Il bilancio

I nove anni di Valerio Lazzeri

La Diocesi di Lugano, durante il suo episcopato, ha dovuto affrontare non poche difficoltà: da quelle finanziarie agli scandali
© CdT/Gabriele Putzu
Red. Online
10.10.2022 18:30

La prospettiva teorica

«Non mi riconosco nel profilo dell’intellettuale. Ho bisogno della relazione umana, dei contatti, degli stimoli e degli incontri. Altrimenti non vivo». L’avventura di don Valerio Lazzeri, quale nuovo vescovo di Lugano, si era aperta il 4 novembre del 2013. In maniera curiosa, la nostra intervista - a firma Carlo Silini -, quel giorno, si apriva con una domanda oggi significativa: «Lei ha 50 anni. In teoria ai vescovi il Vaticano chiede di dimettersi a 75 anni: non la spaventa questa prospettiva?». La risposta era stata pragmatica: «Visto che la prospettiva è teorica, non mi spaventa. Bisogna evitare di fare programmi che ci tolgono la forza nel qui e ora». L’ordinazione episcopale si era tenuta il 7 dicembre, nella Basilica del Sacro Cuore. «C’è in me il fremito di fronte all’evidente sproporzione tra la mia persona e il compito che le viene affidato», le sue prime parole, allora.

I casi e gli appelli

I suoi nove anni da vescovo hanno vissuto capitoli particolarmente complessi, alcuni scandali, qualche grande (e non per forza piacevole) decisione, anche una serie di fatti globalmente significativi: la pandemia, la guerra e la crisi che si porta dietro. Monsignor Lazzeri ha via via preso la parola sui grandi fatti della vita, dalle emergenze legate ai profughi sino, recentemente, al caso della giovane India e agli appelli alla pace. «Il precipitare della situazione in Ucraina è per tutti noi fonte di viva preoccupazione e di dolore», aveva avuto modo di dire lo scorso febbraio.

Giornale del Popolo e finanze

Tra i dossier più complessi, quello riguardante il Giornale del Popolo, chiuso nel 2018, all’improvviso, un giovedì di metà maggio. «Un momento difficile per tutta la Diocesi. Per me è davvero un grande dolore». E poi aggiunse: «C’è l’editore e c’è l’amministratore unico della società editrice. L’amministratore ha degli impegni legali e di fronte a certi bilanci e a certe cifre è obbligato a mettere al vaglio del pretore la situazione». Qui insomma va ricercata la complessità della decisione e del ruolo, anche di fronte a problematiche di gestione finanziaria. Un tema che in Curia ha fatto da fil rouge fino a oggi. Ancora lo scorso febbraio, l’annuncio relativo ai conti del 2020: deficit di gestione pari a 904 mila franchi. E per il preventivo 2022 l’ipotesi di conti in rosso per 1,71 milioni di franchi. «Un deficit strutturale», era stato definito. Deliberate «le prime urgenti misure di contenimento della spesa», era stata riconosciuta la volontà di cercare «strategie per ottimizzare le entrate, per esempio attraverso la valutazione del parco immobiliare».

Sacerdoti e abusi

Tra il maggio del 2020 e il maggio di quest’anno, svariati sono stati poi gli scandali, di diversa natura, che hanno toccato la Diocesi di Lugano. Il primo caso: il sacerdote attivo nel Luganese arrestato e poi condannato per ripetuta coazione sessuale, ripetuta violenza carnale ai danni di una sua parrocchiana. I fatti, avvenuti nel 2013, erano poi stati resi noti a cavallo di maggio e giugno del 2020. Era stata proprio la Curia a segnalare l’episodio alla Magistratura. Un episodio che aveva riportato alla memoria anche il caso del 2016, il più drammatico, quella condanna a otto anni e mezzo per un ex prete della diocesi, colpevole di centinaia di abusi dal 2001 al 2014.

Le vicende più recenti

Ma facciamo di nuovo un salto in avanti. A fine 2020, altro guaio - il tutto nell’anno della pandemia, delle distanze costrette tra la Chiesa e la gente -, quello riguardante don Azzolino Chiappini, arrestato con l’accusa di aver segregato in casa sua una donna finlandese di 48 anni. «Da subito la Curia vescovile di Lugano ha garantito piena collaborazione agli inquirenti. Al momento non verranno rilasciate ulteriori dichiarazioni e per qualsiasi richiesta si rimanda al Ministero pubblico», il laconico comunicato della Curia. L’inchiesta era poi terminata con un decreto di abbandono qualche mese dopo, nel febbraio del 2021. Nel novembre sempre dello scorso anno, era finito in carcere don Samuele Tamagni - «Una vicenda che sorprende e addolora», le parole della Curia -, risultato colpevole di appropriazione indebita ripetuta e in parte aggravata, truffa ripetuta, amministrazione infedele aggravata e ripetuta. E la lista degli episodi da condannare si chiude con il parroco momò protagonista di un presunto palpeggiamento in discoteca e di un fermo in dogana con tasso alcolemico fuorilegge.

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