconservatrice FOX News, Bret Baier, che ha definito Harris «molto ben preparata e all’attacco». E poi il giornalista Chris Wallace, ex FOX News, ora su CNN: «Harris ha spento Trump sul tema dell’aborto, sul tema del 6 gennaio e sul tema della sicurezza nazionale». Mentre nello spazio telefonico aperto organizzato dall’emittente C-SPAN in queste ore, diversi elettori repubblicani hanno espresso la loro preoccupazione che la notte di martedì possa aver danneggiato le possibilità di vittoria dell’ex presidente.

Il ruolo dei moderatori

Ultimo grande tema è stato il ruolo attivo dei moderatori ABC News, Linsey Davis e David Muir, nel corso del dibattito. Se i giornalisti CNN a giugno decisero di accettare silenziosamente le bugie dell’ex presidente Trump su una vasta gamma di argomenti, questa volta gli anchor hanno risposto, seppur in modo pacato e asciutto. Non solo sull’assurda fake news dei cani e gatti divorati dagli immigrati haitiani, ma anche sul tema dell’aborto su cui Trump ha detto falsamente che Harris e i democratici sarebbero a favore di «giustiziare i bambini anche dopo la nascita». La partecipazione più attiva di Davis e Muir ha scatenato le ire di molte e molti nella base trumpiana, che hanno trovato proprio nei due giornalisti i capri espiatori per la brutta serata del proprio candidato. Le ire anche dello stesso Trump, che non a caso, pochi minuti dopo la fine del dibattito, è corso ai ripari presentandosi a sorpresa nella sala stampa dei giornalisti per tamponare le sbavature di una prestazione che rischia di cambiare l’andamento della corsa elettorale.

Prossima data caldissima: il 1. ottobre

© Kaitlin McKeown
© Kaitlin McKeown

Quindi, le elezioni del 5 novembre le vince di sicuro Kamala Harris? No, anzi, non è per nulla detto. È vero: secondo un’analisi pubblicata dal Washington Post, che ha intervistato 25 elettori negli Stati chiave, 23 di loro credono che sia stata Harris ad aver proposto la performance migliore. Se prima del dibattito, infatti, nessuno di loro avrebbe votato «certamente» per la 59.enne californiana, 5 di loro hanno cambiato idea post-dibattito. Altri 10 invece hanno detto che con ogni probabilità voteranno per Harris, mentre appena 6 hanno detto che voteranno probabilmente per il 78.enne Donald Trump (erano 10 prima del dibattito). Ma la campagna elettorale è ancora lunghissima, i colpi di scena potrebbero essere tanti e i sondaggi mostrano una competizione in sostanziale parità.

Secondo le medie dell'Economist, Harris è in vantaggio di appena due punti (49% a 47%). Secondo l’ultima rilevazione New York Times/Siena College, Trump sarebbe avanti di un punto su Harris (47% a 48%). Mentre secondo il modello FiveThirtyEight aggiornato oggi, la vicepresidente avrebbe il 56% di probabilità di vincere, ancora troppo basse per considerare la partita chiusa o decisa. In bilico ci sono sette Stati in cui si gioca tutto: Michigan, Pennsylvania, Wisconsin, Nevada, Arizona, Georgia e North Carolina, i cui sondaggi continuano a mostrare un testa a testa.

A proposito di colpi di scena, il prossimo potrebbe accadere il 1. ottobre a New York, quando Tim Walz e JD Vance si confronteranno per il primo – e unico – dibattito tra i candidati vice presidente. Entrambi sono stati chiamati in causa nel corso del confronto in TV, con Trump a definire il governatore democratico del Minnesota un estremista e Harris a presentare il senatore repubblicano dell’Ohio come troppo debole per arginare le esagerazioni di Trump. Per entrambi, quello di New York sarà un esordio. A entrambi, l’elettorato indipendente decisivo per il risultato finale delle elezioni guarderà con interesse per capire dove orientare la propria scelta.

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