Ticino

Carceri piene, prime misure

Il Consiglio di vigilanza ha proposto una serie di correttivi per allentare la pressione sulle strutture carcerarie ticinesi – Si cercherà di sgravare le guardie di custodia dai compiti secondari, e privilegiare gli arresti domiciliari e il braccialetto elettronico
© CdT/Chiara Zocchetti
Martina Salvini
20.02.2024 19:09

Si fa di giorno in giorno più complicata la situazione nelle carceri ticinesi. Al punto da rendere necessaria, oggi, una riunione del Consiglio di vigilanza, presieduto dal direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi e a cui hanno partecipato alcuni membri della Magistratura, il direttore delle strutture carcerarie Stefano Laffranchini, la direttrice della Divisione della giustizia Frida Andreotti e i rappresentanti della Polizia cantonale. Un incontro allargato, dunque, con tutti gli attori coinvolti per cercare di trovare una soluzione al problema. «È stata l’occasione per fare una disamina della situazione, che è sempre più tesa», commenta il consigliere di Stato Norman Gobbi. Già, perché il sovraffollamento delle carceri ha ormai raggiunto livelli da primato: «Al carcere penale della Stampa sono rinchiuse al momento 157 persone, a fronte di 147 posti disponibili. Nel carcere preventivo della Farera, invece, i detenuti sono 91 su 88 posti disponibili». Insomma, ci sono più detenuti che celle. «Il punto - sottolinea Gobbi - è che i margini di manovra sono limitati e notiamo una recrudescenza dei reati commessi sul nostro territorio, in particolare per quanto concerne l’infrazione alla Legge sugli stupefacenti e i furti commessi dai richiedenti l’asilo e dalle bande che sono tornate a colpire in Ticino». Un quadro «preoccupante», lo definisce il capo del DI, anche se il problema non riguarda solo il nostro cantone. «Si constata un aumento dei reati in tutta la Svizzera e questo si ripercuote sull’occupazione delle carceri, anche in quelle della Svizzera tedesca». Di riflesso, questo crea un ulteriore problema, «perché rende molto complicato poter spostare i detenuti, in caso di sovraffollamento, negli altri cantoni».

Le proposte

Per far fronte al problema, il Consiglio di vigilanza ha identificato una serie di misure, «con l’obiettivo di sostenere le strutture carcerarie, garantendo la sicurezza e preservando la salute del nostro personale di custodia e dei detenuti». In primis, quindi, si è deciso di sgravare gli agenti di custodia dai compiti secondari che sono normalmente chiamati a svolgere. In questo senso, spiega Gobbi, «si è deciso di affidare a una società esterna il controllo degli accessi al Palazzo di Giustizia a Lugano, in modo da poter recuperare più personale da destinare alle carceri». Sì, perché il problema principale, al di là della mancanza di posti, è proprio quello del personale, chiamato a gestire un numero sempre maggiore di detenuti. Non a caso, di recente è stato esteso anche il concorso per reclutare 15 nuovi agenti di custodia, visto che le candidature pervenute erano state insufficienti.

Per evitare di sovraccaricare le strutture carcerarie, il Consiglio di vigilanza ha anche deciso di vagliare altre ipotesi, prima fra tutte quella di tastare il terreno con gli altri cantoni e capire se è possibile agire a livello federale per riuscire a introdurre il processo per direttissima, che oggi non esiste in Svizzera. «In questo modo - dice Gobbi - chi viene colto in flagranza di reato potrebbe essere immediatamente processato, evitando di andare a occupare posti nel carcere preventivo». Una proposta, sottolinea, che potrebbe essere utile al Ticino, ma anche agli altri cantoni che oggi sono alle prese con una situazione simile alla nostra. Ma non è tutto, perché l’intenzione è anche di adottare misure sostitutive all’arresto: «Per determinati reati, che non impattano sulla sicurezza pubblica, vogliamo valutare la possibilità di evitare l’incarcerazione, sfruttando piuttosto gli arresti domiciliari e l’utilizzo del braccialetto elettronico». Sul tavolo rimane pure il tema dell’acquisto di alcuni container per aumentare i posti di detenzione disponibili. «Ma, anche qui, rimane il problema di avere un numero sufficiente di agenti di sicurezza», commenta il direttore del DI, spiegando che in futuro dovrà anche essere discussa la progettazione di un nuovo carcere, che andrà a sostituire la Stampa, ormai giunta al termine del suo ciclo di vita. «Conoscendo i tempi logistici necessari per la progettazione, il nuovo carcere non è per domani. Ci vorrà ancora qualche anno», evidenzia il consigliere di Stato.

Attenzione alta

Altri provvedimenti, invece, sono già stati implementati. «Ad esempio - rileva ancora Gobbi - per snellire i tempi e alleviare il carico di lavoro si cerca di evitare il trasporto dei detenuti dal carcere al Palazzo di Giustizia, facendo in modo che siano invece i procuratori a raggiungere le strutture carcerarie. Piccoli accorgimenti, quindi, che però possono migliorare il lavoro degli agenti di custodia». L’attenzione al tema, assicura il direttore del DI, rimane alta. E nei prossimi mesi, se sarà necessario, seguiranno altri incontri con tutti gli attori coinvolti. «È chiaro - conclude il consigliere di Stato - sono preoccupato, perché questa situazione rischia di minare la salute dei collaboratori, con il rischio accresciuto di burnout. Inoltre, i dati dell’occupazione carceraria denotano un malessere diffuso nella società, che porta a commettere reati, anche tra i minorenni».

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