Il caso

Twitter: cos'è la poison pill schierata contro Musk?

L'azienda non vuole farsi comprare dal miliardario, che ha messo sul piatto più di 43 miliardi di dollari – Cosa succederà ora?
Jenny Covelli
16.04.2022 11:44

Twitter approva una poison pill per difendersi dalla scalata di Elon Musk. Il consiglio di amministrazione ha approvato una misura che rende difficile per chiunque, incluso il patron di Tesla, salire a oltre il 15% della società. È questa la notizia di ieri, 15 aprile 2022. Musk, lo ricordiamo, ha messo sul piatto più di 43 miliardi di dollari per comprare tutte le azioni dell’azienda, di cui già controlla il 9,2%. Ed è entrato a gamba tesa nella questione con una sorta di (non troppo velato) avvertimento: il Consiglio di amministrazione di Twitter avrebbe una enorme responsabilità nel caso in cui infrangesse i doveri fiduciari agendo contro gli interessi degli azionisti. Tesi supportata da un sondaggio lanciato proprio sul social, in cui oltre l'80% dei votanti gli ha dato ragione: «Privatizzare Twitter a 54,20 dollari ad azione dovrebbe essere una decisione degli azionisti non del CdA. Sì o no?».

Cosa è una poison pill?

La poison pill, o «pillola avvelenata», per definizione è una tecnica di difesa da un'offerta pubblica di «acquisto ostile». In pratica, di fronte a un'operazione di offerta pubblica finalizzata al cambiamento della proprietà e del management, la società bersaglio può mettere in atto diverse tecniche di difesa con diversi obiettivi: tentare di incrementare il costo necessario per raggiungere il quantitativo di adesioni che l'offerente intende raggiungere; oppure mutare le caratteristiche patrimoniali ed aziendali della società target; oppure promuovere un'offerta contraria sulle azioni dell'offerente.

Nel caso di Twitter, la tecnica di difesa scatta nel momento in cui qualcuno prova a prendere il controllo di più del 15% delle azioni aziendali, per evitare che «un'entità, persona o gruppo prenda il controllo di Twitter accumulando azioni senza pagare a tutti gli azionisti un prezzo appropriato e senza fornire al board un tempo sufficiente per effettuare una scelta informata», come annunciato dal CdA attraverso una nota. In genere, questo tentativo di scoraggiare un potenziale acquirente prende la forma di un aumento di capitale concretizzato tramite l'offerta a prezzo vantaggioso di nuove azioni agli attuali soci, elemento che aumenta il numero di azioni in circolazione diluendo la quota in mano a uno solo (in questo caso Musk, nelle cui mani è attualmente il 9%).

Cosa succederà ora?

Le poison pill, come detto, vengono utilizzate per prevenire acquisizioni non desiderate. Ma, a volte, dopo un più o meno lungo processo finiscono per concludersi ugualmente nella vendita dell'azienda. Questo perché ciò che prevale sono gli interessi degli azionisti. In pratica: se viene presentata un'offerta più alta dei 54,20 dollari ad azione lanciati da Musk, il CdA potrebbe aprire la strada alla vendita, accantonando la pillola avvelenata e tutte le acrimonie che ha generato. Con più soldi, a farla breve, tutti amici come prima e addio a dubbi e incertezze anche etiche sul futuro dell'azienda. Fedele alla forma, Twitter ha lasciato la porta aperta sottolineando che la poison pill non impedirà al CdA di «impegnarsi con le parti o accettare una proposta di acquisizione» a un prezzo più alto. I 54,20 dollari ad azione sono tanti rispetto al valore di mercato di Twitter dell’ultimo mese, ma pochi rispetto al valore raggiunto dalle azioni nell’ultimo anno.

Le contromosse

L'adozione di una pillola avvelenata si traduce spesso in cause legali. Contro il CdA che, appunto, rifiutando un'offerta o mettendo in campo poison pill viene accusato di non fare gli interessi degli azionisti. Oppure da parte dell'azienda per proteggersi dall'offerta ostile. E stando a Bloomberg Twitter si sarebbe affidata a JPMorgan e Goldman Sachs per difendersi dall'offerta messa sul piatto da Elon Musk. Una banca, la JPMorgan, che già in passato si è scontrata con Musk, con un'azione legale contro Tesla per 162 milioni di dollari in seguito alle affermazioni del miliardario di voler effettuare il delisting del colosso delle auto elettriche. Tesla aveva respinto le accuse puntando il dito contro la banca, accusata di avere cercato solo di trarre «impropri benefici» sul prezzo delle azioni.

Come ha reagito Musk?

Le reazioni di Elon Musk, non serve neppure dirlo, passano da Twitter. 

Ma il miliardario non si è tirato indietro dal ricordare le implicazioni legali: «Se il CdA di Twitter intraprendesse azioni contrarie agli interessi degli azionisti, starebbero violando il suo dovere fiduciario. La responsabilità che si assumerebbero è di dimensioni titaniche». Musk ha dichiarato pubblicamente che i 43 miliardi di dollari sono la sua migliore e ultima offerta per Twitter, ma già in passato in altre acquisizioni i «pretendenti» avevano avuto uscite simili, per poi finire ad alzare la posta. E il miliardario ha avanzato l'ipotesi di un «piano B». Oppure, potrebbe arrivare un altro offerente e rubargli l'occasione da sotto il naso?

Le paure

Perché tutto questo casino attorno all'offerta di Musk? Evidentemente, che il miliardario cercasse di ottenere la totale proprietà di Twitter non era nelle previsioni economiche del 2022. Ma Twitter è uno dei social network più usati e rilevanti del mondo e ogni novità nel modo in cui è gestito potrebbe avere effetti enormi, soprattutto sulla questione della libertà di parola. Ricordiamo che Donald Trump è stato bannato dal social a inizio anno. «Dopo un’attenta revisione dei tweet di @realdonaldtrump e del contesto relativo ad essi, abbiamo sospeso l’account in modo permanente a causa del rischio di ulteriori incitamenti alla violenza», aveva fatto sapere Twitter, e il profilo dell'ex presidente USA era sparito con oltre 88 milioni di follower. Se Musk rilevasse Twitter, diventerebbe il proprietario della seconda piattaforma più influente per l'opionione pubblica (e la politica) dopo Facebook. E questo concentrerebbe una straordinaria influenza nelle mani di due persone, Musk e Mark Zuckerberg.

Per non parlare della gestione, o meglio la moderazione, dei contenuti, letta da alcuni come «censura» e da altri come «necessità». I dipendenti di Twitter sarebbero infatti preoccupati che l'approccio del patron di Tesla destabilizzi gli sforzi in atto nella battaglia ai «contenuti tossici» che circolano sulla piattaforma.

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