«Noi, all'ultimo spettacolo prima di spiccare il volo dall'Accademia di teatro»
«Stop! Per favore, potete spostare quelle cose che si vedono nell'angolo? Grazie. Ci siamo? Bene, ricominciamo». La voce al microfono – che risuona amplificata nel teatro dell'Accademia Teatro Dimitri di Verscio, una scuola affiliata alla SUPSI alla periferia di Locarno – è di Cristiana Morganti. Regista e coreografa, è stata diretta da Wim Wenders e Pedro Almodovar. Per oltre vent'anni, poi, è stata danzatrice solista al Tanztheater Pina Bausch a Wuppertal, in Germania, e oggi è appena rientrata da una tournée nei principali teatri europei. Una fila di poltroncine rosse è stata trasformata in una postazione regia. Di fianco a lei, un tecnico manovra luci e diffusione di musica e rumori. Sul palco, i dieci studenti al terzo anno della formazione bachelor che, finalmente, posso prendersi una piccola pausa dopo aver provato un segmento del loro ultimo lavoro. L'ultimo prima di 'spiccare il volo' fuori dall'istituto di formazione. «Sono stata invitata per mettere a punto il loro lavoro di collettivo di fine formazione, seconda tappa per l'ottenimento del titolo di studio dopo i lavori individuali», spiega Morganti al Corriere del Ticino. «È da un paio di settimane che stiamo rifinendo gli ultimi dettagli», dice la donna. «Il titolo è Young Birds (la prima il 19 maggio, le date sono nella tabella in basso, ndr.), che in italiano potrebbe essere tradotto con Giovani Stormi». Una rappresentazione che parla proprio di loro, un gruppo di giovani artisti che stanno per separarsi, uno stormo sul punto di disperdersi. «Con un continuo andare di qua e di là, di svolazzi e sbatacchi contro le pareti prima di volare verso la libertà, verso il loro futuro professionale». Intanto, con riflettori al minimo puntati sul palco e un rumore di bufera, le ragazze e i ragazzi saltellano, girano su loro stessi e buttano per aria delle carte. «La fine della scuola mi fa super paura», ammette Salomé, 28.enne di Friburgo mentre scende dal palco insieme ai suoi compagni. Il sorriso, però, tradisce più che altro tante emozioni e tanta tensione. Non solo per lo spettacolo, ma anche per il futuro e per i sogni che questo promette. La giovane si esprime in perfetto italiano, esattamente come gli altri i suoi colleghi del percorso di studio, nonostante provengano da ogni dove.
«Mio padre avrebbe voluto frequentare questa scuola, ma poi ha seguito un percorso del tutto differente», spiega ancora Salomé. «Alla fine del liceo, poi, anch'io avevo pensato di iscrivermi qui, ma non ne ho avuto il coraggio. Avevo qualche dubbio su quanto meritassi davvero di diventare un'artista. Ho studiato filosofia, ma ben presto mi ero resa conto che volevo fare teatro. E così, dopo aver frequentato un'altra scuola nella svizzera francese, sono poi approdata qui in Ticino».
«Un'altra insegnante di teatro mi aveva consigliato di partecipare a un'audizione dell'Accademia Teatro Dimitri. E adesso sono qui da due anni e mezzo», afferma Liam, 23.enne di Zurigo. A volte è molto impegnativo, mentre ci sono altri momenti dov'è più tranquillo. Facciamo tanti allenamenti e quindi, siccome sei in ballo ogni giorno, poco a poco ci si abitua». Le fa eco Salomé: «Ho sentito che il mio corpo è cambiato tanto da quando sono qui. Anche le mie abitudini, il mio ritmo di vita, ha subito degli stravolgimenti. Vado a letto presto, il mio modo di mangiare è più sano».
Anche Zoe, 22 anni e originaria di Livorno, è stata accettata dal percorso di formazione dopo che un'ex allieva le aveva parlato della realtà di Verscio. «Ho provato l'audizione ed è andata bene», esclama sorridente. Il fiatone causato da corse e giravolte è subito passato. «Nella formazione ci concentriamo all'inizio sulle varie tecniche di musica, ritmo, danza, acrobazia e pantomima. Man mano che si va avanti, siamo portati a sviluppare la nostra capacità creativa, progettando coreografie o delle scene, imparando a creare dei personaggi...».
Lo spettacolo
Ma com'è stato avere a che fare con queste studentesse e con questi studenti? Risponde Cristiana Morganti: «Per me, è difficile creare senza aver prima conosciuto gli interpreti. Sono arrivata con un pacchetto di idee, ma le prime due settimane le ho trascorse cercando di capire quali fossero le migliori capacità di ciascuno. Abbiamo svolto una moltitudine di atelier. Portavo delle proposte e loro reagivano», spiega la 55.enne originaria di Roma.
