Lassù, dove si forma la grandine
Chicchi dal diametro impressionante, fra i 5 e i 7 centimetri. Marco Gaia, non a caso, stamane ha parlato di un evento assolutamente «inusuale». Pur senza arrivare alle dimensioni registrate, lo scorso luglio, nel Nord Italia, con eventi talmente violenti da danneggiare un volo intercontinentale partito da Malpensa e diretto a New York, quanto successo nel Locarnese non può non preoccupare. Anche perché, per dirla sempre con il responsabile del Centro regionale sud di MeteoSvizzera, quelli che un tempo definivamo eventi rari si stanno verificando – complice il cambiamento climatico – con una frequenza vieppiù maggiore. Un aspetto, questo, sottolineato anche da Serena Giacomin in un'intervista concessa al nostro portale.
Ma come può, la grandine, avere dimensioni del genere? Riavvolgiamo il nastro: la formazione della grandine è legata, spiegano gli esperti, alle turbolenze che si formano all'interno delle nubi temporalesche quando la differenza fra la temperatura al suolo e quella in quota è molto alta. Carlo Migliore, meteorologo presso 3BMeteo, aveva spiegato al Gazzettino che la grandezza del singolo chicco è proporzionale alla potenza della turbolenza. In altri termini, se i venti in risalita dalla base della nube sono più forti, il peso del chicco che potrà essere sostenuto in quota prima di precipitare sarà di conseguenza maggiore. «Le turbolenze maggiori – aveva spiegato Migliore – si hanno nel periodo estivo quando aria più fresca irrompe su un substrato caldo e umido. Ma bisogna fare delle distinzioni. C'è infatti differenza tra pianure e rilievi. Le pianure sono sicuramente più calde delle zone montuose ed è per questo motivo che sono anche le aree con una maggiore probabilità di grandine grossa. Anche le zone di passaggio tra pianura e rilievo, pedemontane, soprattutto in ragione della forzatura orografica possono essere interessate da grandine di grosse dimensioni. I rilievi hanno un clima meno caldo e generalmente la grandine è più piccola».
Anche Dino Zardi, professore di fisica dell'atmosfera all'Università di Trento, a Repubblica aveva dato una spiegazione del tutto identica: «I chicchi sono tanto più grandi quanto più forti e persistenti sono le correnti ascensionali. In pratica, se aria molto calda che proviene dal suolo riesce a sostenere per più tempo i chicchi in formazione, questi continuano ad accrescersi». E ancora: «Il chicco di grandine diventa più grande perché va su e giù all'interno delle nubi. Il chicco inizia a formarsi, comincia a scendere, la corrente ascensionale forte lo riporta verso le nubi dove c'è più freddo, altre goccioline sopraffuse lo colpiscono e gli si attaccano, ingrandendolo. Quanto più a lungo va avanti questo andirivieni, tanto maggiori diventeranno le sue dimensioni. A un certo punto diventano troppo pesanti per essere sostenuti dalle correnti, e si ha la grandinata».
Quanto alla formazione in sé della grandine, Zardi l'aveva descritta così: «Un chicco di grandine è un fiocco di neve cresciuto troppo in fretta. Tutte le forme di ghiaccio che si formano nelle nubi derivano da gocce d'acqua sopraffusa, che si forma quando raggiunge temperature inferiori a quella del congelamento, pur rimanendo liquida. Quando le molecole evaporano dalle gocce d'acqua sopraffusa e si depositano ordinatamente su un nucleo di congelamento, un granulo di polvere, polline, e via discorrendo, si formano i fiocchi di neve. È un processo lento e graduale. Il chicco di grandine, invece, si forma a causa di violenti moti convettivi che si sviluppano nelle nubi temporalesche: queste correnti risollevano più e più volte le gocce, e le collisioni tra gocce sopraffuse le fanno congelare istantaneamente. Questo processo è molto rapido e il ghiaccio assume una struttura non cristallina».