Telelavoro dei frontalieri, il governo italiano cambia idea. Forse

Aumentano ancora i frontalieri in Ticino e nel resto della Svizzera. Stando alle cifre pubblicate oggi dall’Ufficio federale di statistica, nel primo trimestre del 2023 i lavoratori con il permesso G nel nostro cantone erano 78.230, in aumento dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, e del 4% su base annua. In particolare, nel quarto trimestre del 2022 (ottobre-dicembre), i lavoratori con permesso G in Ticino erano 77.739.
Come accennato, i frontalieri crescono (e in misura persino maggiore) anche nel resto della Svizzera. Nei primi tre mesi del 2023, la Confederazione ha accolto 386.331 lavoratori con il permesso G, in aumento dell’1,3% rispetto al trimestre precedente, e del 6,1% su base annua.
Poco più della metà di tutti i frontalieri è domiciliata in Francia (56,4%), mentre il 23,7% e il 16,7% vivono rispettivamente in Italia e in Germania. Negli ultimi cinque anni il numero di frontalieri è aumentato da 320 mila (gennaio-marzo 2018) agli attuali 386.331, il che corrisponde a un incremento del 20,9%.
Una transizione più lunga
Le statistiche confermano quindi l’inarrestabile capacità attrattiva del mercato del lavoro elvetico per i cittadini dei Paesi confinanti. Un trend che dura ormai da decenni e che nessuna politica, di qua e di là della frontiera, è mai riuscita a modificare (per quanto interventi in tal senso, almeno per ciò che riguarda la realtà ticinese, non siano mai stati presi seriamente).
L’unico cambiamento concreto, ovvero l’accordo fiscale che riforma la convenzione del 1974 sulla doppia imposizione con l’Italia, ha fatto oggi un altro passo avanti. La Camera dei Deputati ha approvato con un voto unanime (239 sì, nessun contrario e nessun astenuto) la legge delega che permetterà al presidente Sergio Mattarella di rendere esecutiva l’intesa con la Svizzera. Com’è noto, l’inserimento di tre emendamenti all’articolo 11, relativi a telelavoro, black list e contributi ai territori di frontiera obbligherà comunque Palazzo Madama a votare di nuovo il provvedimento: il bicameralismo perfetto del sistema italiano impone, infatti, che le norme siano approvate in entrambi i rami del Legislativo con l’identico testo.
Difficile dire quando l’aula del Senato metterà in calendario l’ultimo passaggio di questa tormentata legge delega. Una pausa più o meno lunga potrebbe essere, in verità, una scelta politica più che tecnica. Dato che oggi, durante le votazioni degli ordini del giorno collegati alla norma, il Governo ha mostrato incertezza su una questione non secondaria, vale a dire la durata del periodo transitorio tra la promulgazione dell’accordo e la sua effettiva entrata in vigore.
A nome dell’Esecutivo, il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli ha inizialmente espresso parere contrario alla richiesta di mantenere sino al 31 dicembre 2023 il regime fiscale privilegiato per i frontalieri. Ma di fronte alle obiezioni di tutti i partiti, ha accolto l’ipotesi di una revisione.
«È opportuno che il Governo valuti questa opportunità di allungare il periodo transitorio sino al 31 dicembre - ha detto il deputato leghista varesino Stefano Candiani - un chiarimento da dare sui permessi G ai frontalieri. Dev’essere chiaro, fin da ora, che se la legge entra in vigore il 31 dicembre, tutto quello che accade prima resta ovviamente nella vecchia legislazione; diversamente, partiranno interpretazioni, sovrainterpretazioni e non ne usciremo più, se non con contenziosi. Deve essere chiaro, e il Governo può farlo con circolari opportune dei ministeri, che tutti i permessi rilasciati ai lavoratori frontalieri durante il 2023 rientrano nel vecchio regime. Questo è ciò che chiediamo di chiarire. Poi, fatelo nella maniera più opportuna, ma fatelo. Altrimenti, sarà il caos».
Marcia indietro sul telelavoro
Su un’altra questione a lungo dibattuta nei mesi scorsi e non ancora giunta a soluzione definitiva - l’estensione oltre il prossimo 30 giugno dell’accordo sul telelavoro - l’Esecutivo italiano ha fatto oggi marcia indietro in aula sotto la pressione di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione. Quando il sottosegretario Silli ha annunciato parere contrario all’ordine del giorno che chiedeva di trattare immediatamente con la Svizzera l’ampliamento dello smart working dei frontalieri fino al 40% del tempo di lavoro, ha di nuovo preso la parola il leghista Candiani. «La parte che riguarda il telelavoro resta coperta dalla legge fino al 30 giugno - ha detto - Il Governo si impegni ad affrontare e a definire, prima della scadenza del 30 giugno, le nuove modalità di smart working. Non possiamo spingerci oltre senza avere certezze sul futuro. Il telelavoro è diventata una pratica a cui il territorio di frontiera non può più rinunciare».
A quel punto, e dopo un’analoga richiesta del deputato PD italo-svizzero Toni Ricciardi, il sottosegretario Silli ha fatto retromarcia. Prima ha detto che «il parere iniziale era parzialmente contrario»; poi, dopo un breve rinvio e inseguito dai mugugni dell’aula, ha dato parere favorevole secco.
L’ordine del giorno, come ha ricordato la presidente del gruppo PD, la comasca Chiara Braga, «non risolve comunque il problema. Abbiamo corretto il vuoto normativo da febbraio a giugno ma lasciata inalterata e, quindi, irrisolta la questione della regolamentazione del lavoro da remoto dei frontalieri per i mesi a venire. Un’occasione mancata, su cui continueremo a incalzare il Governo».