Sentenza

Eredità falsa, condanna confermata

Anche in Appello è stata accertata la colpevolezza dell’avvocato del Luganese condannato lo scorso giugno a tre anni e mezzo di carcere per una truffa da 20 milioni di dollari
Nico Nonella
05.04.2023 17:57

Pena confermata anche in Appello quella inflitta lo scorso 7 giugno dalle Assise criminali nei confronti di un avvocato italiano residente e attivo nel Luganese che aveva partecipato a una truffa internazionale da 20 milioni di dollari. Lo scorso 30 marzo, la Corte di appello e di revisione penale (CARP), composta dal giudice presidente Angelo Olgiati, dai giudici a latere Ilario Bernasconi e Matteo Tavian nonché dagli assessori giurati, ha sostanzialmente confermato le imputazioni a carico dell’uomo, e in particolare la truffa per mestiere ai danni di un cittadino statunitense , oltre agli altri reati: ripetuta truffa in ambito di crediti COVID, ripetuta falsità in documenti connessa con le richieste di crediti COVID, ripetuto conseguimento fraudolento di una falsa attestazione e ripetuto inganno nei confronti delle autorità. La sentenza è stata comunicata oggi. La CARP ha quindi confermato anche la pena di 3 anni e 6 mesi di detenzione e l’espulsione dal territorio svizzero per 8 anni, così come i risarcimenti ai danneggiati dai reati per i quali l’imputato è stato condannato in primo grado.

Nomi fasulli

I fatti che avevano portato alla sbarra l’avvocato risalgono a un periodo compreso tra il 2015 e il 2020. I truffati? Cinque cittadini nordamericani, convinti che avrebbero potuto incassare una grossa eredità lasciata da un parente morto. Le vittime erano state agganciate via e-mail e telefonicamente e ingannate con documenti falsi di finti istituti fiduciari e bancari. Gli ereditieri si sarebbero dovuti appoggiare al sedicente (il nome si è rivelato essere falso) Alberto Rossi. Dottor Rossi che, nella sua funzione di facilitatore nella transazione (grazie anche alla collaborazione con Maurizio Draghi, un falso nipote di Mario Draghi), prospettava alle vittime la necessità di acquistare una società con sede e conti bancari in Svizzera. Ed è qui che entrava in scena l’imputato, il quale aveva messo a disposizione le sue società dormienti a prezzi esorbitanti. L’uomo, difeso dall’avvocato Michele Rusca, si è sempre professato innocente.

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