Russia

Putin alla Wagner: «Non si ripeteranno gli eventi del 1917»

Nel discorso contro «i traditori», il presidente russo fa riferimento alla Rivoluzione d'Ottobre – Prigozhin: «Nessuno si costituirà su richiesta del presidente» – La rivendicazione su Voronezh
© KEYSTONE (Gavriil Grigorov, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)
Red. Online
24.06.2023 13:14

«La nostra risposta sarà dura, difenderò la Costituzione. Chiedo di fermarvi in questa azione criminale. Noi prevarremo, saremo i più forti». È stato breve il discorso con cui Vladimir Putin si è rivolto al popolo russo, un appello registrato alla nazione messo in onda dalle tv nelle prime ore della mattinata. Il presidente russo ha preso la parola contro il numero uno del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, e il suo tradimento, «una pugnalata alle spalle al popolo e al Paese». Il gruppo di miliziani ha lasciato l'Ucraina ed è entrato in territorio russo, in particolare a Rostov-sul-Don, la più grande città della Russia meridionale e punto chiave dell'offensiva contro Kiev. Prigozhin ha chiesto un incontro immediato alla leadership militare russa, altrimenti marceranno verso Mosca, è la minaccia. «Tutti noi siamo pronti a morire. Tutti e 25 mila, e poi altri 25 mila». Nel suo breve discorso il presidente russo ha ricordato anche il colpo inferto alla Russia nel 1917, quando il Paese stava conducendo la Prima Guerra Mondiale. «Non permetteremo che ciò accada di nuovo – ha dichiarato – proteggeremo sia il nostro popolo che la nostra statualità da qualsiasi minaccia».

La Grande Rivoluzione d’Ottobre

Il 1917, già. Agli inizi di quell'anno la Russia versava in una condizione catastrofica, l’economia dell’intero Paese, ormai al collasso, non era più in grado di sostenere lo sforzo bellico. La popolazione dei centri urbani era annichilita dalla carestia e da un vertiginoso aumento dei prezzi dei generi alimentari. Al di fuori delle città, la situazione era anche peggiore e il conflitto aveva provocato la morte di due milioni di persone. La coltivazione della terra era abbandonata al suo destino anche a causa della mobilitazione forzata dell'esercito, che fagocitava uomini e mezzi. La miseria e la carestia portarono all’esasperazione e alla conseguente rivolta scoppiata a Pietrogrado (ex San Pietroburgo) l’8 e il 9 marzo 1917 (23 e 24 febbraio secondo il calendario ortodosso). Una rivolta che dilagò in tutto il Paese, travolgendo il regime zarista. Lo zar Nicola II, nel vano tentativo di salvare la situazione, preferì abdicare a favore del fratello Michele il quale, a sua volta, rinunciò al trono, decretando di fatto la fine della lunga storia imperiale della dinastia Romanov.

Nell’aprile del 1917 fece ritorno in Russia Lenin (i tedeschi erano interessati a una rapida uscita della Russia dal conflitto), che sostenne la necessità di uscire immediatamente dalla guerra, togliere la terre ai proprietari per distribuirla ai cittadini e affidare il potere ai soviet. Un nuovo tentativo di insurrezione scosse Pietrogrado nel mese di luglio, un moto spontaneo che si esaurì rapidamente ma che costrinse Lenin a fuggire nuovamente. I mesi che seguirono videro sempre di più indebolirsi il governo presieduto da Kerenskij, ministro della difesa che aveva assunto la guida del governo provvisorio. Tra il 6 e il 7 novembre (24 e 25 ottobre secondo il calendario ortodosso) Trotzkij, braccio destro di Lenin nel frattempo tornato in Patria, organizzò una sollevazione generale a Pietrogrado. La Guardia Rossa e le truppe regolari riuscirono a occupare i punti strategici principali della città conquistando il Palazzo d’Inverno e nell’arco di una giornata i bolscevichi presero il potere.

