Eredità falsa, l'avvocato resta in carcere
Sulla condanna inflittagli in primo grado dovrà esprimersi la Corte d’appello e revisione penale; qual che è certo è che in attesa della sentenza l’imputato dovrà restare in regime di carcerazione di sicurezza. E questo, principalmente, visto il concreto rischio di fuga. Il protagonista di questa vicenda giudiziaria è un avvocato italiano residente e attivo nel Luganese, condannato lo scorso 7 giugno dalla Corte delle assise criminali a tre anni e mezzo di carcere e all’espulsione dalla Svizzera per otto anni in quanto avrebbe fatto attivamente parte di un’organizzazione criminale che aveva messo in piedi una truffa internazionale da 20 milioni di dollari.
I fatti che avevano portato alla sbarra l’avvocato risalgono a un periodo compreso tra il 2015 e il 2020. I truffati? Cinque cittadini nordamericani, convinti che avrebbero potuto incassare una grossa eredità lasciata da un parente morto. Le vittime, era emerso durante il dibattimento, venivano agganciate via e-mail e telefonicamente e ingannate grazie a un raffinato meccanismo di menzogne e documenti falsi di finti istituti fiduciari e bancari. Gli ereditieri si sarebbero dovuti appoggiare al sedicente (il nome si è rivelato essere falso) Alberto Rossi. Dottor Rossi che, nella sua funzione di facilitatore nella transazione (grazie anche alla collaborazione con Maurizio Draghi, un falso nipote di Mario Draghi), prospettava alle vittime la necessità di acquistare una società con sede e conti bancari in Svizzera. Ed è qui che entrava in scena l’imputato, mettendo a disposizione le sue società dormienti a prezzi esorbitanti. L’uomo, difeso dall’avvocato Michele Rusca, si è sempre professato innocente e sulla vicenda si esprimerà come detto la Corte di Appello e revisione penale.
L’avvocato, si trova in regime di carcerazione di sicurezza dal 12 marzo 2022 e lo scorso 5 ottobre aveva inoltrato un’istanza di scarcerazione, respinta due settimane più tardi dalla CARP. E lo stesso ha fatto il Tribunale federale l’8 dicembre scorso. In una sentenza pubblicata oggi, l’Alta Corte di Losanna ha respinto la tesi dell’avvocato, il quale aveva affermato di volersi presentare al processo d’Appello per dimostrare la propria innocenza. Come già la CARP, anche il Tribunale federale ha però ritenuto che il pericolo di fuga è concreto: «Qualora la pena inflitta dovesse venire confermata – si legge nella sentenza – difficilmente egli potrà riprendere la propria attività professionale in Ticino. Inoltre, il suo inserimento sociale e professionale nel suo Paese di origine è senz’altro facilitato, conoscendone egli perfettamente il sistema istituzionale e giuridico, potendovi esercitare immediatamente l’attività legale ch’egli già vi svolge, mai interrotta». Neppure un’offerta di lavoro propostagli in Ticino, inoltre, è sufficiente ad avvalorare la sua tesi. In caso di conferma della condanna di primo grado, infatti, «egli verrebbe espulso dalla Svizzera per un periodo di 8 anni, motivo per cui la sua intenzione di rimanere sul territorio svizzero non è decisiva».