Siriani in Svizzera, «la decisione della SEM non è stata capita»
La sospensione delle procedure d'asilo decisa lunedì in seguito alla caduta di Bashar al-Assad riguarda 500 richiedenti siriani in Svizzera, secondo la Segreteria di Stato della migrazione (SEM). Il congelamento si applica solo alle procedure già in corso, ha precisato la SEM, cercando di chiarire una decisione «che non è stata compresa».
La sospensione per i richiedenti l'asilo siriani «rinvia semplicemente la decisione fino a quando la situazione non sarà più chiara», ha dichiarato la portavoce della SEM, Anne Césard, contattata da Keystone-ATS.
Nuove domande di asilo sono ancora possibili e il blocco dei rimpatri forzati in Siria, deciso nel 2011, rimane in vigore, ha aggiunto Césard, ribadendo che la decisione della SEM «non è stata capita». Secondo i dati di ottobre, una decina di persone ha finora ricevuto una decisione di allontanamento senza essere stata ancora rimpatriata in Siria.
Lo stop in mezza Europa
Secondo la portavoce, la sospensione delle procedure potrebbe durare da qualche settimana a qualche mese. Nel mondo ci sono oltre 6 milioni di rifugiati siriani. Alla fine dello scorso anno, secondo i dati dell'Ufficio federale di statistica (UST), in Svizzera vivevano circa 28.000 cittadini siriani. Diversi Paesi europei hanno annunciato la sospensione dell'esame delle domande di asilo provenienti dalla Siria: Germania, Austria, Belgio. Poi i Paesi scandinavi e Parigi, infine Londra, l'Italia e la Svizzera, con l'UDC che si è subito attivata per chiedere a Berna un divieto immediato di asilo per i siriani. L'Austria si è spinta fino ad annunciare che sta preparando un «programma di rimpatri ed espulsioni». La Spagna, almeno per il momento, non ha in programma di sospendere i procedimenti in corso. Michael O'Flaherty, commissario per i diritti umani dell'organizzazione paneuropea, invita alla calma: «Mentre la situazione cambia in Siria, gli Stati membri del Consiglio d'Europa devono evitare rimpatri affrettati dei rifugiati. La sospensione del trattamento delle richieste di asilo e l'annuncio di piani per il rimpatrio forzato da parte di diversi Stati sollevano urgenti interrogativi se i Paesi stanno agendo in conformità con gli obblighi internazionali in materia di rifugiati e diritti umani, in particolare con il principio di non respingimento».
L'esperto: «Non è così semplice»
Per capire meglio la situazione, 20 Minuten si è rivolta a all'avvocato Daniel Hoffmann, esperto di diritto d'asilo. Il quale precisa che una decisione sul rimpatrio dei rifugiati siriani, probabilmente, richiederebbe anni. «Si tratta di un processo lungo. Il quale presuppone che il Paese d'origine sia disposto a riprendere le persone interessate, cosa che di solito è regolata da accordi bilaterali di riammissione con un nuovo governo. E serve del tempo affinché un tale accordo venga raggiunto con la Siria». Hoffmann porta l'esempio dello Sri Lanka: «Sebbene la guerra civile sia ufficialmente terminata nel 2009, i rimpatri sono ancora oggi rari. Ciò è dovuto alla mancanza di accordi e alla mancanza di stabilità politica».
Inoltre, alla SEM hanno già una gran mole di lavoro. «Probabilmente sarebbe necessario del personale aggiuntivo per trattare ogni singolo dossier», aggiunge l'avvocato. «La SEM sta già lavorando a pieno regime con l'esame delle domande dei rifugiati ucraini, ad esempio».
I rifugiati siriani, attualmente, hanno un permesso F (per persone ammesse provvisoriamente) o un permesso B (di dimora). A fine ottobre, risultavano 6.074 cittadini siriani in Svizzera con ammissione temporanea. «Si tratta di una soluzione provvisoria per le persone che non possono essere rimandate indietro, ad esempio a causa della situazione politica nel loro Paese d'origine. Un permesso che, allo stesso tempo, non dà diritto a uno status di residenza regolare». E anche il permesso B può essere revocato nel caso in cui chi lo possiede commetta reati. Ma «anche in questo caso è necessario un accordo di rimpatrio per legittimare politicamente e legalmente la decisione».
L'avvocato Hoffmann conclude quindi precisando che bisogna tenere conto dei diversi gruppi etnici all'interno della popolazione siriana: «Il nuovo governo in Siria potrebbe non accettare tutte le minoranze allo stesso modo. Anche il luogo di residenza originario può giocare un ruolo importante».