A processo per undici anni di abusi sulla figlia adottiva

Sono gravissimi gli addebiti a carico del 67.enne del Luganese comparso questa mattina davanti a una Corte delle assise criminali, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. L’uomo è infatti accusato di aver abusato della figlia adottiva per almeno un decennio, tra il 2012 e il 2023. L’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Chiara Buzzi parla di toccamenti iniziati quando la giovane aveva meno di dieci anni per arrivare a circa duecento episodi di violenza carnale, una cinquantina dei quali avvenuti quando la vittima, costituitasi accusatrice privata e rappresentata dall’avvocato Demetra Giovanettina, era minorenne. Dal canto suo, l’imputato nega gli addebiti e ammette solo rapporti consensuali (una dozzina al massimo), avvenuti dopo che la giovane aveva compiuto 16 anni e nell’ambito di una presunta storia tra i due. Il processo è dunque indiziario.
Questa vicenda ricorda molto da vicino un caso analogo approdato sempre alle Criminali lo scorso novembre: l’imputato era un cittadino spagnolo, accusato di aver abusato della figliastra per circa dieci anni. Anche lui aveva negato ogni addebito e ammesso solo dei rapporti – a suo dire consensuali – nell’ambito di una storia d’amore, ma alla fine la Corte presieduta dall’ex giudice Francesca Verda Chiocchetti lo aveva condannato a dodici anni di carcere (l’Accusa ne aveva chiesti dieci).
Due versioni divergenti
Tornando al dibattimento di oggi, tenutosi a porte chiuse e alla presenza degli assessori giurati, il 67.enne, difeso dagli avvocati Matteo Genovini e Maricia Dazzi, è accusato di ripetuti atti sessuali con fanciulli, coazione sessuale, violenza carnale e pornografia e ha in buona sostanza sostenuto che con la giovane era nata una storia d’amore, ma solo dopo che lei aveva compiuto sedici anni e in un periodo difficile, dopo il decesso della moglie. Gli atti sessuali, a suo dire, sarebbero nati principalmente su iniziativa della ragazza: «Non è sempre stata lei a cercarmi, a volte l’ho fatto anch’io. Non ho avuto la forza di capire che i limiti erano stati superati», ha dichiarato l'uomo durante l'interrogatorio.
La giovane, ha ricordato Pagnamenta, ha dichiarato che i rapporti completi erano iniziati quando lei aveva 12 anni. L’imputato ha negato, ma non è sembrato in grado di dire con esattezza quando gli atti sessuali sarebbero iniziati. «Nelle sue dichiarazioni ha fatto in modo di non scendere sotto i sedici anni della giovane», lo ha incalzato il giudice. «Non ero in grado di dare indicazioni chiare (agli inquirenti, ndr) perché ero molto provato», ha replicato il 67.enne. Il presidente della Corte lo ha però messo a confronto con vari SMS molto espliciti risalenti a pochi mesi prima che la vittima compisse i 16 anni. «Era un preludio a quanto sarebbe accaduto dopo», si è difeso l’uomo. «Ammetto di averla portata in un mondo che non le apparteneva. All’epoca non lo vedevo, oggi sì». Nei confronti dell'imputato, alla sbarra a piede libero e oggetto di misure sostitutive all'arresto, il perito psichiatrico non ha riconosciuto alcuna scemata imputabilità.
Comportamenti manipolatori
Per l’accusa, l’uomo avrebbe esercitato forti pressioni psicologiche, adottando comportamenti manipolatori e approfittando del rapporto di dipendenza della giovane per farle credere che quanto stesse accadendo fosse normale e per approfittarsi di lei. «Pur di non essere abbandonata, chiedeva al padre di avere dei rapporti sessuali e dava corda ai suoi messaggi. Ma per fortuna, con il tempo lei è riuscita a tessere dei rapporti sociali che l'hanno spinta a denunciare», ha affermato Buzzi. Richiamando la sentenza delle Criminali sul caso di abusi citato in precedenza, la procuratrice ha chiesto una pena detentiva di almeno dieci anni. «Se le dichiarazioni della vittima sono sempre state lineari e costanti, altrettanto non si può dire di quelle dell'imputato, che ha sempre cercato di correggere il tiro delle sue dichiarazioni man mano che uscivano prove contro di lui e non ha esitato a screditare la figlia adottiva».
«La mia assistita è riuscita a sottrarsi alla morsa manipolatoria nella quale il padre l'ha costretta per anni», ha esordito Giovanettina. «Centrale in questo processo è l'esame della credibilità delle parti: il racconto del padre è la grottesca parodia del racconto della figlia. Ma il racconto della vittima è coerente e logico. Dietro la nuvola dell'innamoramento da lui evocata – ha aggiunto la patrocinatrice della vittima, che ha chiesto un risarcimento per torto morale di trentamila franchi – c'è un uomo che ha plasmato e devastato la figlia per il suo piacere personale».
In dubio pro reo
Dal canto suo, la difesa ha ribadito la tesi secondo cui tra i due vi fosse una storia d'amore, sfociata nei rapporti sessuali quando la figlia era ormai sedicenne. Accento è stato posto pure sulle (presunte) incongruenze nei racconti della giovane. «Nessuno vuole screditare la vittima, ma sono tante le sue dichiarazioni che appaiono incoerenti e che poggiano su riferimenti temporali imprecisi», ha affermato Genovini nella sua arringa. «Questo è un processo indiziario che deve tener conto del principio in dubio pro reo».
La (presunta) storia tra i due è stata sbagliata, ma non c'è stata alcuna costrizione attiva da parte dell'imputato, ha argomentato Dazzi: «Dopo la morte della moglie, lui ha sviluppato una dipendenza affettiva nei confronti della figlia: i due si sono avvicinati e sono diventati una coppia». È stato «un attaccamento morboso», ma il nostro cliente «non voleva soggiogare la figlia per attirarla a sé. In quella condizione, i due si sono trovati: lei per lo stato di soggezione, lui per il suo disturbo di personalità narcisistica». Di qui la richiesta di proscioglimento dalle accuse di atti sessuali con fanciulli, violenza carnale e pornografia e la condanna per sfruttamento dello stato di bisogno a una pena di due anni sospesi.
L'imputato ha riconosciuto la richiesta di indennizzo per torto morale alla figlia. "Non sono un pedofilo, non l'ho mai molestata quando era bambina e non mi nascondo dietro la perizia: mi vergogno per quanto accaduto, ma quanto successo non è frutto di cattiveria o manipolazione me per la mia debolezza", ha dichiarato il 67.enne.