Jans a Chiasso: «L'Italia deve rispettare le regole»

Roma continua per la sua strada. Da quasi due anni, era il dicembre del 2022, l’Italia ha deciso, in modo unilaterale, di sospender e gli accordi di Dublino a causa del forte afflusso di migranti nella Penisola. Da allora, il Ministero dell’Interno italiano non ha più fatto alcun passo indietro nonostante le pressioni internazionale. Ad alzare la voce, almeno in Parlamento, è stata anche la Svizzera.
Lo scorso anno, sia il Consiglio degli Stati sia il Consiglio nazionale hanno duramente criticato la decisione di Roma. Con una mozione, chiedeva al Consiglio federale di intervenire attivamente sia nei confronti dell’Italia, sia passando da Bruxelles, affinché il Governo italiano rispetti gli accordi di Dublino e si riprenda i richiedenti asilo respinti dalla Svizzera già registrati nella Penisola.
Lettera morta
La richiesta, tuttavia, è rimasta lettera morta. A Chiasso, il consigliere federale Beat Jans ha incontrato il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi. All’ordine del giorno c’era il «rafforzamento della cooperazione nei settori della polizia e della migrazione». Jans ha voluto discutere con il suo omologo anche della spinosa questione. Il risultato? Roma, per il momento, prende tempo. Non ha intenzione di riprendere i migranti. «La sospensione degli Accordi di Dublino è stata un’iniziativa di carattere generale adottata nei confronti dell’UE per i grandi afflusso di migranti in Italia. Non è una decisione contro la Svizzera», ha tenuto a precisare Piantedosi. Tuttavia, il problema rimane. «Anche tra buoni vicini a volte ci sono differenze. Capisco l’Italia, ma anche in Svizzera la situazione in questo settore è tesa. La Confederazione si è rivolta a Roma e all’UE, chiedendo all’Italia di rispettare le regole», ha ribadito Jans, riconoscendo che attualmente le regole europee in materia di migrazione «non funzionano in modo soddisfacente».
Piantedosi, dal canto suo, si è detto disponibile a riparlarne, auspicando al contempo che venga attuato quanto prima il patto dell’UE sulla migrazione e l’asilo. Questo patto - che mira a una gestione più efficiente della migrazione - è stato adottato a Bruxelles lo scorso aprile. L’Italia, in passato, ha reso non di non voler accettare i trasferimenti Dublino fino alla sua attuazione, che dovrebbe avvenire nel 2026.
«Il Governo vuole partecipare»
Per la prima volta, ad esempio, verrà introdotto un «meccanismo di solidarietà»: gli Stati dovranno sostenersi per sgravare i Paesi sottoposti a una pressione migratoria particolarmente forte, come l’Italia e gli altri Paesi situati alle frontiere esterne dell’UE. La partecipazione a questo meccanismo di solidarietà è obbligatoria per tutti gli Stati membri dell’UE, ma non per la Svizzera. «Il Consiglio federale vuole partecipare», ha però detto Jans.
La Confederazione contribuisce anche finanziariamente (con 190 milioni di franchi) a fronteggiare il fenomeno della migrazione all’interno dell’Europa, in particolare nei Paesi più toccati: l’Italia, ad esempio, è sostenuta da Berna con 20 milioni di franchi «per finanziare l’alloggio e l’assistenza nella Penisola dei richiedenti l’asilo minorenni non accompagnati».
La riammissione funziona
Da quando l’Italia ha sospeso unilateralmente gli accordi di Dublino, la Svizzera ha dovuto farsi carico di circa mille persone, ha spiegato Jans, aggiungendo che di queste, circa 390 hanno ricevuto una decisione positiva in materia di asilo. E gli altri? «Il rimpatrio dovrebbe essere stato avviato».
Non tutto è però bloccato al confine tra Italia e Svizzera. I due Paesi hanno infatti siglato un accordo di riammissione: ciò riguarda le persone che sono entrate in Svizzera dall’Italia e soggiornano illegalmente nel nostro Paese senza depositare una domanda d’asilo. Quando una persona non soddisfa i criteri di entrata o di soggiorno può essere eventualmente ricondotta al confine con una procedura semplificata. Solo nel 2023, sono stati registrati 4.100 ritrasferimenti diretti, ha annunciato Jans, secondo cui c’è una «buona cooperazione in materia di riammissione».
Controlli alle frontiere
Controllare le frontiere, in modo sistematico, non è invece un’opzione per Beat Jans. Il capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) si è detto contrario ai controlli delle frontiere interne Schengen. Un passo, quello di rafforzare i controlli ai confini, che è stato intrapreso da vari Paesi europei (tra cui la Germania). La Svizzera, invece, non intende seguirli.
«Se il meccanismo di Schengen viene messo sotto pressione, è un autogol. Schengen significa anche sicurezza e non può essere rimesso in questione», ha aggiunto il consigliere federale.
Centro di cooperazione
A Chiasso Piantedosi e Jans hanno visitato il Centro di cooperazione di polizia e doganale (CCPD), che coordina la lotta al crimine organizzato condotta dalle autorità dei due Paesi.
Entrambi si sono detti soddisfatti della collaborazione tra Svizzera e Italia, in particolare per quanto riguarda la lotta alla criminalità transfrontaliera (ad esempio attraverso i pattugliamenti misti), ai passatori e alla migrazione irregolare. Per Jans, «lo scambio diretto di informazioni tra Italia e Svizzera crea sicurezza per la popolazione».