«Hanno tutti caratteristiche differenti e volevo mettere in luce in maniera diversa ognuno di loro. A turno, nello spettacolo, ci sono dei momenti in cui emergono rispetto al gruppo. La pièce è un alternarsi di momenti collettivi in cui, di continuo, uno o due di loro sono in evidenza. Raccontano qualcosa, parlano, si rivolgono al pubblico o litigano tra loro».
«Lei viene dal mondo della danza, quindi adesso balliamo tanto ed è molto bello», aggiunge Liam, spiegando quel che il pubblico potrebbe aspettarsi dalla rappresentazione. «Ci sono molti momenti buffi, di danza, di acrobazia,... ci sono momenti dove si vede la forza del gruppo e l'identità del gruppo. Parla della fine del percorso della nostra classe, di noi, in realtà. No, si vedono tante cose, davvero», esclama. «Come ci si sente in un gruppo o fuori dal gruppo?», riflette ancora Salomé. «Si parla anche di solitudine. Stiamo vivendo insieme da tre anni, ma cosa succederà dopo la scuola? Senza questo gruppo? Lo spettatore vedrà dieci persone felici di essere insieme sul palco. E poi un sacco di cose super inaspettate!», ride senza svelare troppo.
Il futuro
Per quanto riguarda il futuro, le incognite di una carriera nel mondo del teatro non mancano, come sottolinea Liam. «Dopo questa scuola voglio continuare a fare teatro. Avevo un paio di progetti che però, purtroppo, ora sono saltati e non ci sono più. Però, ho sempre fiducia nel fatto che riuscirò a trovare il mio posto. Ognuno di noi farà il suo percorso. C'è chi continua per un'altra formazione, chi approfondisce di più la musica, altri che torneranno verso il mondo circo ma con il bagaglio teatrale che hanno imparato qui, altri che continueranno sulla danza... Quando penso alla mia classe, i percorsi di ognuno di noi sono molto diversi».
«Io e una mia compagna abbiamo un progetto che vogliamo sviluppare. Un'idea messa a punto all'interno del percorso formativo», afferma Zoe. È una cosa di cui sono molto felice e fiera. Per il 2024, poi, avrei la possibilità di partecipare a un progetto di teatro classico nella Svizzera francese».
«È una specie di Tetris», dice Salomé. «Dobbiamo incastrare i vari pezzi. Fare dei provini da una parte, trovare una residenza in una compagnia magari per una mia creazione... In ogni caso, non voglio più studiare, adesso», ride. «Il mio lavoro individuale di fine formazione, presentato un paio di mesi fa, è stato programmato in due festival. In fin dei conti, questa formazione ci dà le chiavi per creare. Ci fa capire come costruire uno spettacolo. Di cosa dobbiamo tenere conto quando voglio mettere in scena un pezzo. Abbiamo veramente delle belle, grandi valigie di tecnica. Vorrei adattare il mio lavoro individuale di fine formazione fino a farlo diventare uno spettacolo di un'ora. In futuro, poi, mi piacerebbe iscrivermi al master di scenografia e realizzazioni di messe in scena a Losanna, ma non quest'anno, perché ho proprio bisogno di una pausa dalla scuola».
Polivalenti
Una formazione a trecentosessanta gradi, polivalente, insomma. «Questi studenti hanno più possibilità, rispetto ad altre scuole che non hanno una formazione così completa», aggiunge Morganti. «Alcuni di loro potranno lavorare come attori, altri in progetti di teatro di strada circensi. Altri ancora, invece, potranno andare più verso la danza... Vedo anche grandi doti sotto il profilo musicale. Ecco che potrebbero quindi entrare in un qualche musical. Imparano anche luci, imparano a costruire le scenografie, il lavoro con le maschere».
Ma il teatro, ai tempi di Disney+, Neflix, e serie su richiesta, avrà mai un futuro? Sempre Morganti: «No, attenzione. Il teatro è dal vivo. Il teatro ha bisogno dell'energia, del pubblico, dell'energia degli attori. Ha bisogno che il pubblico veda il sudore, la fatica, i capelli fradici, i bottoni che saltano. Tutto questo è emozionante. Gli attori in scena stanno dando il massimo di loro stessi e tu, come pubblico, ricevi questa energia».
Secondo l'autrice, questa particolare attività è «uno degli ultimi rituali rimasti agli esseri umani. Andare a teatro e finalmente, all'improvviso, questi telefoni sono fermi per almeno un'ora, quella sera. La performance dei talenti si svolge solo quella sera. Non si può rivivere, non potranno rivederla come si fa con gli schermi dei telefonini. È quella, è quel momento, quel pubblico, quell'energia. Questa cosa mi dispiace, è magica e insostituibile», conclude l'artista.
La breve pausa, per gli studenti, ora è conclusa. È tempo di ritornare sul parco per una nuova prova generale, questa volta con i costumi di scena.