Il punto

La spesa che cresce e la via da scegliere

Bellinzona: abbiamo analizzato l'evoluzione dal 2018 delle voci principali che pesano sempre di più sul bilancio - Personale: +10,4 milioni - Beni e servizi: +9 milioni - Boom anche di rimborsi e contributi
© CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
15.12.2022 06:00

Scegliere tra prudenza ed incisività, quando si elabora un preventivo, è sempre un bel dilemma. Ancor più in un periodo di grande incertezza come quello attuale. Figurarsi, poi, se ci aggiungiamo anche il processo di revisione della spesa in corso da un paio d’anni a Bellinzona. L’obiettivo più volte declamato dal Municipio è quello dell’equilibrio dei conti che, allo stato attuale, non sono messi benissimo; anche se, come capitato nel 2021, quanto si temeva a livello di previsioni (pesante disavanzo di 7,9 milioni) non si è avverato a consuntivo (cifre nere per 732.500 franchi). E lo stesso potrebbe capitare nell’anno che sta per andare agli archivi, mentre per il 2023 si stima un deficit di 5,4 milioni. La nostra attenzione è rivolta proprio ai dodici mesi alla finestra, i cui conti saranno al centro della seduta prenatalizia di Consiglio comunale in agenda lunedì prossimo.

«Non si sono fatti i compiti»

La maggioranza della Commissione della gestione (PLR, Unità di sinistra e Centro) ritiene che l’Esecutivo – parole sue – non abbia fatto i compiti sino in fondo. Nel senso che vi sono ancora dei margini di risparmio «tra cui l’esternalizzazione, la vendita di oggetti che non rendono e la chiusura di progetti che non portano agli obiettivi sperati». Ergo: la spesa si può contenere e va fatto in modo più deciso per evitare di doversi trovare, in un futuro nemmeno troppo lontano, a dover adottare delle misure più incisive a discapito della popolazione. Se si eccettua l’aumento della tassa base rifiuti (un passo però obbligato per adeguarsi alle disposizioni superiori), il Municipio fino a questo momento ha evitato di scontentare troppo i cittadini e di urtare le diverse sensibilità politiche. Sono insomma state scongiurate quelle «decisioni sofferte», per prendere in prestito le parole del sindaco Mario Branda, che i partiti tanto temono. Per fornire uno stimolo al dibattito plenario in programma fra alcuni giorni, il CdT è andato a spulciare i sei preventivi e i quattro consuntivi, da quando è nata la nuova Bellinzona, per vedere l’evoluzione delle uscite nella capitale.

Quasi 1.400 collaboratori

La prima voce che finisce sotto la lente è quella riguardante le spese per il personale (la Città conta quasi 1.400 collaboratori), che nel 2023 incideranno nella misura del 47,5% sul bilancio. Se consideriamo i preventivi, dalla fusione sono sempre cresciute. Ecco le cifre: 95,4 milioni (2018, senza l’intervento esterno una tantum della rivalutazione degli attivi delle allora Aziende municipalizzate; 113,4 milioni con l’opzione AMB), 97,8 (2019), 99,2 (2020), 101,7 (2021), 102,4 (2022) e 105,8 (2023). Vi è stato dunque un incremento di 10,4 milioni. La crescita più significativa si registra proprio per l’anno alle porte (+3,2%), ma va detto che per la prima volta dall’unione si procederà all’adeguamento della scala stipendi al rincaro. A parte il 2021 (leggerissima diminuzione dello 0,3%) a consuntivo la crescita è stata confermata: 116,5 (2018, con opzione AMB), 99,2 (2019), 100,8 milioni (2020) e 101,4 milioni (2021).

Trend confermato

Concentriamoci ora sulle cosiddette spese di trasferimento, ossia i rimborsi e/o i contributi a enti pubblici e a terzi, in primis al Cantone, agli enti autonomi e ai consorzi. Nel 2023 rappresenteranno il 28,4% del totale. La crescita è costante: 52 milioni (2018, 65,5 con l’opzione AMB), 54,6 (2019), 58,2 (2020), 61 (2021), 61,8 (2022) e 63,2 (2023). Il trend è stato ribadito a consuntivo, ad eccezione del 2021: 67,1 milioni (2018, con l’opzione AMB), 55,3 (2019), 59,1 (2020) e 59,8 (2021). Veniamo alle spese per beni e servizi e altre spese d’esercizio (corrispondenti al 16,5%). Vi rientrano, come precisa il Municipio, «gli acquisti di materiale e merci, l’acquisto di materiale di consumo ed energie (carburante, acqua, elettricità, olio combustibile), lo smaltimento dei rifiuti, gli onorari di terzi, la manutenzione degli immobili e dei materiali e attrezzature, gli affitti e leasing, ma pure le perdite su crediti». Anche in questo caso la voce è sempre lievitata: 27,6 milioni (2018), 29,3 (2019), 31,9 (2020), 33,9 (2021), 34,2 (2022) e 36,6 (2023). Le previsioni hanno avuto riscontro a consuntivo? Ebbene sì. Anzi, la spesa è addirittura cresciuta: 29,7 milioni (2018), 33 (2019), 33,3 (2020) e 35,4 (2021).

Gli ammortamenti di beni amministrativi (il 4,6% del totale delle spese), in sostanza, sono un elemento chiave della capacità di un Comune di liberare risorse a favore dei futuri investimenti. Non si tratta pertanto di un’uscita monetaria tout court. L’evoluzione, in questo caso, è stata più altalenante: 12,6 milioni (2018, 31,1 con le AMB), 13,5 (2019), 7,6 (2020), 9 (2021), 10 (2022) e 10,2 (2023). A consuntivo si è registrato quanto segue, sulla falsariga delle stime: 33,6 milioni (2018, a seguito della già citata rivalutazione degli attivi delle AMB), 13,3 (2019), 7,8 (2020) e 8,4 (2021).

I ricavi non stanno al passo

Questo il quadro. Per le valutazioni politiche non resta che attendere lunedì 19 dicembre. Alla fine il preventivo verrà approvato a larghissima maggioranza, senza i voti del gruppo Verdi-FA-MPS-POP. Ma sarà interessante ascoltare il tenore degli interventi per capire che aria «tira» nella capitale. La spesa continua a crescere (234 milioni nel 2023, +3,9%). E lo fa più dei ricavi (227 milioni, +3,1%). In attesa, chiaro, dell'effetto leva dei progetti strategici. Ma ciò non avverrà prima di 5-10 anni. Nel frattempo cosa farà il Municipio?

C'è poco da brindare

Da una parte le critiche della maggioranza della Gestione, come abbiamo riferito venerdì scorso, dall’altra quelle di Giuseppe Sergi (Verdi-FA-MPS-POP). Quest’ultimo, nel rapporto di minoranza, annota che «il Municipio e tutti i suoi partiti sono allineati su un’identica posizione che vorrebbe (con maggiori o minori gradi di intensità) un’azione più incisiva nel contenimento della spesa pubblica, nella forma di una diminuzione di prestazioni o in quella della cosiddetta ‘ottimizzazione’; politiche che, alla fine, tendono a sovrapporsi». Sergi rileva infine che «la crisi ambientale avanza senza che la maggioranza della classe politica prenda atto della necessità» di invertire le priorità. Questo porterà «alla catastrofe».

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