Consiglio federale

Parmelin e Cassis a Lugano: «Con gli Stati Uniti per ora non c’è alcun negoziato»

I due consiglieri federali a Palazzo Civico parlano degli USA: «In questa fase le ritorsioni non sono prese in considerazione» – La prossima settimana è previsto il viaggio a Washington – «Speriamo in alcuni contatti a livello ministeriale, ma a oggi non c’è ancora nulla di confermato»
©Gabriele Putzu
Luca Faranda
14.04.2025 19:01

«Al momento stiamo discutendo, non siamo nella fase dei negoziati. Stiamo cercando di capire esattamente cosa auspicano e cosa vogliono gli Stati Uniti». Sono giorni intensi per Guy Parmelin. Il «ministro» dell’Economia, confrontato con la questione dei dazi statunitensi, oggi è passato anche dal Ticino. A Lugano.

La prossima settimana, invece, insieme alla presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter si recherà a Washington per partecipare al vertice di primavera del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca mondiale (in programma dal 21 al 25 aprile, ndr). Ma, concretamente, ci sono stati degli sviluppi sull’asse Berna-Washington negli ultimi giorni? «Per il momento no», ci risponde Parmelin, aggiungendo che i contatti con gli Stati Uniti proseguiranno anche la prossima settimana.

Ma in che modo? «Speriamo di poter avere dei contatti, questa volta a livello ministeriale. Ma a oggi non c’è ancora nulla di confermato», sottolinea il consigliere federale vodese. Al momento, aggiunge, «stiamo cercando di identificare i settori in cui potrebbero esserci interessi da entrambe le parti. Questo è ciò che analizzeremo in modo più approfondito nei prossimi tempi. Ma siamo nella fase di discussione, non di negoziazione».

Status quo ante

Sebbene siano stati scongiurati (almeno per ora) i dazi sui prodotti elvetici pari al 31%, attualmente resta comunque in vigore un nuovo dazio doganale del 10%, che colpisce gran parte dei prodotti importati negli Stati Uniti, compresi quelli provenienti dalla Svizzera. Al Consiglio federale, questa situazione non va bene. «No, il nostro obiettivo è molto chiaro: cercare di tornare allo status quo ante», aggiunge il responsabile del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR).

E se non si dovesse trovare una soluzione, ci potrebbero essere delle ritorsioni? «Il Consiglio federale ha detto chiaramente che in questa fase non sta prendendo in considerazione ritorsioni», taglia corto Parmelin nei corridoi di Palazzo Civico. Il consigliere federale, a Lugano, ha preso parte nel pomeriggio alle discussioni della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati. È infatti tradizione che il presidente, in questo caso il «senatore» e municipale di Lugano Marco Chiesa, organizzi una seduta nel cantone d’origine. Poi, Parmelin si è recato in visita alla Helsinn.

Investono le aziende

Da più parti, in questi ultimi giorni, si parla anche di un piano pluriennale di investimenti diretti da 150 miliardi di franchi che le imprese svizzere potrebbero garantire negli Stati Uniti. Ma il Consiglio federale cosa ne pensa? «Penso che dobbiamo essere molto chiari: sono le aziende che decidono se investire o meno», risponde Parmelin, citando ad esempio i 23 miliardi messi sul piatto da Novartis. «Vedremo cosa è possibile fare. Ma è l’economia che investe, non lo Stato svizzero».

«Offensiva diplomatica»

Sul tema è intervenuto anche Ignazio Cassis, anche lui presente a Palazzo Civico per difendere la posizione del Consiglio federale contro l’iniziativa sulla neutralità (se ne saprà di più nella giornata di domani, ndr).

Il «ministro» degli Esteri, che dirigerà una struttura ad hoc (fino alla fine dell’anno) per guidare le relazioni tra Svizzera e Stati Uniti, ha però anche parlato di dazi davanti alla stampa. «C’è stata per intanto la buona decisione del presidente Trump di sospenderli per 90 giorni, ma sospesi significa solo rimandati, quindi adesso cercheremo di approfondire tutti questi temi». Per Cassis è in ogni caso stata importante la telefonata di 25 minuti tra Karin Keller-Sutter e Donald Trump. Si è trattato di una «offensiva diplomatica», coincisa con la decisione del presidente statunitense di sospendere l’entrata in vigore dei dazi. Cassis ha ricordato l’importanza, anche commerciale, degli Stati Uniti per la Svizzera.