Il maestro di Montagnola torna in aula (di tribunale)

Tre anni dopo il giudizio - e la condanna - di primo grado Mauro Brocchi, il maestro delle Scuole elementari di Montagnola (Collina d’Oro) condannato per violazione del dovere d’assistenza o educazione è tornato in un’aula di tribunale. E anche in Appello ha ribadito quanto già affermato durante tutto il lungo iter giudiziario che si trascina da ormai otto anni: «nessun maltrattamento» nei confronti dei suoi allievi, con gli episodi che anzi sarebbero parte di un «contesto ludico o educativo». Il 66.enne, già sindaco di Montagnola era stato condannato il 14 ottobre 2019 in Pretura penale a una pena sospesa di 60 aliquote giornaliere da 190 franchi, più una multa di 2.000 franchi per aver tenuto comportamenti inadeguati in classe, a danno di diversi allievi di terza Elementare, fra il settembre e l’ottobre 2014. Tra gli episodi che erano stati contestati, l’aver colpito con un righello due allievi, aver legato con uno spago alle sedie tre bimbe e aver sferrato un calcio a una sedia, facendo cadere un alunno.
Un caso complesso
Per il magistrato che allora aveva emesso il decreto d’accusa, il procuratore pubblico Antonio Perugini (l’incarto è ora stato ‘ereditato’ da Petra Canonica Alexakis), il maestro aveva una scarsa consapevolezza dell’effetto prodotto dai suoi comportamenti in veste di docente, con susseguente banalizzazione degli stessi. Il caso si era da subito rivelato molto complesso. Approdato una prima volta in Pretura penale nel settembre 2017, l’incarto era stato rinviato al Ministero pubblico per approfondimenti. In particolare, il giudice Siro Quadri aveva rimarcato la mancanza di un contraddittorio. Il caso era tornato in aula due anni più tardi e nel motivare la sentenza, Quadri aveva ammesso la complessità del caso, anche per la mancanza di giurisprudenza per un reato relativamente nuovo. Davanti alla Corte di appello e revisione penale, presieduta dal giudice Angelo Olgiati (a latere Chiarella Rei-Ferrari e Ilario Bernasconi), il docente e i suoi legali, gli avvocati Luisa Polli e Yasar Ravi, si sono battuti per il proscioglimento. «Al di là delle conoscenze didattiche impartite ai bambini come da programma in quella determinata classe, ho sempre sottolineato la necessità del rispetto delle persone e delle cose e quella di mantenere un comportamento consono in aula», ha premesso il docente.
La sua versione dei fatti
Durante l’interrogatorio, il docente ha ribadito in buona sostanza che gli episodi imputatigli erano avvenuti in un contesto ludico o educativo. Il righello – ha affermato premettendo di non ricordare con esattezza tutto quanto successo all’epoca dei fatti – «era stato utilizzato in maniera scherzosa e senza violenza per allontanare le mani degli alunni che, chiamati alla cattedra, avevano iniziato a toccare le cose che avevo sul banco». Per quanto riguarda invece l’episodio di un allievo caduto dalla sedia, l’ex maestro ha affermato che il bambino era seduto, male, sull’angolo, e «passando via mentre distribuivo dei fogli, ho pensato di aiutarlo spingendo la sedia con la punta del piede. Lui però è scivolato. Prima di descrivere il terzo episodio, quello delle tre alunne legate alla sedia, il 66.enne ha premesso di venire «da una scuola di formazione piuttosto attempata rispetto all’epoca dei fatti, nel corso della quale era stata data seria importanza alla postura. Io stesso avevo sofferto di lordosi e per me questo aspetto è sempre stato importante». Anche le tre alunne, ha dichiarato, «non erano sedute correttamente. Avvicinandomi a una di loro le ho chiesto se potevo mostrarle la postura corretta e le ho passato un filo di lana, che tutti i bambini avevano sul banco, attorno alle ginocchia. Ho poi fatto un fiocco, e non un nodo, e ho ripetuto la stessa operazione con altre due bambine. In classe non c’era assolutamente un clima di terrore e altri allievi, divertiti, mi hanno chiesto di fare loro la stessa cosa. Una delle bambine si è subito liberata». Interpellato dalla legale degli accusatori privati, l’avvocatessa Isabel Schweri, l’ex docente ha affermato di aver allertato subito dopo le famiglie «per scrupolo», in quanto «avrebbero potuto esserci pensieri (negativi, ndr.) da parte loro». L’ho fatto, ha detto, «forse inconsciamente, visto che qualche anno prima ero stato coinvolto in un procedimento amministrativo per un altro episodio». Per quanto riguarda infine l’ultimo episodio, quello del pizzicotto, l’ex docente ha sostenuto di aver «al massimo tamburellato con la matita sulla testa di un allievo». In generale, ha poi concluso, «nel corso degli incontri con i genitori nei primi quindici giorni di scuola, io aveva affermato di essere contento della disciplina in classe e loro non mi hanno mai detto nulla riguardo tutti questi episodi». A suo dire, insomma, il tutto sarebbe stato ingigantito.
