Il PLR riparte dal coraggio, critiche a DECS e Ticino2020

La nuova squadra (con i vice-presidenti Natalia Ferrara, Alex Farinelli, Fabio Käppeli e Giovanni Poloni) confermata per acclamazione dal comitato cantonale. «Un nuovo capitolo», come l’ha definito il presidente Alessandro Speziali, che avrà al centro la parola «coraggio». E una domanda: «Ha ancora senso oggi essere liberali radicali»? È ruotata attorno a questi elementi, questa sera a Sementina, la riunione del «parlamentino» del PLR che ha fatto seguito al Congresso dello scorso 16 marzo.
Un comitato cantonale ben frequentato e durante il quale Speziali e i suoi vice hanno, appunto, discusso in lungo e in largo con la sala sul senso del liberalismo, ribadendo più e più volte la necessità per il PLR di cambiare passo. Di essere sì responsabili, ma anche più incisivi e maggiormente coraggiosi. E durante il quale, non a caso, Speziali non ha mancato di lanciare qualche frecciatina agli altri partiti su tre temi in particolare: le finanze, i Comuni e la scuola.
Parlando di uno Stato che «cresce, regolamenta e sussidia» sempre di più, Speziali ha sottolineato che «oggi essere liberali radicali è più difficile» rispetto al passato. Quasi «un gesto controcorrente», ma «proprio per questo motivo più necessario che mai». Ad esempio, guardando al tema delle finanze, Speziali ha ribadito l’importanza per il Cantone di avere un partito «che rispetta le prossime generazioni, evitando di scaricare sulle loro spalle un debito» eccessivo. E in questo senso ha biasimato gli atteggiamenti dei altri partiti. «C’è chi vuole spendere sempre di più, schiacciando il pedale della pressione fiscale (ndr. il riferimento va alla sinistra). Oppure c’è chi vuole fare tagli milionari con cifre buttate là e senza progetti credibili che indichino dove e come risparmiare (ndr. il riferimento va all’UDC). E c’è poi chi ‘flirta’ con i sussidi e gli sgravi. E rinvia sempre le scelte più difficili (ndr. e qui il riferimento va al Centro)».
Parlando dell’importanza dell’autonomia degli Enti locali, Speziali ha poi dedicato un affondo al Dipartimento delle istituzioni e all’annoso progetto Ticino 2020, ossia la riforma dei rapporti fra Cantone e Comuni. «Un progetto in stallo, trasformato in un tappeto sotto cui infilare vari dossier impolverati, e che rischia di ritardare molti altri progetti». Ebbene, ha aggiunto il presidente, «essere liberali significa anche dire basta ai rinvii». E, dunque, «o arriveranno proposte concrete entro dicembre, oppure possiamo considerare conclusa l’avventura di questo progetto».
Come detto, un altro tema evidenziato è stato quello della scuola. Una «scuola pubblica che oggi ha un problema di gestione, di visione, e anche con la divisione». Se guardiamo alle recenti nomine della Sezione dell’insegnamento medio superiore, ha precisato Speziali, vediamo «una magra figura per il dipartimento e purtroppo pure per il Governo». E su diversi progetti «come il superamento dei livelli alla scuola media manca rispetto per il pluralismo: stranamente non sono inclusivi con le teorie diverse dalle loro». Ecco, ha chiosato, «saremo molto attenti sulla sperimentazione» poiché «le prime avvisaglie non sono molto incoraggianti».
E sui sussidi...
Il comitato è proseguito con un acceso dibattito in sala, con interventi giunti da più parti. Un tema emerso più volte è stato quello dei sussidi di cassa malati. E su questo fronte a intervenire è stato pure il consigliere di Stato Christian Vitta. «Molti hanno detto che dobbiamo avere più coraggio. Ma coraggio di cosa? Il coraggio di dire come stanno veramente lo cose, perché oggi c’è la tendenza ad avere solo il coraggio di fare proclami». Quindi, ha aggiunto, «dobbiamo anche avere il coraggio di dire alla popolazione che non possiamo permetterci di tutto e di più (...), stiamo attenti alla tendenza del volere mettere i diritti in maniera assoluta davanti ai doveri». Riferendosi ai sussidi, ha poi affermato: «Spendiamo oltre 440 milioni all’anno, più del 10% del nostro budget. Ma la simulazione di certe iniziative popolari che dovranno essere trattate adesso, mostrano che potremmo arrivare ad avere più del 50% della popolazione sussidiata. Ma vi immaginate? Chi paga le imposte sarebbe una minoranza e scapperebbe dal Paese». Per Vitta, dunque, «non bisogna dare ai cittadini l’illusione che i diritti sono infiniti».