Nuovo slancio per il Palazign con il sostegno del Cantone
A Comologno, nell’Alta Valle Onsernone, c’è fermento attorno al Palazign, la storica osteria che fa coppia fissa con l’Hôtel de Charme di Palazzo Gamboni. «Da una parte si mangia, dall’altra si dorme», scherza Vasco Gamboni, docente in pensione e da una ventina d’anni segretario del Patriziato. Entrambe le strutture sono da anni in mano all’ente patriziale. «Cerchiamo di mantenere vivo il villaggio, non solo durante i mesi estivi, ma anche in inverno», racconta Gamboni. E anche il Cantone si muove per sostenere l’impegno dei volontari. È questione di settimane, infatti, l’arrivo di un aiuto finanziario che coprirà una parte dei costi dell’acquisto dello stabile.
Il rischio era quello di mandare all’aria tutti gli anni di lavoro tra l’albergo e il suo ristorante. L’immobile, alla morte del proprietario – l’ingegner Bezzola di Milano –, sarebbe finito in mano ad altri. «I due servizi sono legati tra loro. Senza uno, non c’è l’altro», osserva al Corriere del Ticino Fausto Fornera, responsabile del settore dei Patriziati. E così, dopo aver pagato l’affitto per quasi trent’anni, era giunto il momento del grande salto.
In origine c’era solo l’osteria
Nel 1993 il Patriziato si impegna a realizzare quel che oggi è diventato il cuore del villaggio. «È un punto d’incontro apprezzato che ha attratto molte persone da tutto il Locarnese», racconta sempre Gamboni. «All’epoca non c’era la possibilità di pernottare, anche se si era capito che si trattava di un’esigenza imprescindibile. Nel 1998, allora, il Patriziato acquista il settecentesco Palazzo Gamboni». Poi trasformato in un albergo della catena Swiss Historic Hotels, dopo un restauro conservativo «molto attento». Una piccola località all’estrema periferia del distretto di Locarno, insomma, si trasforma in una tappa obbligata degli itinerari di turisti e buongustai. L’offerta della cucina, poi, oggi si estende su tutto l’arco delle stagioni.
La nuova richiesta inoltrata al Dipartimento delle istituzioni finora ha ricevuto tutti i semafori verdi. «Stiamo valutando e siamo propensi a finanziare questa operazione perché ne vediamo un senso», spiega ancora Fornera, il quale aggiunge: «Grazie a questo genere di iniziative, si riesce a mantenere o, addirittura, a ridare vita a comunità che languono e che fanno fatica a trovare un loro dinamismo».
In visita sul posto
Il «gioiello» della valle, in occasione di questo nuovo salto di qualità, si è guadagnato anche una visita del direttore del Dipartimento delle istituzioni, il Consigliere di Stato Norman Gobbi, oltre al capo della Sezione degli enti locali, Marzio Della Santa e al responsabile del settore dei Patriziati Fausto Fornera. «Saluto con piacere l’iniziativa del Patriziato di Comologno», sottolinea Gobbi al Corriere del Ticino. «Con questo progetto, si coniugano storia, cultura, la natura, la tradizione, ma, soprattutto, dimostrano come i nostri patriziati siano innovativi e in grado di adattarsi a nuove sfide».
Secondo Gobbi, poi, c’è in gioco anche il fattore legato alle proprie origini: «Senza una radice forte, come quella che tutti i ticinesi sentono, diventa difficile identificarsi, ma soprattutto avere un paese in cui ritornare, una patria in cui ritornare. Comologno questa radice ce l’ha molto forte, molto vitale. Le varie iniziative portate avanti nel tempo lo dimostrano». Come riferiva la nota diffusa dal Dipartimento, questo caso è un esempio virtuoso anche dal punto di vista della collaborazione con le altre entità sul territorio, sia pubbliche sia private. Dal comune - poi diventato Onsernone dopo l’aggregazione - alle varie fondazioni e associazioni che si danno da fare per mantenere in vita la comunità della Valle Onsernone.
La strategia
«Il nostro sostegno rientra in una strategia cantonale che, come Dipartimento d’intesa con l’alleanza patriziale, abbiamo voluto sviluppare per mantenere i patriziati ticinesi moderni, ma soprattutto attivi e con un ruolo proiettato nel ventunesimo secolo», conclude il Consigliere di Stato.
«La vita del palazzo funziona», riprende Gamboni. «Con alti e bassi, ovviamente, di pari passo con la frequenza turistica. Il nostro pubblico è costituito da persone interessate al silenzio, alla natura, ai valori genuini delle montagne, dei boschi. E nel Palazzo Gamboni ritrovano questo spirito, anche solo per il fatto che anche gli interni siano stati mantenuti così com’erano in quell’epoca».
Un tuffo nel passato
«È un gioiello sia dal punto di vista storico sia architettonico», gli fa eco Fornera. «Il Palazzo Gamboni è arredato con mobili e suppellettili del Settecento. Quando vi si entra sembra quasi di fare un tuffo nel passato».
«I patriziati di solito si occupano di boschi o di alpi. Noi ci siamo buttati anche sulla dimensione turistica», conclude Gamboni. «La nostalgia e l’amore per la propria terra sono stimoli molto forti. Sono molti coloro che, nel Settecento, una volta fatta fortuna in Francia sono tornati alle proprie origini. Certo, forse era pure un modo per mettersi al sicuro dalla rivoluzione ormai imminente».