«Ecco come ti preparo una pillola su misura per te»
Sabrina Carboniero, assistente di farmacia, fa strada nel laboratorio. Nuovissimo, ordinatissimo. Quarantacinque metri di banco in un locale termostatato e umidostatato. Il controllo di temperatura e umidità è fondamentale. Se non fosse così, le polveri impiegate per realizzare i farmaci si incollerebbero o sarebbero troppo volatili. Martina Catalano e Mirko Bandera, suoi colleghi farmacisti, sono già al lavoro, tra bilance di precisione e contenitori di vetro. Questo è il cuore di Remedia, azienda di Melano (da poco trasferitasi da Chiasso in uno stabile appena costruito) specializzata nella creazione di preparazioni magistrali “su misura” dietro prescrizione medica. La 52.enne, avvolta nel suo camice bianco, appoggia i fogli sul lungo tavolo di lavoro con la richiesta della farmacia, 100 capsule di citisina 1,5 mg (un principio attivo usato per smettere di fumare) e apre lo sportello di un armadio, contrassegnato da una piccola etichetta rettangolare nell’angolo con la scritta mobile 25 in bianco su una sfumatura verde, il colore caratteristico dell’azienda. «Prendo le sostanze che poi dovrò pesare», dice la donna, impiegata nella società da quattro anni, ma con alle spalle una solida esperienza nel campo. Una serie di barattoli di plastica bianchi–larghi e bassi, etichettati con precisione–sono allineati come soldati sull’attenti. È da qui che si compie la magia e il loro contenuto si trasformerà da polvere a, appunto, pillole, creme, ma anche supposte o sciroppi. «In pratica, siamo il laboratorio distaccato delle farmacie ticinesi». A parlare è Paolo Sacchi, farmacista e titolare della ditta, attiva dal 2016. Occhi chiari, capelli bianchi che fanno pendant con il camice, il 59.enne esclama sorridente: «Ma potrei cambiare nome, perché ormai tutti hanno memorizzato il mio numero come Paolo Remedia». Remedia, già. L’antica parola latina che indica medicina, rimedio. Anche se, a tutto, rimedio non c’è. Come alla penuria di preparati, un allarme scattato qualche mese fa e che ha riguardato pure quelli per bambini. «Le farmacie, quotidianamente, ci avvisano del fatto che alcuni prodotti o principi attivi non siano reperibili e ci chiedono: siete in grado di farlo, voi?. Beh, nove volte su dieci... No, non siamo in grado di soddisfare questa richiesta. Ma, in un 10% dei casi, sì».
Intanto, Carboniero ha appena finito di distendere le 100 capsule vuote su una griglia metallica, mentre un altro dispositivo sta miscelando le due polveri (citisina e amido) in un barattolo. «Quando avevo iniziato a svolgere questa professione, nel 1990, si usava molto di più eseguire queste prescrizioni magistrali in farmacia. Poi, con gli anni, questa pratica si è persa», dice. Secondo la 52.enne, questo è dovuto al fatto che è necessaria la scorta di un certo numero di sostanze, i macchinari giusti… e poi ancora regole, certificati, procedure. Insomma, una messa a punto piuttosto complicata «e costosa. Le farmacie hanno visto che non vale la pena, per così poche prescrizioni, e hanno lentamente abbandonato questa specialità».
«Ogni attività, anche la più piccola, dovrebbe dedicare spazi molto grandi per un laboratorio–le fa eco Sacchi–. Appoggiarsi a un terzista come noi fa guadagnare tempo e risparmiare soldi».
«Eppure, questa è l’essenza della nostra professione. La sua parte più bella», dice entusiasta Martina Catalano. «È il motivo per il quale ho scelto questa strada e il relativo percorso di studi». La 28.enne, impiegata da dicembre dopo aver conseguito la specializzazione magistrale in preparazioni galeniche a Camerino, si sente come nelle farmacie di un tempo, quando ogni farmaco si doveva preparare a mano, in un’era che non aveva ancora conosciuto l’avvento dell’industria farmaceutica.
Questione di passione
Una passione che condivide anche con il collega Mirko Bandera, pure lui assunto da qualche mese, ma già con qualche anno di esperienza. «In compagnia dei miei cari amici becher, bacchette di vetro, bilance superprecise, occhiali trasparenti e tanta passione, creo formulazioni dedicate ai pazienti che ne hanno necessità, su prescrizione medica», illustra sorridente il 45.enne. Che, nel suo tempo libero, non manca di usare strumenti simili a quelli del laboratorio per un’arte ben più leggera: quella culinaria.
