Sull’autogestione il Municipio lavora a riflettori spenti
Profilo basso e comunicazione istituzionale affidata a uno scarno comunicato inviato alle redazioni alle 17. «Il Municipio della Città di Lugano, riunito questa mattina nella sua seduta settimanale, conferma la volontà di continuare il dialogo con l’autogestione. Consapevole del fatto che l’autogestione è presente in città da oltre 25 anni, l’Esecutivo ha incaricato la municipale Karin Valenzano Rossi – capo Dicastero sicurezza e spazi e urbani – di proseguire il dialogo avviato con l’autogestione nella notte tra venerdì e sabato 1. luglio alle ex scuole di Viganello, nel frattempo liberate volontariamente dagli occupanti. Durante questa delicata fase di dialogo non verranno rilasciate ulteriori dichiarazioni».
Piedi di piombo
Insomma, sul tema il Municipio di Lugano ha scelto di procedere con i piedi di piombo e dalla seduta di questa mattina, terminata dopo le 13, è trapelato poco o nulla. Di certo sappiamo che il Municipio si è riunito per fare il punto sul dossier autogestione dopo l’occupazione delle ex Scuole di Viganello, iniziata venerdì terminata martedì sera, e l’apertura di una finestra di dialogo con gli autogestiti. L’Esecutivo si è seduto a un tavolo per discutere della trattativa in corso con i «molinari» e dei possibili sviluppi di una vicenda che ancora non si è chiusa dopo la demolizione dell’ex Macello, due anni fa. Certezza numero due: sul tavolo c’è la possibilità di trovare una nuova sede per l’autogestione. Negli scorsi giorni era stato fatto il nome dello stabile ex HG Commerciale di Pregassona (ed ex magazzino comunale) ma le valutazioni sono in corso anche su altri edifici di proprietà della Città: una riflessione che coinvolgerà diversi servizi e dicasteri. E nelle valutazioni avrà il suo peso il fatto di evitare disparità di trattamento con le altre realtà culturali sul territorio.
Questione di sensibilità
Un’altra certezza è che sul tema, in Municipio, convivono diverse sensibilità politiche e il basso profilo scelto dall’Esecutivo, verosimilmente, è dettato dal fatto che allo stato attuale una parola fuori posto rischierebbe di chiudere definitivamente la finestra di dialogo apertasi negli scorsi giorni. Non è difficile intuire che ci sono municipali che vedono più di buon occhio il dialogo con gli autogestiti, mentre altri preferirebbero mettere qualche paletto nel caso in cui venisse loro concesso uno stabile. Per esempio esigendo un affitto, ancorché simbolico, oltre al pagamento delle utenze. Sta di fatto che una proposta ufficiale non è ancora stata formulata, né all’interno dell’Esecutivo luganese né tantomeno all’indirizzo degli autogestiti. E una tempistica ancora non c’è. Ancora presto, ovviamente, per capire che strada percorrerà il Municipio in caso di fumata bianca con gli autogestiti: quello della concessione (temporanea, come l’accordo Bally-Villa Heleneum), per la quale non è necessario il voto in Consiglio comunale, oppure quello della convenzione, che richiede però l’avallo del Legislativo.
«Siamo andati via perché...»
Più «loquaci», come loro abitudine, sono stati gli autogestiti. Anche loro hanno preso posizione in un comunicato stampa, inviato cinque minuti dopo quello del Municipio, in cui il SOA Il Molino si concentra però sull’esperienza alle ex Scuole. Per quanto riguarda il dialogo con la Città, gli autogestiti affermano che «le circostanze di questa occupazione ci hanno portato a dialogare anche con chi è tra i principali responsabili politici dello sgombero e della demolizione del centro sociale Il Molino», a «dimostrazione della nostra capacità di confronto: esercizio che abbiamo sempre ritenuto valido» a patto di annullare «la narrazione menzognera del Municipio degli ultimi anni e di riconoscere la nostra esperienza politica». In questo senso, «non sappiamo con certezza se l’avvicinamento di una municipale di Lugano nel cuore della notte sia dovuta alla recente decisione di riapertura dell’indagine sull’abbattimento di parte dell’ex Macello e all’occupazione di un altro stabile vuoto, o perché la volontà di riconoscere oltre 25 anni di pratiche di riutilizzo di spazi abbandonati autogestite e autonome – da sempre definite «illegali» – sia improvvisamente diventata reale». Per quanto riguarda invece la decisione di lasciare lo stabile di Viganello, il SOA afferma che è stato fatto per evitare di «infliggere uno sgombero» alle persone e «a un quartiere che in gran parte ha accolto e sostenuto questa occupazione». «Nel corso del dialogo informale che Valenzano Rossi ha proposto, abbiamo dato la nostra parola per un’uscita imminente anche per non esacerbare un clima andatosi pian piano a distendere. Ma l’uscita dallo stabile non è certamente dovuta alle ennesime minacce ricattatorie di uno sgombero né a presunte perizie di inabitabilità».
Bellinzona aspetta
Dalle rive del Ceresio ci spostiamo all’ombra dei castelli. Questa mattina il tema è stato discusso anche a Bellinzona dalla Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio. All’ordine del giorno vi era la mozione del deputato dell’UDC e municipale luganese Tiziano Galeazzi che chiede, in sintesi, di estendere le ricerche di uno spazio a tutto il territorio cantonale. Dopo due anni in cui l’atto parlamentare era stato congelato – ne avevamo riferito martedì – è stato designato un nuovo relatore, il leghista Stefano Tonini. Ma anche in questo caso, la discussione è stata interlocutoria e il gremio non è entrato nel merito della proposta democentrista. «La Commissione ha chiesto al relatore di prendere contatto con la municipale responsabile del dossier», ci conferma il presidente della commissione Giorgio Fonio (Il Centro). L’obiettivo è «arrivare con un rapporto alla ripresa dell’attività politica».