Giornalismo

Tamedia vuol fare piazza pulita: «Una strategia autodistruttiva»

Il colosso mediatico cancella fino a 290 impieghi e chiude due tipografie, scatenando l’ira dei sindacati – Critiche anche dal Consiglio di Stato ginevrino: «La stampa non può essere governata solo da considerazioni finanziarie»
©CHRISTIAN BEUTLER
Luca Faranda
27.08.2024 23:00

«Tamedia tue vos médias». Tradotto: Tamedia uccide i vostri media. In Svizzera francese, l’allarme era già suonato svariati mesi fa - nell’ottobre 2023 - con l’annuncio dell’ennesima ristrutturazione. Allora, i dipendenti avevano protestato a Losanna contro i tagli previsti nelle redazioni romande (una trentina, pari a circa il 10% degli effettivi). A distanza di un anno, la situazione è precipitata. TX Group - casa madre del colosso mediatico zurighese - ha annunciato un altro smantellamento: verranno soppressi in tutta la Svizzera 90 impieghi nelle redazioni e fino a 200 posti a tempo pieno nel settore della tipografia. Non solo: le tipografie di Zurigo e Bussigny (VD) verranno chiuse. Il sito vodese chiuderà i battenti già nel marzo del 2025, quello sulla Limmat alla fine del 2026. La tipografia sarà concentrata unicamente nel centro di Berna, dove verranno stampate anche testate esterne al gruppo.

Quanti licenziamenti?

Stando ai piani dell’azienda, il gruppo passerà da 1.400 a 1.200 dipendenti. «Saranno attuati piani sociali con opzioni di pensionamento anticipato. Oltre all’assistenza e alla consulenza personalizzata, Tamedia offre ai dipendenti interessati un sostegno finanziario per programmi di sviluppo e riqualificazione», indica il colosso mediatico. Eppure, appare evidente che non potranno essere evitati licenziamenti. Ma quanti e in quali redazioni? «A causa della procedura di consultazione, non siamo ancora in grado di fare dichiarazioni dettagliate sulle misure previste per il personale», ci spiega Marc Bachmann di TX Group, senza confermare se siano previste (e in che misura) riduzioni di personale anche in Ticino. Quel che è certo, è che i tagli di Tamedia peseranno parecchio in Romandia.

Il panorama mediatico continua a perdere pezzi e la pluralità (anche a causa dell’accorpamento di testate) è particolarmente minacciata nella Svizzera francese. TX Group ha già proceduto a licenziamenti alla fine dello scorso anno. Sono stati soppressi quasi 80 posti di lavoro, sia nella testata gratuita (20 Minutes) che in quelle a pagamento (Tamedia) e nell’agenzia Sport Center. Sempre in Romandia, il gruppo ESH Médias (editore dei quotidiani Nouvelliste, Arcinfo e La Côte) aveva annunciato la cancellazione di una trentina di posti. Ma anche nella Svizzera tedesca la situazione non è delle più rosee: CH Media aveva annunciato alla fine dello scorso anno una riduzione di 140 posti, mentre l’editore Ringier di oltre una cinquantina.

Settore in difficoltà

«È un chiaro segnale che il mercato dei media è in difficoltà», spiega - a Teleticino - Alessandro Colombi, CEO del Corriere del Ticino e vicepresidente di Stampa Svizzera. Il peccato originale - aggiunge Colombi - è degli editori, che agli inizi degli anni Duemila hanno abituato il lettore a informarsi gratuitamente. L’avvento dei social media non ha certo aiutato.

Il settore, dunque, appare in difficoltà. Non proprio. O almeno, non per tutti. TX Group - che è quotato in borsa - ha chiuso il 2023 con un utile netto di 60 milioni di franchi (a fronte della perdita di 4 milioni dell’anno precedente), anche se il comparto giornalistico non è certo stato un traino rispetto alle altre attività del gruppo mediatico. Eppure, lo scorso marzo agli azionisti sono stati versati 65 milioni di franchi. Come è possibile, pochi mesi più tardi, annunciare la cancellazione di un numero così elevato di impieghi? «TX Group è una holding in cui Tamedia è un’azienda indipendente. La responsabilità di Tamedia è quella di gestire l’azienda in modo redditizio a lungo termine. Se vogliamo continuare a offrire un giornalismo di qualità, è più importante che mai essere economicamente sani e autosufficienti», afferma Bachmann.

Per la CEO di Tamedia, Jessica Peppel-Schulz, l’azienda in futuro deve concentrarsi su quattro «marchi forti» per la sua offerta digitale: Tages-Anzeiger, Berner Zeitung, Basler Zeitung e - in Romandia - 24 Heures. Si sta invece cercando una soluzione per Der Bund (per la zona di Berna) e La Tribune de Genève.

I giornali fisici, tuttavia, per il momento non spariranno: «Tutte le pubblicazioni di Tamedia continueranno a esistere come prodotti stampati», ci conferma Marc Bachmann.

Obiettivi troppo ambiziosi

La notizia - o meglio, la strategia - ha mandato su tutte le furie i sindacati: per Syndicom «Tamedia si concentra ancora una volta sulla massimizzazione dei profitti invece di assumersi la sua responsabilità sociale e investire nel giornalismo». La sindacalista Stephanie Vonarburg tiene inoltre a ricordare che «negli ultimi 15 anni, gli azionisti del gruppo TX, proprietario di Tamedia, si sono intascati più di 670 milioni di dividendi da un utile di 2,2 miliardi. Allo stesso tempo, Tamedia ha licenziato centinaia di dipendenti».

Una situazione inaccettabile anche per Impressum, secondo cui il gruppo non deve distribuire utili fino a quando sono in corso - o minacciate - delle ristrutturazioni. Per il sindacato, questa nuova ondata di soppressioni di impieghi «testimonia una strategia aziendale autodistruttiva». Il problema, agli occhi dei sindacati, è l’obiettivo aziendale estremamente ambizioso in termini di rendimento dell’8-10%: «Resta il fatto che le testate sono complessivamente redditizie e guadagnano il 2%».

Una critica mossa anche dal Consiglio di Stato del Canton Ginevra, che ha voluto esprimere la sua posizione sui piani di TX Group: «La stampa, pilastro di una democrazia forte, non può essere governata da semplici considerazioni finanziarie, come un normale bene di consumo», critica il governo ginevrino, che si è detto preoccupato dall’orientamento strategico del gruppo relativo all’informazione nel cantone. Di più: «Deplora la strategia di TX Group/Tamedia, che per molti anni ha comportato una massiccia perdita di posti di lavoro e un declino della diversità e della qualità della stampa».

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