Mobilità

Targhe, l’imposta cambia ancora e il Centro critica il nuovo «triciclo»

Approvata dalla maggioranza composta da PLR, Lega, UDC e Verdi la nuova formula che tiene conto pure del peso e della potenza del veicolo – Il gettito per il 2024 fissato a 80 milioni – Maurizio Agustoni: «Accordi politici, ma a farne le spese è la volontà popolare»
©Fiorenzo Maffi

L’intricato dossier dell’imposta di circolazione si è arricchito di un ulteriore tassello. Per la terza volta in tre anni in Ticino ci sarà una nuova formula per calcolare l’imposta. Quella proposta dal Governo negli scorsi mesi ha infatti ricevuto il benestare della maggioranza del Gran Consiglio con 46 voti favorevoli (PLR, Lega, UDC, Verdi), 22 contrari (Centro, Avanti con Ticino&Lavoro, Più Donne) e 16 astenuti (PS, MPS, PC e Verdi liberali).

Nel 2024, concretamente, la formula terrà conto anche del peso e della potenza del veicolo, oltre al fattore delle emissioni di CO₂ (già presente, nonché centrale, nella formula del 2023). Oltre a ciò, la maggioranza del Gran Consiglio, approvando la nuova formula ha pure deciso di abbassare il gettito complessivo di circa 10 milioni rispetto a quanto inizialmente previsto dal Governo, fissandolo a 80 milioni in totale anziché 91,5.

Indietro nel tempo

Prima di tutto, però, riavvolgiamo il nastro e torniamo all’ottobre dello scorso anno, quando il popolo approvò alle urne l’iniziativa del Centro sull’imposta di circolazione. Essa prevedeva, in estrema sintesi, di ridurre il gettito dell’imposta, utilizzando come fattore centrale per la formula le emissioni di CO₂, secondo il principio «chi più inquina, più paga». Ora, come noto, subito dopo l’approvazione dell’iniziativa da parte del popolo, il Parlamento si era visto costretto, entro la fine dell’anno, ad apporre un correttivo tecnico dell’ultimo minuto alla formula. Con un decreto urgente erano in particolare state evitate alcune disparità di trattamento legate ai cicli di omologazione. Perlomeno per una parte delle forze politiche, al netto di tutto ciò, era però sin da subito evidente che anche nel 2024 sarebbe stato necessario intervenire nuovamente sulla formula, modificandola per migliorarla. Per sua natura, inoltre, il decreto urgente sarebbe scaduto a fine 2023. Ecco perché, appunto, negli scorsi mesi il Consiglio di Stato ha presentato una nuova formula, nella quale come detto si tiene conto pure del peso e della potenza del veicolo. Ma non solo: alla formula il Governo ha proposto di aggiungere un fattore più politico, chiamato “k”, con il quale è possibile modificare l’ammontare totale dell’imposta. L’Esecutivo aveva proposto di porre quell’asticella a 91,5 milioni di franchi (una cifra messa nel Preventivo 2024). La maggioranza del Parlamento l’ha invece abbassata a 80 milioni.

Il patto e il funerale

Critiche pesanti in aula, come si diceva, sono giunte dai banchi del Centro, partito promotore dell’iniziativa approvata lo scorso anno dal popolo con il 60,3% dei sì. Secondo il Centro – che dal canto suo con un rapporto di minoranza proponeva di mantenere lo status quo nel 2024 – modificare la formula approvata dal popolo poco più di un anno fa equivale a «bistrattare» la volontà popolare. Il presidente Fiorenzo Dadò ha dunque criticato aspramente la scelta del Parlamento (e in particolare l’alleanza Lega, UDC e PLR), proprio perché a mente del Centro essa non rispetta la volontà popolare. «Con il voto che andrà in scena oggi, e che sarà seguito, immagino domani, da quello sulla riforma fiscale, si sancisce di fatto un patto di Paese di inizio legislatura (ndr. tra Lega-UDC-PLR), i cui risultati li vedremo più presto di quanto ci si possa immaginare. Patto al quale noi non partecipiamo. Un triciclo a geometria variabile secondo convenienza, il cui programma prevede, da un lato di bistrattare la volontà popolare (...) per gonfiare l’amministrazione mungendo gli automobilisti e, dall’altro, il suicidio per asfissia dell’acume politico, la cui dipartita in un momento così delicato per le istituzioni determinerà, con buone probabilità di non sbagliare, entro la metà dell’anno prossimo il funerale della riforma fiscale», ha tuonato Dadò. Leggendo tra le righe, nel mirino del presidente del Centro è finita l’alleanza Lega-UDC-PLR (che ha sostenuto la nuova formula, compresi i democentristi, che in un primo momento erano dalla parte del Centro). Un’alleanza che, secondo le voci di corridoio, si ripresenterà, appunto, anche per la riforma fiscale e per alcune misure del Preventivo 2024. Ma per il Centro, appunto, la volontà popolare non può essere messa in discussione da accordi politici. «Non bisogna essere Rasputin o Machiavelli – ha affermato in tal senso il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni – per capire che il voto di oggi è collegato a un voto di domani (ndr. sulla riforma tributaria) e probabilmente al voto sul Preventivo 2024. Spiace che a fare le spese di questi accordi sia la volontà popolare».

