La sentenza

Ad Agno fu tentato omicidio: nove anni per gli spari al figlio

Condannato alle Assise criminali l’uomo che il 7 agosto 2022 colpì il giovane con due colpi di fucile – La pena inflitta è superiore a quanto richiesto dall’accusa e non è escluso che la vicenda possa approdare in Appello
© CdT/Chiara Zocchetti
Nico Nonella
08.02.2024 17:34

Quanto accaduto quella mattina del 7 agosto 2022 ad Agno è stato un tentato omicidio. «Il furto ai danni della nonna ha segnato una svolta, l’imputato si era messo in mente che i soldi dovevano tornare e che il figlio meritava una lezione», ha argomentato il presidente della Corte delle assise criminali, il giudice Mauro Ermani, nel motivare la sentenza di condanna a carico dell’imputato che aveva ferito gravemente il figlio allora 21.enne con un colpo di fucile: 9 anni di carcere per tentato omicidio intenzionale per dolo diretto

«Uno schiaffo in pieno viso»

La Corte ha concordato con la ricostruzione dell’avvocato difensore Letizia Vezzoni, ossia che quel giorno il 51.enne era uscito di casa in uno stato di «prostrazione e sfinimento» per il furto commesso dal ragazzo e che a giocare un ruolo determinante è stato anche il difficile contesto famigliare, contraddistinto dalla tossicodipendenza e da un ragazzo ribelle, spesso assente da casa e in contrasto con i genitori. Il culmine di questi rapporti sempre più tesi è stato appunto con il furto dei risparmi di una vita della nonna. Un atto che l’imputato, figlio della donna, «ha vissuto come un vero e proprio schiaffo in pieno viso». Tuttavia, la Corte ha ritenuto che quel mattino del 7 agosto, quando il colpo partì, l’intenzione era quella di uccidere il ragazzo, il quale poco prima degli spari gli aveva detto che «i soldi non ci sono più».

Accolta dunque la richiesta del sostituto procuratore generale Moreno Capella (anche se a condurre l’inchiesta era stata la pp Margherita Lanzillo) di riconoscere l’imputato colpevole di tentato omicidio intenzionale per dolo diretto, anche se la pena inflitta, 9 anni, è sensibilmente più elevata dei 7 anni e mezzo proposti dalla pubblica accusa. E, alla luce di ciò, non è quindi escluso che la vicenda possa approdare in Appello per quanto concerne proprio la commisurazione della pena.

Un contesto difficile

In apertura di dibattimento, questa mattina, la difesa ha ribadito che quanto accaduto non è stato un tentativo di assassinare il figlio: «Manca il concetto di vendetta, l’agire senza scrupoli e la freddezza. Quel mattino, l’imputato era uscito di casa con l’idea di cercare i responsabili del furto, tra cui suo figlio. Non cercava solo lui. L’arma , un fucile semiautomatico di piccolo calibro, era stata portata poiché riteneva che non avrebbe trovato il ragazzo da solo ma in compagnia di amici; il fucile serviva per intimorire – ha argomentato Vezzoni –. Il mio cliente ha sempre sostenuto l’accidentalità dei colpi», ossia di aver sparato per sbaglio contro la schiena del figlio, che si stava allontanando dopo un acceso confronto con il lui. Di qui la richiesta di una condanna per esposizione al pericolo della vita altrui e lesioni colpose o, in via subordinata, per tentato omicidio per dolo eventuale. Vezzoni ha quindi proposto una pena di 5 anni di carcere (oltre al trattamento ambulatoriale).

Che cosa dicono gli atti

La Corte, come detto, ha però concluso che i colpi, quella domenica mattina, non partirono per sbaglio. Gli atti - ha affermato Ermani – indicano «che sono stati sparati due proiettili e che il ragazzo è stato colpito a una distanza di almeno 4 metri. Tutto questo ci permette di escludere l’accidentalità». Nella commisurazione della pena, i fatti del 7 agosto sono valsi 8 anni di carcere mentre per il concorso con gli altri reati per i quali è stato riconosciuto colpevole (principalmente reati di droga) ne è stato aggiunto un altro.

«Mi scuso con tutti»

«Tutti i giorni ho ricordi costanti di quella domenica, posso solo scusarmi con tutte le persone che hanno sofferto per questa vicenda: mio figlio, la mia famiglie e tutti coloro che mi sono stati vicini», ha dal canto suo dichiarato il 51.enne prima che Ermani e i giudici a latere Renata Loss Campana e Luca Zorzi si riunissero in camera di consiglio con gli assessori giurati.

Per l’accusa (e la Corte) si è trattato di un omicidio intenzionale per dolo diretto: l’imputato, quando ha premuto il grilletto, voleva uccidere. La difesa si è battuta per una condanna a un reato meno grave (esposizione al pericolo della vita altrui e lesioni) facendo leva sulla tesi dei colpi partiti per sbaglio oppure, in alternativa, per una condanna per omicidio per dolo eventuale (sparando, si è assunto il rischio di poter far del male a qualcuno).
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