Il caso

Il Palazzo Civico fra «gloria e indipendenza»

Bellinzona: un secolo fa iniziarono i lavori di ricostruzione del complesso affidati all’architetto Enea Tallone che permisero di preservare solo alcune vestigia - Lo si voleva così grande per «contrapporlo» ai castelli
© CdT/Gabriele Putzu
Alan Del Don
19.07.2024 06:00

«La popolazione bellinzonese, e i patrizi innanzitutto, ambivano ad un nuovo palazzo municipale che da un lato si riallacciasse all’epoca gloriosa dei castelli e dall’altro fosse significativo dell’indipendenza comunale da contrapporre ad essi». Come ricorda Andreas Hauser nell’inventario della «nuova» architettura svizzera che sbocciò tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, il Palazzo Civico della Turrita che indigeni e turisti ammirano oggigiorno risale esattamente ad un secolo fa. Iniziarono infatti nel 1924 i lavori di (ri)costruzione affidati all’architetto Enea Tallone che permisero di preservare solamente alcune vestigia del vecchio complesso risalente al XIV secolo.

Quei 120 mila franchi ben spesi

Non ebbe vita facile, quel progetto, di cui si cominciò addirittura a parlare nel 1902. Ma lo sappiamo, i bellinzonesi quando si appassionano a qualcuno o a qualcosa lo fanno in modo viscerale; «vedo un fiore che c’era il vento», scrisse il sommo Giorgio Orelli. Nella capitale siamo tutto. A volte anche un po’ polemici. Sta di fatto che la Commissione di sorveglianza cantonale creata ad hoc per analizzare nel dettaglio il concetto non fu per nulla tenera, imponendo determinate scelte stilistiche. Non vi annoiamo elencandole, basti sapere che la facciata è in stile lombardo, che si puntò sul granito e che molta attenzione è stata dedicata alle decorazioni interne (si rifanno al periodo sforzesco), in particolare le quattro vetrate realizzate da Augusto Solari. La torre campanaria con l’orologio, che in precedenza svettava poco, ha acquisito un peso maggiore. L’edificazione, annota in un saggio la storica dell’arte Maria Will, diventa «un cantiere operosissimo»: vi lavorano capimastri, muratori, artigiani del ferro forgiato «per le cancellate e i lampadari», scalpellini, intagliatori del legno, pittori e persino un maestro vetraio. Gli interventi durano due anni; il 2 giugno 1929 l’inaugurazione, un mese e mezzo prima della festa del tiro federale, andata in scena nella campagna a nord del ponte della Torretta. Quanto costò la (ri)costruzione? 120.554 franchi, una spesa ritenuta importante.

Motivo d’orgoglio

«Dalle prime indicazioni teoriche di Edoardo Berta del 1902 al progetto elaborato da Enea Tallone fra il 1921 e il 1923 e, ancora dopo, durante la sua esecuzione, l’edificio concentra su di sé significati che vanno oltre il mero aspetto architettonico», rileva sempre Maria Will. Quell’imponente cantiere nel salotto buono che a molti sembrava un’officina a cielo aperto, era indubbiamente altresì visto come la prima testimonianza concreta della fresca aggregazione tra Bellinzona, Carasso, Daro e Ravecchia del 1907. Il Palazzo Civico era ed è tuttora un’opera che riempie d’orgoglio la popolazione e l’autorità politica.

La spinta aggregativa

L’aggregazione è uno sprone. Ti dà la spinta per «costruire», per pensare a dei progetti che saranno la linfa del Comune che verrà. Nella nuova Bellinzona - nata nel 2017 unendo tredici quartieri - sta succedendo quanto accaduto più di un secolo fa. Ovviamente su un’altra scala. Le prime nozze celebrate sono state quelle fra la Città e i territori limitrofi di Carasso, Daro e Ravecchia. Era il 1907. «Le nuove frazioni dispongono di ampi terreni pianeggianti che ben si prestano al progetto di sviluppo urbanistico a cui ambisce il capoluogo», si legge nel volume «Bellinzona. La città fortezza». Si cita - guarda tu i casi della vita - l’area dei Saleggi (già di proprietà del Patriziato di Ravecchia) che viene destinata al campo militare. Quella stessa superficie che entro il 2031 accoglierà l’ospedale regionale del Sopraceneri da almeno 380 milioni di franchi. Tutto torna (o quasi), nella vita come nelle fusioni, verrebbe da dire.

Dal servizio pubblico alla ricerca

Le relazioni fra centro e periferia si intensificano nella seconda metà del Novecento: «Oltre agli uffici dell’amministrazione cantonale concentrati nei dintorni di piazza Governo, nella capitale si sono ormai insediati i servizi pubblici della Posta e dei telefoni creando diverse nuove possibilità d’impiego». L’allora ed odierna Bellinzona «amministrativa» sta man mano cambiando pelle rafforzando il polo biomedico.

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