Fatti travisati o banalizzati?
Nella sua arringa, Schweri ha contestato la credibilità del docente, evidenziando un «parallelismo inquietante» con la precedenze sanzione amministrativa comminatagli un paio d'anni prime dei fatti del 2014 e sempre per atteggiamenti ritenuti sopra le righe. «È recidivo. Banalizza i modi usati e sminuisce gli episodi. Basa tutta la sua difesa sulla sua intenzione di non fare male e quando non può negare certe situazioni, ecco che diventano un semplice gioco. Ma oggi la Corte deve focalizzarsi su come questi episodi sono stati vissuti dai bambini e non dal docente». A suo dire non ci sono dubbi: «Il calcio alla sedia c’è stato, così come i colpi con il righello». Di qui la richiesta di conferma della condanna e un risarcimento simbolico di un franco «perché le famiglie non hanno mai avuto un atteggiamento di ritorsione o vendetta nei confronti dell’ex maestro».
«Si è esagerato con una campagna mediatica virulenta e denigratoria», ha invece controbattuto la difesa. «Un alunno ha dichiarato di aver vissuto con ilarità l'episodio dell'infiocchettamento, un'altra allieva di essere stata legata 'per ridere'». A detta della legale Luisa Polli, «I gesti dell'ex docente sono stati travisati ed estrapolati dal loro contesto. L'inchiesta, poi, è stata portata avanti in maniera unidirezionale. I genitori che difendevano il suo operato non sono neppure stati interrogati». In buona sostanza, la tesi dei legali è che i fatti contestati sarebbero stati ingigantiti, in particolare da un genitore particolarmente risentito per l'episodio della caduta dalla sedia. «Questa persona - ha affermato Polli - non è credibile: in sede di inchiesta ha rilasciato dichiarazioni contradditorie e non sempre veritiere con l'intento di calcare la mano».
«Il mio assistito ha sempre rilasciato dichiarazioni lineari e costanti, circostanziando gli episodi contestatigli», ha dal canto suo sottolineato il collega Ravi. «La caduta dalla sedia, per esempio, è stato solo un banale incidente e non c'è mai stato alcun calcio intenzionale. Il maestro non ha mai voluto fare del male ai suoi alunni e la maggior parte di loro ha vissuto serenamente questi 'giochi'. E anni dopo, molti genitori (Ravi li ha elencati, ndr.) hanno confermato che i loro figli non hanno sofferto di disturbi legati a quanto accaduto alle Elementari». «Mauro Brocchi – ha concluso – non deve essere prosciolto a causa di un'inchiesta parziale e lacunosa e dell'insufficiente impianto probatorio, ma perché lui il reato imputatogli non lo ha commesso».
La sentenza verrà comunicata alle parti nelle prossime settimane.