Cosa c'è nel menu della riforma delle pensioni

Il 22 settembre si vota sulla revisione della Legge sulla previdenza professionale, contro la quale è stato lanciato il referendum. Un tema molto complesso ma che tocca chi lavora. Vediamo in sintesi di che cosa si tratta.
Perché si torna a votare sulla LPP?
L’attuale aliquota di conversione del 6,8% (parte obbligatoria) è ritenuta troppo alta. I motivi sono due. Innanzitutto il continuo aumento della speranza di vita, che impone di versare le rendite più a lungo. Nel 1985, si prevedeva un periodo di versamento di 15 anni per gli uomini e di 19 anni per le donne. Ora sono 20 anni per gli uomini e 23 per le donne. In secondo luogo, i rendimenti più bassi dei mercati finanziari. Per garantire il finanziamento dell’aliquota del 6,8% (cfr. spiegazioni a sinistra) è necessario un rendimento annuo del 5%, che però secondo Governo e Parlamento non può essere conseguito nel lungo termine. Questo significa che per mantenere l’aliquota del 6,8% l’avere di vecchiaia di ogni nuovo pensionato deve essere aumentato di oltre un terzo. Questo è un problema per gli istituti che assicurano prestazioni minime o vicine al minimo legale. Per finanziare questa rendita ed evitare perdite travasano fondi dagli assicurati attivi ai pensionati, attraverso tassi di interesse più bassi sugli averi di vecchiaia. In concreto, vengono accreditati meno soldi sui conti degli attivi. Il principio del secondo pilastro secondo cui ciascuno risparmia per sé viene meno. Di fatto, si instaura un corpo estraneo nella previdenza professionale, una sorta di mini-AVS (basata sulla ripartizione e non sulla capitalizzazione). Per attenuare questa redistribuzione indesiderata, l’aliquota di conversione viene quindi ridotta al 6%. Questo vuol dire che per ogni 100 mila franchi di capitale (parte obbligatoria), la rendita annuale non sarà più di 6.800 franchi ma di 6.000. Per mantenere in futuro il livello delle rendite sono previste misure di compensazione.
Quanti assicurati tocca direttamente questa misura?
Primo: la riforma non tocca chi è già in pensione. Secondo: la maggior parte degli assicurati dispone di una previdenza professionale che va oltre quella minima e quindi non è toccato dalla misura. La loro quota di capitale sovraobbligatorio è sufficientemente elevata da consentire alle casse pensioni di applicare un tasso misto (cfr. spiegazioni a sinistra). La riduzione dell’aliquota minima, secondo le stime della Confederazione, dovrebbe quindi interessare dal 15% al massimo un terzo degli assicurati (bisogna tenere conto che una parte ritirerebbe comunque il capitale), che dispongono solo di capitale obbligatorio o di poco capitale sovraobbligatorio.
In che cosa consistono le misure di compensazione?
Ne sono previste di due tipi: a corto termine, un supplemento di rendita a vita per la cosiddetta generazione di transizione, che va in pensione nei 15 anni successivi all’entrata in vigore della riforma (classi d’età 1962-1977 se la riforma inizia nel 2027); a lungo termine, un rafforzamento del processo di risparmio, ad esempio aumentando il salario assicurato, abbassando la soglia d’entrata (così da permettere a un maggior numero di persone di essere assicurato) e adeguando gli accrediti di vecchiaia.
Chi riceverà e come funziona il supplemento?
Siccome le persone più o meno prossime al pensionamento non avranno tempo per rafforzare il processo di risparmio, sono previsti supplementi di rendita in base all’anno di nascita e all’avere di vecchiaia: 2.400 franchi all’anno (e a vita) per le prime cinque classi di età, 1.800 per le successive cinque e 1.200 per le ultime, se l’avere di vecchiaia è inferiore a 220.500 franchi. Questo dovrebbe riguardare il 25% degli assicurati della generazione di transizione. Chi dispone di averi fra i 220 mila e 441 mila franchi (un altro 25% degli assicurati) avrà diritto a un supplemento ridotto. Invece, non ci sarà diritto ad alcun supplemento se l’avere di vecchiaia al momento del pensionamento supererà i 441 mila franchi (50% degli assicurati). Questi supplementi costeranno 800 milioni di franchi all’anno, finanziati in parte dagli istituti previdenziali (e quindi da lavoratori e datori di lavoro). Il costo complessivo, sull’arco di 15 anni, è di 11,3 miliardi.
Come si intende rafforzare il processo di risparmio?
Una prima misura è la riduzione della deduzione di coordinamento. Di cosa si tratta? Nel secondo pilastro non viene assicurato l’intero salario. La quota già assicurata dall’AVS viene detratta. Oggi la deduzione di coordinamento ammonta a 25.725 franchi. Se una persona ha un salario annuo di 60.000 franchi, i contributi di cassa pensioni vengono calcolati su un salario di 35.000. Con la riforma, la deduzione non sarà più un importo fisso ma dovrà ammontare al 20% del salario (fino a un massimo di 88.200 franchi). Questo significa che su un salario di 60.000 franchi, i contributi verranno calcolati su 48.000 franchi. Si veda anche l’esempio (con altre cifre) nel grafico sopra. Ci sarà un maggior prelievo per i lavoratori e un maggior onere per i datori di lavoro. Questo cambiamento avrà un impatto proporzionalmente maggiore per i salari più bassi (e i lavoratori a tempo parziale) e per i giovani che iniziano a contribuire.
