La rabbia dei Comuni sul Cantone, «così diventiamo degli sportelli»
Non capita spesso che i Comuni ticinesi si uniscano per parlare con una sola voce. Ognuno ha ovviamente le sue peculiarità: di città o di campagna; grandi o piccoli; forti o deboli finanziariamente; di sinistra, di destra o al centro. E, quindi, trovarsi tutti d’accordo ed esprimersi all’unisono, per ovvi motivi, non risulta mai facile. A questo giro, però, l’Associazione Comuni Ticinesi (ACT) ha voluto prendere posizione in maniera netta, chiara e forte, per esprimere un profondo malcontento nei confronti del Cantone, «reo» – secondo l’associazione – di aver incrinato, in questi ultimi mesi e anni, il rapporto tra i due livelli istituzionali. Detto altrimenti, come ci ha riassunto il presidente dell’ACT, Felice Dafond, «la preoccupazione tra i Comuni è grande. E così non si può più andare avanti».
La continua erosione
Riunita in assemblea settimana scorsa, l’associazione ha infatti deciso di inviare un comunicato stampa dai toni decisamente incisivi e di votare una risoluzione (su cui torneremo) con precise richieste all’indirizzo delle autorità cantonali.
Ma partiamo, appunto, dal comunicato stampa, in cui l’ACT deplora «una progressiva erosione dei margini di manovra dei Comuni, in termini di riduzione dei mezzi finanziari a libera disposizione e di un effettivo potere decisionale». Insomma, si parla di soldi, sì, ma anche (se non soprattutto) di ruoli istituzionali. Una «situazione spiacevole», come la definisce l’associazione, che «non è dovuta a scelte autonome del Comune».
Ma non è finita qui. Le critiche riguardano anche il rischio, così facendo, di diventare semplici «sportelli locali». «Il Cantone, colpito da una sorta di bulimia normativa, tende a introdurre in diversi ambiti nuove regole, avocando a sé le decisioni e delegando ai Comuni compiti di puro e semplice controllo che implicano l’aumento dei loro apparati amministrativi, senza tuttavia dare agli Enti di prossimità reali poteri decisionali». Ed ecco che, appunto, «il Comune viene così progressivamente ridotto a puro sportello locale del Cantone, snaturandone la sua principale funzione di prima autorità al servizio del cittadino e mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa della base della piramide sulla quale si regge il nostro sistema democratico. E se la base cede, ne soffre l’intero edificio». Parole forti, insomma, con cui i Comuni chiedono un cambio di rotta e soprattutto «una visione strutturale» nelle scelte prese dal Cantone.
Le misure contestate
Le parole scelte dall’ACT guardano poi al concreto, al presente, e alle misure attuate (o non attuate) di recente dal Cantone e che hanno messo ancora più in difficoltà gli Enti locali. «L’anno che sta per chiudersi ha ulteriormente peggiorato la situazione della maggioranza dei Comuni ticinesi», scrive l’associazione. Tutto ciò, mentre «l’importante cantiere di Ticino 2020 (ndr. riforma che avrebbe dovuto ridefinire i compiti e i flussi finanziari tra Cantone e Comuni) non ha ancora visto la luce, accumulando ulteriore ritardo».
Ed eccole, infine, le principali misure contestate. «La riforma fiscale approvata in votazione popolare il 9 giugno non ha comportato per il Cantone una perdita di gettito d’imposta, mentre i Comuni si troveranno con un saldo negativo (minor gettito) di oltre 30 milioni di franchi solo nel primo anno fiscale. La prossima introduzione del moltiplicatore differenziato per le persone fisiche e quelle giuridiche comporterà conseguenze importanti per molti Comuni e avrà effetti sull’intero sistema di perequazione diretta e indiretta. Nei preventivi del Cantone sono state introdotte riduzioni lineari nei contratti di prestazione delle case per anziani e dei servizi di aiuto domiciliare che saranno a carico dei Comuni». Si tratta, specifica poi l’associazione, «solo di alcuni esempi di un rapporto – quello tra Cantone e Comuni – che sempre più si allontana da una sana e costruttiva reciprocità e complementarità». Ma a preoccupare non sono solo i soldi che mancheranno ai Comuni, oppure il rapporto incrinato con Palazzo delle Orsoline. No, ci sono anche «gli effetti che questi cambiamenti avranno nelle relazioni fra i Comuni stessi, in particolare nell’ambito del sistema della perequazione». Come dire: misura dopo misura, il rischio è che i rapporti si incrinino non solo con il Cantone, ma anche tra i Comuni stessi.
La risoluzione
Al di là della presa di posizione, l’ACT ha pure voluto votare una risoluzione all’indirizzo delle autorità cantonali, con richieste precise e puntuali. In primis «si sono ribaditi i principi e gli obiettivi che stanno alla base del progetto di Riforma Ticino 2020, compresi il recupero di un margine di autonomia decisionale a favore dei Comuni, oltre alla semplificazione dei rapporti (amministrativi e finanziari) tra Cantone e Comuni». Ma, oltre a ciò, viene chiesto pure di «attivare un serio e concreto tavolo di dialogo tra Cantone e Comuni che permetta di discutere ed eventualmente concordare preventivamente scelte cantonali che possono avere conseguenze sugli enti locali». Ma soprattutto – ed è questa la richiesta vera e propria – «di rinunciare da subito a ulteriori aggravi unilaterali a carico dei Comuni negli anni a venire, sia in sede di preventivo che in altre forme o senza preavviso con un ragionevole anticipo». A tal proposito, ad esempio, l’assemblea ha espresso la sua «ferma opposizione all’addossamento puro e semplice di ulteriori oneri finanziari per la riorganizzazione in ottica cantonale delle Autorità di protezione». Il riferimento concreto, in questo caso, va all’ipotesi avanzata in Commissione giustizia e diritti di lasciare una parte (13 milioni) dei costi della riforma a carico dei Comuni, facendo pagare al Cantone solo i costi aggiuntivi dettati dalla riforma (circa 6 milioni).
Nella risoluzione, infine, l’ACT torna su un’altra questione non di poco conto. Chiede infatti di «riattivare le procedure relative all’iniziativa legislativa dei Comuni ‘Per Comuni forti e vicini al cittadino’, al fine di ridurre definitivamente di 25 milioni di franchi annui il contributo che gli Enti locali versano al Cantone dal 2014». Sull’iniziativa – promossa nell’autunno 2018 dai Municipi di Canobbio, Melide e Vernate (a cui aderirono in totale 62 Enti locali) – era infatti stato raggiunto un compromesso: dimezzare a 12,5 milioni il contributo in attesa della Riforma Ticino 2020. Riforma che però non è mai arrivata. Motivo per cui, ora, i Comuni mettono pressione sul Cantone, tornando all’idea originale: quel contributo va azzerato.