Gran Consiglio

Lo stabile EFG per direttissima alle urne

Il Parlamento ha dato via libera all'acquisto dello stabile per insediarvi la cittadella della Giustizia ticinese – Allo stesso tempo, però, ha pure avallato il referendum finanziario obbligatorio: l'ultima parola spetterà dunque al popolo
©Chiara Zocchetti
Giona Carcano
07.02.2024 18:39

(Aggiornato) «Due funzionari hanno negoziato il prezzo? Ma per chi ci prendete?». Basterebbe questa piccata risposta di Christian Vitta per inquadrare perfettamente la temperatura dell’aula durante la discussione sull’acquisto dello stabile EFG per insediarvi la cittadella della Giustizia. Una frase detta in risposta a una dichiarazione di Tiziano Galeazzi (UDC), il quale sosteneva che la negoziazione fra Stato e banca sarebbe stata portata avanti, appunto, da «due funzionari della logistica». Insomma, lo avrete capito: fra accuse, risposte e momenti di grande (se non totale) confusione, la discussione sul dossier del progetto di riammodernamento di tutto il settore della Giustizia ticinese ha vissuto momenti complicati. Anche perché il credito di 76 milioni di franchi (circa 82 in totale compresa la progettazione per adeguare lo stabile) si è mischiato inevitabilmente con le oltre 20 ore del dibattito precedente sul Preventivo. Ma tant’è: il succo, alla fine di un lungo pomeriggio, è questo. Il Parlamento ha sì approvato con 54 voti favorevoli, 26 contrari e un astenuto l’acquisto dello stabile EFG. Ma, subito dopo, ha anche scelto di abbracciare per la seconda volta nella storia del Cantone (la prima riguardava le misure di compensazione per gli affiliati alla Cassa pensioni dello Stato) lo strumento del referendum finanziario obbligatorio. Uno strumento che porta direttamente il popolo al voto. A favore di questa soluzione (servivano 25 deputati favorevoli) hanno votato l’UDC, i Verdi, Avanti con Ticino & Lavoro, nonché alcuni deputati di Centro, PS e PLR. La Lega, invece, si è astenuta.

Niente delusione

Per Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni, si tratta quindi di una vittoria a metà. Il credito è stato approvato, ma il progetto resta appeso all’esame popolare. Deluso? «Io non sono mai deluso se devono essere i cittadini a doversi esprimere», taglia corto il consigliere di Stato. «Soprattutto quando si parla di un investimento a favore della Giustizia, un servizio essenziale alla collettività. Dare una casa alla Giustizia ticinese, in particolar modo a quella cantonale che non andrà a sottrarre la presenza territoriale garantita dalle Preture e dalle future Preture di protezione cantonali, significa dare una dignità alla magistratura ticinese ma anche ai cittadini e alle aziende del cantone». A questo punto, si apre però la campagna per il voto. «In aula ho ricordato la storia che ha portato all’edificazione dell’attuale Palazzo di giustizia di Lugano», commenta ancora Gobbi. «Abbiamo dovuto attendere 41 anni e cinque messaggi governativi per arrivare a tetto. Auspico quindi che non si debba attendere così tanto, perché viste le contingenze non possiamo più stare nell’attuale sede a causa dello stato dell’infrastruttura». Altre soluzioni? «L’affitto. Ma non è gratuito e significa spendere soldi senza entrare in proprietà».

Una questione di soldi

C’è da scommetterci che gli avversari, invece, faranno leva anche sui «costi eccessivi» dell’acquisto. Come l’UDC, pronto – se non fosse passato in aula il referendum finanziario obbligatorio - a raccogliere le firme per andare comunque al voto. Non a caso, il capogruppo democentrista Sergio Morisoli ha ricordato in Parlamento il «costo esorbitante» dello stabile EFG. Una spesa del genere, poi, stonerebbe «in un momento di crisi finanziaria in cui si chiedono sacrifici ai cittadini». Per questo, durante il dibattito, l’UDC ha proposto degli emendamenti (poi bocciati) per abbassare il prezzo di acquisto e di progettazione di oltre 11 milioni. «Daremmo una base solida e concreta al Governo per riaprire la negoziazione con la certezza di avere le spalle coperte dal Gran Consiglio», ha spiegato Morisoli. Inoltre, «il venditore saprebbe chiaramente qual è la soglia massima ‘‘di dolore’’». A «tirare» sul prezzo ci ha pensato anche Samantha Bourgoin dei Verdi, con un emendamento (pure questo stralciato dall’aula) che prevedeva un abbassamento del prezzo addirittura di 30 milioni.

L’unica soluzione

Proposte criticate da più parti, in particolare dal PLR. I liberali radicali, come noto, avevano firmato il rapporto di maggioranza del relatore Matteo Quadranti assieme alla Lega. Proprio Quadranti ha evidenziato, dopo aver ripercorso l’iter commissionale, la necessità di acquistare lo stabile per la Giustizia. Una necessità giunta «dopo 15 anni di valutazioni». Appoggio anche da Natalia Ferrara, che ha spiegato: «L’acquisto è l’unica soluzione possibile. Volete davvero picconare anche la Giustizia?». Contrari come visto i Verdi, con Bourgoin a parlare di «gigantismo». La maggioranza del PS era invece favorevole: Fabrizio Sirica, pur non risparmiando alcune critiche, ha ricordato la situazione indecorosa in cui versa l’attuale palazzo di Giustizia. Spaccato anche il Centro. Fiorenzo Dadò ha subito attaccato sia sulla centralizzazione, sia sul costo. «Come si può pensare di tagliare dappertutto, di ridurre le tasse ai ricchi e spendere 250 milioni per delle mura?». I suoi colleghi di partito Gianluca Padlina e Michel Tricarico, sottolineando lo stato dell’attuale stabile, si sono però esposti a favore.

Al termine dell’accesa discussione, come visto, il rapporto ha tenuto. Ma sarà il popolo, ancora, ad avere l’ultima parola.

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