Politica

Il nodo dell'autogestione dovrà scioglierlo la Città

La Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio sarebbe intenzionata a sposare la linea già tracciata dal Governo due anni fa: è «un’esperienza locale» senza «un’alternativa di locazione» fuori Lugano – Proseguono in silenzio le trattative con il Municipio per trovare una nuova sede ai molinari
Una questione da risolvere in città. © CdT/Chiara Zocchetti

L’autogestione rimarrà con ogni probabilità un tema esclusivamente luganese, a meno di ribaltoni dell’ultimo minuto nei corridoi di Palazzo delle Orsoline a Bellinzona. Come già il Governo cantonale nell’estate di due anni fa, anche la Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio dovrebbe verosimilmente sposare questa linea, chiudendo definitivamente la porta alla proposta avanzata a giugno 2021 dal deputato e oggi municipale luganese Tiziano Galeazzi in una mozione – il cui destino politico appariva già segnato all’epoca – in cui chiedeva al Consiglio di Stato «un’alternativa di localizzazione» che non sia per forza a Lugano. Stando a nostre informazioni, la Commissione sanità e sicurezza sociale si starebbe allineando a quanto già affermato a suo tempo dal Governo, ovvero che l’autogestione è un’esperienza localizzata sul territorio, che si è sviluppata a Lugano o quantomeno nel Luganese per scelta delle persone promotrici di quell’aggregazione sociale. Una posizione, questa, che dovrebbe confluire in un rapporto affidato al relatore leghista Stefano Tonini.

Dialogo aperto

Il probabile esito dei lavori commissionali a Bellinzona ci riporta sulle rive del Ceresio. Come noto, il Municipio di Lugano, lo scorso luglio, ha incaricato la capodicastero Sicurezza e spazi e urbani Karin Valenzano Rossi di proseguire il dialogo avviato con l’autogestione per trovare una nuova sede. «Preferisco non esprimermi visto che la finestra di dialogo è ancora aperta e vorrei poterlo portare avanti, anche se capisco che i tempi non sono brevi», afferma al CdT la municipale luganese.

L’esperienza della Gerra

Gli autogestiti, ossia il SOA Il Molino, non sono gli unici e rivendicare degli sazi in città. Anche la Straordinaria, dopo l’esperienza (più che riuscita) allo sterrato della Gerra, ha chiesto alle istituzioni comunali e cantonali di attivarsi con urgenza per risolvere «la grave mancanza di infrastrutture che ruotano fuori dai circuiti istituzionali». Un’esigenza che si è tramutata in un documento d’intenti, promosso dall’Associazione Idra con proposte e considerazioni da parte del mondo culturale indipendente, che verrà prossimamente presentato al Municipio. A questo proposito va precisato che quella della Straordinaria non è un’autogestione ma piuttosto un’esperienza di cultura non istituzionalizzata, offerta in un luogo messo a disposizione dalla Città (che l’ha anche patrocinata e finanziata) e con una serie di regole. L’autogestione è invece un’esperienza sociale, politica e culturale con diverse realtà in cerca di un luogo fisso dove poterla vivere.

Se ne parla dal 2012

Tornando a Bellinzona, la proposta di estendere il tema «autogestione» a livello cantonale risale a oltre dieci anni fa: era il 2012 quando i deputati luganesi Fabio Schnellmann (PLR), Roberto Badaracco (PLR) e Gianrico Corti (PS), sempre in una mozione, avevano chiesto un intervento più deciso da parte di Bellinzona nella ricerca di edifici da adibire a Centro Sociale autogestito cantonale. L’atto parlamentare era rimasto nel cassetto per quasi due lustri ed era approdato sul tavolo della Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio nel marzo del 2021, pochi giorni dopo la manifestazione alla stazione FFS di Lugano. Dopo quasi un mese e mezzo di discussioni si era arrivati alla firma di un rapporto – relatori i luganesi Tiziano Galeazzi (UDC) e Raoul Ghisletta (PS) – che invitava l’Esecutivo a individuare degli spazi di proprietà del Cantone, estendendo la ricerca su tutto il territorio ticinese con l’aiuto di un mediatore. Ma l’atteso dibattito in Parlamento, alla fine, non c’era stato: a metà giugno, Schnellmann e cofirmatari avevano deciso di ritirare la mozione dopo che il Cantone aveva assicurato un suo maggior coinvolgimento. Una mossa che aveva spinto Galeazzi a presentare una mozione (che ricalcava i contenuti del suo rapporto) in cui chiedeva al Consiglio di Stato «un’alternativa di localizzazione» che non sia per forza a Lugano. Ma su quest’ultimo punto il Governo aveva appunto risposto picche.

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