Una realtà che macina a pieno ritmo, quella di Remedia. La musica di sottofondo nello spazio dedicato alla creazione dei medicinali si mescola ai suoni dei vari strumenti in azione. Dal miscelatore di creme alla piattaforma che mescola le soluzioni liquide, fino al rumore della sottile spatolina che Carboniero sta usando per trasferire la polvere di citisina e amido all’interno delle capsule trasparenti, che nel frattempo sono state messe in piedi a filo della superficie piana di un’altra griglia metallica.
La ditta, spiega ancora Sacchi, «è nata come esperimento nel 2016. Nessuno sapeva se ci sarebbe stato un volume sufficiente a giustificare un'attività del genere. All’inizio lavoravo solo io, a Chiasso. Adesso, però, siamo in sette. Dal primo anno di attività, nel 2017, fino a oggi, abbiamo fornito a oltre 13.000 persone un preparato che altrimenti non sarebbe stato disponibile». Sì, perché lo scopo è proprio quello. «Consegnare un prodotto non disponibile sul mercato. Ad esempio, ci sono farmaci sotto forma di compresse, mentre il bambino necessita della sospensione. In commercio non c'è, allora realizziamo noi una sospensione pediatrica con lo stesso principio attivo. Sopperiamo alle necessità che l'industria non è in grado di soddisfare. C’è chi è intollerante al lattosio, o chi è celiaco e non può assumere eccipienti di un certo tipo... queste caratteristiche sono evidenziato dal medico, si fa un elenco delle sostanze che non ci devono essere e noi lo realizziamo. Ma pensiamo anche ai vegani, i quali chiedono che la capsula sia di origine vegetale. Insomma. Ci sono tante esigenze, tutte specifiche, magari non tutte soddisfabili, però molte sì».
Tra sciroppi, creme e capsule
«Ci capita di produrre molti preparati dermatologici–spiega Catalano–: creme, gel... Realizziamo anche tante capsule. Siamo le uniche figure che, oggi, sono in grado di produrre preparazioni che permettono di andare incontro a chi, per motivi di allergia o dosaggi, non è soddisfatto dall'industria farmaceutica. Tra le altre preparazioni abbiamo sciroppi, per uso pediatrico. Sotto forma di buste, invece, confezioniamo ad esempio il sodio bicarbonato, rivolto ai pazienti oncologici».
Se non ci fosse Remedia, l’alternativa sarebbe nella Svizzera tedesca. Ma con tempi di consegna leggermente più lunghi e, forse, anche un filo meno di consulenza. Senza contare la soddisfazione di potersi esprimere in italiano. «Siamo il laboratorio distaccato di ogni farmacia. E facciamo un'azione di condivisione professionale per cercare di dare al paziente il prodotto migliore», ammette Sacchi.
Il punto sui costi
E i costi? Su questo punto, Sacchi prova a sbilanciarsi. Ma con una serie di premesse: «Non stai assumendo un prodotto frutto di una vendita d'impulso. Hai una necessità terapeutica e il tuo obiettivo è che questa sia soddisfatta. Una produzione industriale ha delle altre dinamiche economiche. A parte il fatto che la maggior parte dei preparati magistrali sono riconosciuti dalle casse malati e la tariffa è concordata, ma è difficile fare un paragone… Nell'industria, a ogni numero di lotto corrispondono migliaia di unità pusologiche. Da noi un numero di lotto corrisponde a un preparato e rispettiamo le stesse normative. Insomma, è come fare un paragone fra una camicia cucita su misura da un sarto e una camicia prodotta industrialmente. In questo caso, sono entrambi farmaci, ma il percorso è completamente diverso... In proporzione? Che so, potrebbe essere la metà? Ma ripeto, sono discorsi campati un po’ per aria».
Nel frattempo, Sabrina Carboniero sta versando le compresse appena riempite, e richiuse, all’interno di un barattolo. Il suono che emettono ricorda una cascata di sassolini che si scontrano tra loro e contro le pareti del contenitore. Come in una sinfonia di battiti sordi, tintinnii e scrosci. Il preparato è pronto per la consegna, non prima di aver collocato con precisione l’etichetta sul barattolino appena chiuso e sigillato, ovviamente disinfettato come tutti i passi delle varie procedure qui in laboratorio. Un’altra etichetta per il sacchettino di carta che contiene il barattolo e via, nella cassettina di plastica blu destinata al fattorino. Ma siamo appena a metà giornata. E di preparazioni così, da fare, ne mancano ancora parecchie.
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