Insomma, detto papale papale, sembra che qualcosa si sia rotto, in termini politici, tra il Centro e il resto del ‘blocco borghese’ composto da PLR, Lega e UDC. Se questa rottura, manifesta nel caso dell’imposta di circolazione, avrà conseguenze su altri grossi dossier, come la riforma fiscale o la manovra di rientro, ce lo dirà solo il futuro.

Le altre firme popolari

Non va poi dimenticata l’altra iniziativa popolare per la quale il Centro ha già raccolto le firme nel 2017 (chiamata «Gli automobilisti non sono bancomat», che chiede di restituire una trentina di milioni di imposte di circolazione, dopo l’aumento deciso dal Governo nel 2017). Un testo che però, finora, è rimasta nei cassetti di Palazzo delle Orsoline. Su questo fronte, il presidente Dadò in aula ha chiesto ufficialmente di mettere l’iniziativa all’ordine del giorno della prossima riunione della Gestione. Affaire à suivre. 

«Vuoti proclami»

A rispondere al Centro ci ha poi pensato Bixio Caprara, a nome del PLR. Oltre a difendere la nuova formula, criticando al contempo le disparità di trattamento introdotte con l’ormai vecchia formula, il liberale radicale ha affermato: «Assistiamo a una manifesta mancanza di disponibilità al compromesso, dal Centro ci si attendono passi concreti di convergenza, non vuoti proclami e invettive».

Al di là dei bisticci tra partiti, però, a difendere la bontà della nuova formula proposta del Governo è stato anche il relatore di maggioranza Boris Bignasca (Lega). «Non è perfetta, ma ha alcuni vantaggi», ha spiegato il capogruppo. «Utilizza valori che non rischiano di variare nel tempo», come la massa e la potenza, rendendo stabile il gettito dell’imposta, «va a ovviare al problema dei cicli di omologazione», non «favorisce o sfavorisce alcun vettore energetico» e, infine, rispetta «uno degli obiettivi principali dell’iniziativa popolare», portando il gettito dell’imposta a 80 milioni. Da parte sua, il consigliere di Stato Norman Gobbi ha spiegato in aula che «l’obiettivo del Governo era di dare una formula stabile nel tempo, con parametri che non devono essere cambiati regolarmente».

L’UDC, dopo aver firmato in un primo momento il rapporto di minoranza del Centro, si è schierato con la maggioranza. «È stata una decisione sofferta», ha spiegato il capogruppo Sergio Morisoli. «Entrambe le proposte vanno tendenzialmente nella stessa direzione, sgravando gli automobilisti». E l’UDC, ha sottolineato, «sostiene qualsiasi riduzione d’imposta, di qualsiasi provenienza politica». Ma, ha aggiunto, «ci stacchiamo dal rapporto di minoranza per una ragione molto semplice, di realpolitik». Ovvero? «Quando sentiamo che ilCentro si oppone già in partenza a qualsiasi approccio di risanamento dei conti», si oppone ad «altri sgravi perché non sono quelli giusti», oppure «ai tagli perché non è il momento giusto (...) non ce la sentiamo di portare il nostro appoggio» alla minoranza. Detto altrimenti, come spiegato in un comunicato dallo stesso partito: «Abbiamo deciso di appoggiare il rapporto di maggioranza con Lega e PLR, con la speranza che saranno i nostri partner anche su altri temi finanziari da noi proposti per ridurre imposte e spese».

Milioni che mancheranno

Arriviamo poi al fronte progressista. Il PS ha preferito astenersi dal voto. E questo perché, in sintesi, come spiegato dal capogruppo Ivo Durisch, «malgrado la nuova formula del Governo ci sembri interessante (...) non voteremo a favore perché i 10 milioni di gettito in meno limiteranno la possibilità di togliere alcuni tagli dal preventivo e peggioreranno la situazione delle finanze del Cantone». Gli ecologisti, invece, hanno sostenuto la versione della maggioranza. Per i Verdi, come rilevato dal capogruppo Matteo Buzzi, il gettito a 80 milioni è condivisibile, mentre la nuova formula è più equa, sociale ed ecologica.

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