La rivoluzione divampò a Mosca e in tutte le altre grandi città russe. Era il trionfo della Rivoluzione d’Ottobre e dei bolscevichi, ora al governo. Lenin, chiamato a presiedere il consiglio dei commissari del popolo e a prendere il comando di un esecutivo fondato sul potere dei Soviet, ebbe come priorità quella di uscire dalla guerra: il 3 marzo 1918 fu concluso il trattato di pace di Brest-Litovsk. La Russia usciva dal conflitto ma entrava nel vortice di una guerra civile che si concluse solo alla fine del 1920, con l’affermazione dei bolscevichi e con la nascita, sulle rovine della dissolta Russia imperiale, dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, con Mosca capitale.

«Non permetteremo che ciò accada di nuovo»

La Rivoluzione del 1917 fu un momento di rottura violenta dell’ordinamento statale russo, che prima di «stabilizzarsi» nel regime sovietico provocò una sanguinosa guerra civile e l’emigrazione di milioni di persone legate in vari modi all’ancien régime, si legge in un articolo dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) in occasione del centenario. «Da questo punto di vista la rivoluzione fu un evento che non ha nulla di positivo agli occhi di chi detiene il potere nella Russia contemporanea. Intorno a Putin si è infatti consolidato un regime neo-conservatore che vede come fumo negli occhi ogni sommovimento politico che nasca dal basso».

In questa ottica la rivoluzione del 1917 è un evento intrinsecamente negativo per il Cremlino, che punta a una coscienza nazionale il più possibile condivisa, fiera del passato come del presente e del futuro del Paese, rifiutando i momenti di frattura interna, di destabilizzazione, di rischio per l’esistenza dello Stato. Soprattutto mentre è in corso la guerra in Ucraina.

Cosa sta succedendo

Nel frattempo, sui gruppi Telegram associati al gruppo Wagner si legge che «la guerra civile è ufficialmente iniziata». «Nessuno si costituirà su richiesta del presidente – ha detto Prigozhin –. Non vogliamo che il Paese continui a vivere nella corruzione e nella menzogna. Siamo patrioti. Siamo pronti a morire». Sul canale di Grey Zone, considerato vicino alla milizia privata, è stato scritto che «al valico di frontiera di Bugaevka, nella regione di Voronezh (a circa 560 chilometri da Mosca), 180 soldati russi e dipendenti delle forze dell'ordine hanno accettato di non interferire con le azioni dei volontari russi del gruppo Wagner e hanno deposto le armi». Il nazionalista russo Igor Girkin ha confermato: «Gli insorti hanno superato Voronezh e stanno avanzando nella regione di Lipeck. Si vantano di aver abbattuto avamposti avanzati della "Rosgvardiya" (la Guardia nazionale russa, ndr.) e di aver preso trofei». Il governatore della regione, Aleksandr Gusev, ha dichiarato che  un grande deposito di petrolio è in fiamme, proprio nell’area in cui la Wagner avrebbe preso il controllo di alcune strutture militari. Secondo Anton Gerashchenko, consigliere del ministro degli Affari interni dell’Ucraina, «le forze del Gruppo Wagner hanno aggirato Voronezh e si sono dirette verso Mosca, spazzando via tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Il tempo stimato di avvicinamento a Mosca della colonna Wagner è di 20-21 ore. Non si sa chi sia alla testa della colonna e se lo stesso terrorista Prigozhin ne faccia parte», scrive su Twitter.

Le forze dell'ordine russe, dal canto loro, hanno condotto un'irruzione nell'ufficio del Gruppo Wagner di San Pietroburgo. «Persone mascherate e con fucili automatici» sono state schierate vicino al ponte Blagoveshchensky di San Pietroburgo, dove si trovano un hotel e un ristorante legati a Yevgeny Prigozhin. A Mosca è stato instaurato un regime di anti-terrorismo che di fatto dà più potere alle autorità nella prevenzioni di eventuali attacchi.

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