Caso WIR: in aula i «piccoli crediti» dei presunti correi dell'ex direttore
Il caso giudiziario con al centro l’ex direttore della filiale luganese di banca WIR riguardava soprattutto il maxi buco che avrebbe contribuito a creare in correità con la società edile Adria Costruzioni, ma non solo: sotto la lente della procuratrice pubblica Chiara Borelli vi erano anche dei «piccoli crediti» a cui l’ex direttore si sarebbe dedicato quando il sistema dei grandi crediti aveva cominciato a scricchiolare, attorno alla primavera 2015. Per alcuni di esso l’uomo nel suo processo era stato condannato, per altri assolto (ma si andrà in Appello): intanto ieri in aula penale, davanti alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa, sono comparse tre persone accusate di essergli state corree o complici in relazione a otto cantieri per un danno a banca WIR pari a oltre 4 milioni. Per alcune di queste ipotesi un’altra persona è già stata condannata settimana scorsa, e un’altra ancora assolta. Una terza è poi stata raggiunta da un decreto d’accusa cresciuto in giudicato. Quanto ai tre alla sbarra, la procuratrice Borelli ha chiesto pene sospese tra i 15 e i 24 mesi sospesi, mentre i loro avvocati il completo proscioglimento dalle accuse.
Atto d’accusa ridimensionato
V’è subito da dire che rispetto alla sua emanazione nel 2021 l’atto d’accusa è oggi fortemente ridimensionato. «Delle otto pagine che lo compongono ne restano un paio», ha riconosciuto la stessa Borelli. Questo perché da allora in alcuni casi la banca è stata tacitata, e in altre sono sopraggiunte assoluzioni che hanno avuto effetto a cascata sul dibattimendo iniziato ieri, la cui sentenza è prevista oggi. Ad esempio le mazzette ricevute dall’ex direttore non sono penalmente perseguibili. Restano così meno capi d’imputazione e un danno presunto più contenuto, pari comunque a oltre 2,5 milioni. Quindi «piccoli crediti» sì, ma solo se il paragone è al crac Adria.
La tesi accusatoria...
Resta che la tesi accusatoria di fondo rimane la stessa: l’ex direttore diWIR con altre persone ingannava la sua banca affinché concedesse crediti di costruzione a persone che in realtà non avevano i mezzi propri per fare queste operazioni. Crediti poi per giunta distratti al loro scopo e usati per altre operazioni estranee ai cantieri. Se l’ex dirigente è considerato dall’accusa la mente delle operazioni, dei tre uomini presenti in aula ieri uno - un 46.enne italiano imprenditore immobiliare con un passato nella ristorazione, per cui la pp chiede 15 mesi - era il suo nuovo referente dopo l’esperienza Adria, cioè colui che gli cercava clienti senza mezzi propri, nonché persone capace di garantire liquidità tramite prestiti.Vale a dire un 56.enne fiduciario commercialista ticinese (22 mesi) e un 58.enne geometra italiano (24 mesi) che avrebbero messo a disposizione il proprio denaro ben sapendo che poi sarebbe stata la banca WIR a ritornarglielo.
...e quelle difensive
Ben diversa la lettura degli atti delle difese, a partire dal fatto che dei presunti correi hanno affermato di essersi visti per la prima volta ieri in aula. L’avvocato RobertoRulli, legale del 46.enne, ha detto che nell’atto d’accusa non vi è «alcuna corrispondenza con quanto raccontato dalla pubblica accusa» e che il suo assistito - accusato solo di correità in truffa ai danni di funzionari di banca WIR - non può aver commesso il fatto perché si è sempre interfacciato con l’ex direttore, che peraltro è stato assolto per quella fattispecie. Luisa Polli, avvocata del 56.enne, ha argomentato che il suo assistito «si è limitato a concedere un prestito, senza sapere come sarebbe stato utilizzato, senza mai aver avuto contatti con l’ex direttore». Idem l’avvocato Alessandro Pescia, legale del 58.enne: «Ha solo prestato del denaro, convinto che gli sarebbe stato restituito».
La prossima puntata a gennaio
L’ultimo processo (almeno in prima istanza) legato all’ex direttore di banca WIR si terrà a gennaio e riguarderà la residenza Rivasole di Riva San Vitale, recentemente battuta all’asta per 3,3 milioni e acquistata da WIR, che sull’edificio vantava ipoteche legali per circa 6 milioni. Per questa fattispecie l’ex direttore è stato assolto in primo grado perché non vi era agli atti che sapesse dell’uso fatto dei soldi da parte dei suoi due presunti correi: due imprenditori italiani, padre e figlio, che del credito da oltre 2 milioni ottenuto dalla banca ne avrebbero usati solo 413.000 franchi per l’edificazione della residenza Rivasole. Saranno loro ad apparire in aula a inizio 2025.