La domenica del corriere

Dipendenti pubblici: è scontro

Su TeleTicino «approda» l’iniziativa appena depositata dal fronte borghese per frenare l’aumento dei costi dell’amministrazione - Pesenti (AITI): «Uscite maggiori delle entrate, questo si chiama fallimento» - Riget (PS): «Ma lo Stato non è un’azienda»
©Chiara Zocchetti
Red. Ticino&Svizzera
19.01.2025 20:04

Quasi undicimila firme per dire «stop» all’aumento dei dipendenti pubblici. Alcuni giorni fa è stata depositata un’iniziativa del fronte borghese destinata a far discutere parecchio. Del tema se n’è occupato il vicedirettore del CdT Gianni Righinetti a La domenica del Corriere. Ospiti degli studi di TeleTicino Piero Marchesi (presidente UDC), Laura Riget (co-presidente del PS), Oliviero Pesenti (presidente di AITI) e Giorgio Fonio (sindacalista OCST e consigliere nazionale). Rispetto al passato, l’iniziativa appena depositata «contiene» una grossa novità: parte dell’economia ticinese ha infatti deciso di schierarsi, sostenendo pubblicamente il testo. L’economia fa dunque politica? ha chiesto senza mezzi termini Righinetti: «No», ha tagliato corto Pesenti. «L’economia non ha nessuna intenzione di fare politica. Ma l’economia ha il diritto e il dovere di intervenire quando le cose vanno oltre quello che è il lecito, in particolare per quanto riguarda la crescita dei costi dello Stato». La discesa in campo, dunque, non è un errore. Anzi: «Dovevamo intervenire prima, perché le cose stanno giungendo a un punto di non ritorno», aggiunge il presidente. «Mi preoccupa questa dinamica di contrapposizione tra pubblico e privata», risponde da parte sua Riget. «Una contrapposizione montata ad arte che in realtà non c’è. L’iniziativa è un attacco allo Stato e al servizio pubblico. Non enti astratti, ma che rispondono ai bisogni dei cittadini». Per la deputata socialista, «diminuire i dipendenti pubblici significa diminuire la qualità di questi servizi». «I dati non sono costruiti dall’UDC», rimarca Marchesi. «Nel 2015 il Cantone spendeva 3,2 miliardi di franchi, oggi ne spende quasi 4 e nel 2028 arriveremo a 4,3 miliardi». Una crescita importante, legata a doppio filo ai deficit di bilancio, spiega il consigliere nazionale democentrista. «La preoccupazione dei partiti e dell’economia, che hanno lanciato l’iniziativa, è che bisogna interrogarsi sul peso della voce ‘dipendenti pubblici’ sui conti dello Stato». Il Ticino, sottolinea ancora Marchesi, nel confronto intercantonale ha un costo più alto del 33% dell’amministrazione pubblica». «Bisogna porsi un’altra domanda: il problema è il numero dei dipendenti o l’aumento della spesa?», si chiede invece Fonio. «Nel Dipartimento diretto da Gobbi nel periodo 2010-2024 il numero dei dipendenti è aumentato del 33%. Un caso o una necessità? Questa iniziativa pone una grande incoerenza: questi dipendenti sono assunti dai Dipartimenti». Il consigliere nazionale del Centro evidenzia quindi che la maggioranza relativa in Governo spetta alla Lega. «Questa iniziativa porterà a licenziamenti, e senza aver fatto una verifica sulla spesa». Secondo Fonio, questa iniziativa «è poco onesta nei confronti dei cittadini». «Fonio è bravissimo a buttare la palla dall’altra parte e posticipare il problema», attacca Marchesi. «I consiglieri di Stato non sono stati in grado di frenare le spese». Ma, fa notare Righinetti, il fronte borghese avrebbe i numeri per agire in Parlamento. «Se il popolo dovesse accettare l’iniziativa, darebbe un segnale chiaro alla politica». Inoltre, sottolinea il presidente dell’UDC, non ci saranno licenziamenti. «Ci vuole buona voglia nel riorganizzare».

La situazione è dunque sfuggita di mano? «No», risponde Riget. «Il Ticino rispetto ad altri Cantoni è confrontato con problematiche come l’invecchiamento della popolazione. E questo fa sì che servano servizi capaci di intervenire. Questa iniziativa, poi, non dice dove bisogna tagliare». «Deve essere tutto messo in discussione», ribatte Marchesi. Per Fonio, invece, la priorità va data a un’analisi della spesa rigorosa.

Si va a colpevolizzare una categoria di lavoratori, come avviene con i frontalieri?, chiede il conduttore a Pesenti. «È il solito modo di ragionare alla ticinese», controbatte il direttore di AITI. «Si buttano lì le cose senza andare in profondità. Mi rifiuto di fare paragoni fra dipendenti pubblici o frontalieri. Non entrerò in questo tipo di polemica e pregherei a tutti di piantarla di fare questi discorsi. L’iniziativa è rispettosa e mette sul piatto i costi prodotti da voi politici. Voi che avete assunto queste persone nello Stato. Ma dimenticate una cosa: ritenete giusto che tutti gli introiti dello Stato non bastano a pagare tutti i dipendenti? In casa mia questo si chiama fallimento». Per Pesenti, a tendere cittadini e aziende non riusciranno più a mantenere uno Stato così «elefantiaco». «Il problema delle finanze non dipende dai dipendenti, ma dagli sgravi fiscali», bacchetta Riget. «Lo Stato non è un’azienda, ha il compito di fornire risposte ai bisogni della cittadinanza». Sul tema degli sgravi, Pesenti non è assolutamente d’accordo, così come Marchesi. Righinetti, poi, sottolinea un aspetto: quale posizione prenderà il Governo? In fondo i dipendenti pubblici sono suoi. «Auspico che l’Esecutivo dica di no all’iniziativa e che attende il risultato dell’analisi della spesa», commenta Fonio. «Mi auguro che l’Esecutivo prenda atto e che faccia partire all’interno una valutazione». Al contrario, secondo Riget, «il Governo dovrebbe prendere una chiara posizione contraria. È sua responsabilità politica in quanto datore di lavoro. Il consiglio di Stato non potrà nascondersi».

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