Ora «l'oligarga» Tinkov rischia di dover chiudere anche a Forte dei Marmi

Il dissenso. Questo sconosciuto, per molti. Mentre per altri diventa forma di ribellione, il loro modo personale di andare controcorrente. E farlo durante una guerra - per dire che non si tratta di un'«operazione speciale militare» - è ancora più difficile. E rischi di perdere tutto. Dalla banca che ti ha reso miliardario al super hotel a Forte dei Marmi.
20 aprile 2022. 56. giorno di guerra. Oleg Tinkov scrive sui social: «Il 90% dei russi è contro la guerra. I cretini, in ogni Paese, sono il 10%». Il Guardian lo riprende e commenta: «È uno dei più espliciti messaggi contro l'invasione dell'Ucraina da parte dell'élite russa». Oleg Tinkov, ex ciclista, è diventato uno degli uomini più ricchi della Russia con la banca digitale Tinkoff, quotata alla borsa di Londra. Ma la guerra ha fatto crollare le sue azioni e il governo britannico ha varato sanzioni nei suoi confronti. Il suo patrimonio è calato di cinque miliardi di dollari e ha perso il suo status di miliardario. Da qui, lo sfogo (in russo): «Non vedo alcun beneficio da questa guerra folle! Persone innocenti e soldati muoiono. I generali, si svegliano con i postumi di una sbornia e si rendono conto di avere un esercito di m... Come può fare bene l'esercito, se ogni altra cosa nel paese è una m.., nel pantano del nepotismo e il servilismo?». Poi passa all'inglese, rivolgendosi all'Occidente: «Per favore, date a Putin una chiara uscita perché possa salvare la faccia e fermare il massacro. Per favore siate razionali e umanitari».
Dalle stelle alle stalle
2 maggio 2022. 68. giorno di guerra. Ne sono trascorsi dodici dal suo «sfogo». Le cose sono cambiate per Oleg Tinkov. E non poco. Lui che non ama essere definito «oligarca» perché «si è fatto da solo e non ha mai messo piede al Cremlino». Quel Cremlino che non ha per nulla gradito le sue critiche all'«operazione speciale russa in Ucraina» e all'esercito. Tanto da costringere il 54.enne a «svendere per pochi copechi» il 35% della banca digitale che aveva fondato nel 2006 e che nel 2021 era valutata 20 miliardi di dollari alla Borsa di Londra. È lui stesso a rivelarlo in un'intervista rilasciata al New York Times da una località segreta. È stato informato da alcune conoscenze personali all'interno dei servizi segreti russi che è in pericolo. E racconta che il Cremlino avrebbe contattato il management della banca il 21 aprile, minacciando di nazionalizzarla se non avesse tagliato ogni legame con Tinkov, nome compreso. «Non ho potuto discutere il prezzo, ero come un ostaggio, prendi quello che ti viene offerto. Ho venduto al 3% del vero valore». Ad acquistare le sue azioni è stato Vladimir Potanin, oligarca di provata fede putiniana, uno degli uomini più ricchi della Russia che in passato ha donato milioni al Kennedy Center ed è stato anche un grande benefattore del Museo Guggenheim. «Ho capito che la Russia, come Paese, non esiste più - aggiunge sconsolato Tinkov al NYT -. Pensavo già che il regime di Putin fosse cattivo ma non immaginavo sarebbe stato così catastrofico. Non credo al futuro della Russia e, cosa ancora più importante, non sono disponibile ad associare il mio brand e il mio nome ad un Paese che attacca i suoi vicini senza alcuna ragione. Sono sopravvissuto alla leucemia ma forse il Cremlino mi ucciderà». E ne approfitta per sottolineare di non essere l'unico russo nel mondo governativo e imprenditoriale a essere contrario. Gli altri, però, spesso stanno zitti: «Capiscono che sono legati all'Occidente, che sono parte del mercato globale: si sono girati velocemente verso l'Iran ma a loro non piace, vogliono che i loro figli vadano in vacanza in Sardegna, ma hanno tutti paura».
