L'obbligo di refezione? «No, non va tutto bene»

«No, non va tutto bene». Il presidente di ARIPE (l’associazione per il rispetto di un’infanzia pedagogicamente equa), Enrico Ferrari, che da anni si batte per la libertà di frequentare (o meno) la mensa scolastica alla scuola dell’infanzia, non ci sta. E, in buona sostanza, chiede al Parlamento di tornare sui suoi passi e concedere, come votato in prima battuta nel 2020, un sistema flessibile di deroghe all’obbligo di refezione.
Settimana prossima, il tema tornerà infatti in Gran Consiglio con due rapporti commissionali che vanno in direzioni opposte. Una minoranza composta da UDC e Centro e in parte dalla Lega (il rapporto è del deputato democentrista Sergio Morisoli e l’iniziativa di cui si discuterà in aula è della deputata del Centro Maddalena Ermotti-Lepori) proporrà, appunto, di facilitare la concessione di tali deroghe per venire incontro a particolari necessità dei bambini e delle loro famiglie. La maggioranza, composta da PS e PLR, e in parte dalla Lega e dai Verdi (quest’ultimi hanno firmato con riseva), proporrà invece di mantenere lo status quo, con dispense per il secondo e il terzo anno della scuola dell’infanzia (gli anni obbligatori) molto complesse da ottenere. E questo, si legge nelle conclusioni del rapporto, per diversi motivi: perché «il sistema tuttora vigente non ha mai dato problemi particolari», ma anche perché «le richieste di dispensa dall’obbligo di frequenza, peraltro rare, sono sempre state gestite dalle direzioni degli Istituti scolastici comunali in maniera adeguata». Motivazioni che, come detto, non sono andate giù al presidente di ARIPE. «Dicono che il sistema in vigore non ha mai dato problemi, ma non è affatto così. Le deroghe, di fatto, non esistono. E non si può certo dire che il sistema è stato gestito in maniera adeguata», premette Ferrari, riportando l’esempio di tre famiglie seguite dall’associazione che, «nonostante abbiano presentato dei certificati medico-pedriatrici per chiedere di essere esonerati, con tutte le spiegazioni del caso, non hanno ottenuto alcuna deroga». In un caso particolare, poi, un cittadino ha terminato e perso l’iter ricorsuale al Consiglio di Stato e si è visto comunque fatturare il costo totale dei pranzi mai usufruiti e ora rischia di farsi pignorare la cifra dovuta.
Tutto ciò, fa poi notare Ferrari, «in diversi casi ha portato i genitori a trasferirsi nei Grigioni, in Italia, oppure a portare il figlio in una scuola privata». Come dire: un fallimento per il sistema scolastico ticinese.
Per l’associazione, al di là dei casi particolari, si tratta di una questione di principio: «Non riusciamo a capire perché dovremmo pregare lo Stato per poter pranzare con i nostri figli. Abbiamo sempre creduto nel buon senso della politica, ma leggendo il rapporto di maggioranza, un ‘copia e incolla del messaggio governativo’, ci chiediamo dove sia finito questo buon senso. Possiamo capire quanto fatto e disfatto da Manuele Bertoli (ndr. le nuove direttive e l’attuale messaggio del Governo risalgono agli ultimi giorni del socialista in Governo) e dal capo della divisione della scuola Emanuele Berger. Ma ora anche una parte della Lega, un movimento nato per la libertà del popolo, e il partito liberale hanno sottoscritto il rapporto di maggioranza. Per noi, essendo questa una questione di libertà, è inconcepibile».
L’invito di ARIPE, dunque, «è quello di implementare finalmente un vero sistema di deroghe. Come quello che ci era stato promesso in audizione commissionale prima del primo voto in Parlamento nel 2020, che confermò quell’impostazione a larghissima maggioranza, salvo poi tornare sui suoi passi».