E che cosa cambia a livello di soglia d’entrata?
Oggi si inizia a contribuire da un salario di 22.050 franchi. Con la riforma la soglia d’entrata viene abbassata 19.845 franchi. Questo consentirà a 70 mila persone in più di essere assoggettate alla previdenza professionale obbligatoria. Il cambiamento non è solo a livello di cifre. Oggi se una persona ha due lavori part-time con ciascuno un salario inferiore ai 22.050 franchi è esclusa dal secondo pilastro. Un domani, invece, sarà soggetta all’assicurazione obbligatoria. La riduzione della deduzione di coordinamento e della soglia d’entrata consentiranno agli assicurati di risparmiare di più in vista del pensionamento e di godere di una maggiore tutela in caso di invalidità o decesso. Il loro reddito disponibile, tuttavia, diminuirà a causa del maggior risparmio obbligatorio.
Cambiano anche gli accrediti di vecchiaia, in che modo?
Oggi la vita professionale fra i 25 anni (inizio della contribuzione) e i 65 anni è suddivisa in quattro fasce d’eta, con relativi oneri contributivi: 7% del salario coordinato fra i 25 e i 34 anni, 10% fra i 35 e i 44 anni, 15% fra i 45 e 54 anni, 18% fra i 55 e i 65 anni. Più si invecchia professionalmente più si paga. La riforma prevede una semplificazione e una graduazione più contenuta. Le fasce d’età vengono ridotte a due: fra i 25 e i 44 anni è previsto un accredito di vecchiaia del 9%, mentre fra i 45 anni e il pensionamento si verserà al secondo pilastro il 14% del salario. Lo scopo è anche di promuovere l’assunzione e il mantenimento dell’occupazione dei lavoratori anziani, che diventano meno cari per le aziende. Viceversa, rispetto a oggi, nei primi dieci anni i giovani verseranno più contributi. Combinata con la deduzione di coordinamento, questa misura permetterà di accumulare un avere di previdenza più elevato al momento del pensionamento. In linea di principio, gli assicurati con prestazioni del regime sovraobbligatorio non saranno interessati dalla ridefinizione della deduzione di coordinamento e dalla nuova graduazione degli accrediti di vecchiaia, perché le loro casse pensioni sono già «più generose».
Quali sono gli argomenti dei contrari?
La riforma, approvata dal Parlamento nel mese di marzo del 2023, è combattuta in primo luogo dai sindacati e dalla sinistra. A loro avviso, l’abbassamento dell’aliquota di conversione porterà a una riduzione delle rendite. L’aumento del risparmio comporterà anche maggiori contributi da parte dei dipendenti. In altre parole, secondo i contrari, si pagherà di più per ricevere meno. A essere colpiti saranno in particolare il ceto medio e i lavoratori ultracinquantenni. I pensionati con rendite modeste non trarranno vantaggio dal fatto di aver risparmiato di più perché si vedranno ridotto il diritto alle prestazioni complementari. Si lamenta anche il fatto che le banche e gli intermediari finanziari continueranno a guadagnare ogni anno 7 miliardi di franchi con la gestione dei patrimoni, mentre per gli assicurati la situazione non farà che peggiorare. Contrariamente a quanto si dice, le casse pensioni sarebbero «in forma smagliante», avendo accumulato molte riserve. Contro la riforma ci sono anche varie organizzazioni che rappresentano le professioni a basso salario (come Gastrosuisse) e l’associazione dei datori di lavoro della Romandia Centre Patronal. Da un lato viene contestato l’aumento del costo del lavoro, dall’altro gli oneri burocratici della riforma e una sovracompensazione per la generazione di transizione.
Quali sono gli argomenti dei favorevoli?
In favore della riforma ci sono il Consiglio federale, il Parlamento e le principali organizzazioni economiche, come Economiesuisse, USAM e USI, nonché l’associazione femminile Alliance F. La revisione è considerata necessaria per la stabilità del sistema e per garantire nuovamente un finanziamento adeguato delle rendite delle casse pensioni. Senza una riduzione dell’aliquota di conversione, le casse pensioni che offrono soltanto le prestazioni minime continueranno a impiegare i rendimenti ottenuti sugli averi di vecchiaia dei lavoratori attivi per pagare le rendite dei pensionati. Grazie alla riforma, molte persone con redditi modesti potranno inoltre beneficiare di una migliore copertura assicurativa. A usufruirne, secondo i favorevoli, saranno soprattutto le donne. Secondo uno studio commissionato da Alliance F, 360.000 persone beneficeranno di una rendita superiore, fra le quali 275.000 donne. La nuova LPP agevola l’accesso alla previdenza professionale e contribuisce a ridurre il divario pensionistico tra donne e uomini.