«È incomprensibile che oggi ci troviamo in quest'aula»
Quei soldi, a Platini, spettavano di diritto. L’accordo tra Sepp Blatter e il tre volte Pallone d’Oro francese? Un’intesa verbale tra gentiluomini e perfettamente legale. Il fatto che il versamento sia stato effettuato otto anni dopo la fine della collaborazione tra «Le Roi» e la FIFA? Il denaro non era importante.
Nessuna sorpresa durante il secondo giorno del processo al Tribunale penale federale di Bellinzona a carico dell’86.enne ex presidente della FIFA e del 66.enne ex centrocampista transalpino. Durante i rispettivi interrogatori, i due imputati hanno seguito alla lettera la strategia difensiva. Catenaccio, insomma, e niente giocate funamboliche: Blatter e Platini si sono limitati a ripetere la loro tesi. Il pagamento di due milioni di franchi era un semplice saldo di quanto promesso da Blatter a Platini nel momento in cui quest’ultimo diventò il suo braccio destro. La vera, grossa novità, ma lo vedremo più avanti, è l’ennesimo scossone che ha investito il Ministero pubblico in relazione al caso FIFA, che sta impegnando la Procura federale dal 2015 e che è già costato la testa all’allora procuratore generale Michael Lauber.
Domande senza risposta
Tangente o salario arretrato? In fondo, la vera domanda è questa: il pagamento di 2 milioni di franchi, datato 18 gennaio 2011, era illegale oppure no? Stando ai due imputati, interrogati dalla giudice Joséphine Contu Albrizio, appunto, no. Sia Blatter sia Platini hanno ripercorso una vicenda iniziata nel gennaio del 1998. «All’epoca ero presidente del comitato organizzatore della Coppa del Mondo e dissi che non volevo né potevo diventare presidente della FIFA», ricorda il transalpino. «Allora Blatter mi rispose che si sarebbe candidato lui e mi chiese una mano. La primavera successiva ci rivedemmo e mi proposi quale suo consulente tecnico. Lui mi chiese quanto volessi di stipendio. Scherzando risposi: “Un milione”. Lui accettò». Come detto, però, un’intesa scritta non c’era. Vi era un «gentlemen’s agreement» tra i due. Ossia, ha ricordato Blatter durante la sua deposizione, «un contratto orale che è stato stipulato, ed è valido, tra Michel Platini e il sottoscritto l’8 giugno 1998 a Parigi (ossia il giorno in cui il vallesano venne eletto alla testa della FIFA, ndr.)». «Ci siamo stretti la mano», ha ricordato. «Nell’ottobre del 1974, quando fui assunto dal presidente della FIFA João Havelange, quest’ultimo mi disse: “Ti assumo”, e mi strinse la mano. Senza contratto scritto, che arrivò più tardi». Il vallesano ha poi ribadito quanto già detto mercoledì dal suo legale: ossia che non si tratta di una fattispecie penale ma civile. «Perché ci troviamo qui? La FIFA è un’associazione e non un’impresa commerciale, e in tutte le associazioni c’è un’assemblea generale durante la quale viene approvato o meno il rapporto di controllo finanziario. La fattura del salario corrisposto a Platini è finita in tutti i gremi della FIFA e all’assemblea generale, che l’ha approvata. Se qualcuno non fosse stato d’accordo, avrebbe potuto dirlo. Per me è incomprensibile che ci troviamo in quest’aula».
Un milione, anzi no
A questo punto la vicenda fa un balzo avanti di un anno. Siamo nell’agosto del 1999 e Platini fa presente a Blatter di non avere ancora un contratto. «Lui ammise di non potermi pagare il dovuto a causa dei problemi finanziari della FIFA. Mi propose un salario di 300 mila franchi, come quello del suo segretario generale, mentre il resto sarebbe stato versato più avanti. Mi fidai e accettai; non ero preoccupato dalla questione finanziaria, sapevo che un giorno mi avrebbe pagato», ha affermato l’ex centrocampista della Nazionale francese. Platini sottoscrive così un contratto scritto nel quale non viene però menzionata la differenza di 700 mila franchi a suo favore. «Come mai non è stato specificato?», ha chiesto la giudice a Blatter. «Non ci ho pensato, e lo stesso hanno fatto le persone che hanno preparato il contratto». «E perché il pagamento è avvenuto solo nel 2011? All’inizio lei aveva parlato di rebus, oggi non più. Perché?», lo ha incalzato la presidente della Corte. «Me lo spiego con lo shock che subii nel 2015, quando la polizia mi arrestò e fui interrogato dal vostro procuratore (Olivier) Thormann. E anche oggi subisco le conseguenze di questo shock», le ha replicato Blatter.
«Mi sono sbagliato»
Va da sé che l’attesa di otto anni non ha convinto la giudice, la quale ha posto lo stesso interrogativo al diretto interessato. Il quale ha glissato: «I soldi non erano importanti. Non chiedo denaro a chi me ne deve. Ma un giorno la FIFA indennizzò in maniera importante due dipendenti che erano partiti. A quel momento mi dissi: sarebbe buona cosa ricordare alla Federazione che mi deve dei soldi». Ed ecco il secondo punto controverso: perché chiedere «solo» 2 milioni al posto dei 2,8 che gli sarebbero spettati per l’attività nel quadriennio 1998-2002? «Mi sono sbagliato», si è difeso Platini. «Ero convinto che il salario fosse di 500 mila all’anno e non 700 mila. Me ne resi conto quando la Procura mi mostrò il contratto».
La teoria del complotto
«La FIFA – ha concluso «Le Roi» – mi ha fatto passare come un falsario e un riciclatore, e tutto questo per non farmi diventare presidente. Presto o tardi verrà fatta giustizia». Il 66.enne francese ha quindi rilanciato la teoria secondo cui sarebbe stato lo stesso Infantino ad avvisare la Procura federale per poter dare la scalata, indisturbato, ai vertici della Federazione.
Questa è una delle tre teorie circolate in questi anni. La seconda ipotizza che il Ministero pubblico della Confederazione avesse in realtà scoperto questi versamenti mentre indagava sul maxi-caso di corruzione emerso nel 2015. La terza, più fantasiosa e ipotizzata da Le Monde, indica invece nello stesso Blatter la «gola profonda».