Trema anche Forte dei Marmi
7 maggio 2022. 73. giorno di guerra. Oleg Tinkov rischia di perdere ancora qualcosa: il luxury resort «La Datcha» a Forte dei Marmi, in Toscana. È quanto emerge dalla lettera che l’amministratrice della struttura alberghiera Roberta Buzzi ha indirizzato al sindaco Bruno Murzi, alla Federalberghi itlaiana e all’associazione Bagni. «La titolare delle società dal 2021 – si legge nella missiva – è la signora Rina Vosman, nata nella repubblica d’Estonia, che ha il solo “peccato originale” di essere sposata con l’imprenditore Tinkov, che fino a pochi giorni fa era titolare della Tinkoff Bank e che non è sottoposto ad alcuna limitazione patrimoniale in Italia e in nessun altro Paese europeo. Eppure la banca ha deciso di interrompere tutti i rapporti in corso con effetto immediato: le società hanno cercato di instaurare nuovi rapporti di conto corrente con altre banche, trovando però un rifiuto».
Buzzi ha ribadito che trovandosi Tinkov nella lista delle sanzioni britannica, «tutti i soldi sul conto corrente sono stati bloccati». Una situazione che rischia di mettere in crisi non solo il luxury resort toscano, ma anche il cantiere in atto per la realizzazione de «La Datcha 2» (ex Villa Tessa) e il bagno «La Datcha Beach». E qui si parla di posti di lavoro (italiani). «Con un avvocato siamo riusciti a sbloccare qualcosa per le spese correnti - ha aggiunto -. Però non so fino a quando ci daranno la possibilità di andare avanti. È una cosa vergognosa perché non ci fanno lavorare. I dipendenti sono in pari con gli stipendi, li stanno prendendo, però bisogna capire come andare avanti. Speriamo di arrivare fino alla fine della stagione. Siamo una società dal 2017 italiana, qui il signor Tinkov ha investito più di 40 milioni. Sono senza parole».
Verso «una crisi d'impresa» in Versilia?
«"La Datcha" costa oltre 100 mila euro a settimana, viene affittata per intero, ogni ospite ha a disposizione due camerieri. Affittano anche auto senza usarle, le tengono lì, ferme». Lo aveva spiegato a inizio marzo a il Post il titolare di «Versilia Drive», agenzia che noleggia auto con autista. Già, perché a Forte dei Marmi, e più in generale in Versilia, la mancanza dei ricchi (russi) potrebbe farsi sentire parecchio, soprattutto durante la stagione turistica. E i tempi stringono. Ecco perché l’amministratrice della struttura alberghiera che fa capo alla moglie di Oleg Tinkov chiede aiuto: «Per consentire alle società di continuare a operare, non solo nel proprio interesse ma anche in quello dei dipendenti e della collettività». Il rischio di un effetto a catena, con conseguenti licenziamenti e crisi di imprese, potrebbe essere reale: «Prima che la situazione precipiti – si legge nella lettera firmata da Roberta Buzzi – le società saranno costrette ad avviare le procedure di chiusura o, quanto meno, di sospensione sia delle attività aziendali sia dei lavori di ristrutturazione di Villa Tessa, con licenziamento del personale e il recesso dei contratti in quanto, pur avendo prenotazioni per l’intera stagione estiva, di qui a un mese non saranno più in grado di pagare nè lavoratori nè dipendenti nè i fornitori, col rischio concreto di un’assurda crisi d’impresa».


«Non ho più niente in Russia - scriveva Tinkov su Instagram qualche giorno fa -. All'apice, la mia fortuna era stimata da Forbes a 9,4 miliardi di dollari. Ed ero orgoglioso, non della somma, ma del fatto che anche in una Russia corrotta e arcaica si poteva costruire un business onesto e libero. Addio Tinkoff Bank, addio Russia. Avete voluto punirmi, io, un uomo che sta lottando con una leucemia, solo per un'opinione. Ho perso tutto, ma non me stesso. Non posso vivere in un Paese che uccide civili e i bambini del suo vicino. Questo è il Male e io sto dalla parte del Bene. Non so quanto tempo mi resta da vivere, ma non voglio di certo morire con quei miliardi, come il 90% degli oligarchi russi corrotti. I marchi Tinkoff e La Datcha appartengono alla mia famiglia e non voglio che vengano "lavati" con il sangue dei soldati russi e degli ucraini».