Mensa scolastica, l'obbligo della refezione torna a dividere la politica

Il già tanto discusso tema dell’obbligo di frequenza della mensa alla scuola dell’infanzia tornerà per una terza volta in Gran Consiglio. E, a questo giro, la questione è sicuramente destinata a dividere in due il Parlamento. Ieri, infatti, la Commissione formazione e cultura ha firmato due rapporti che, come vedremo, vanno in direzioni opposte.
Come siamo arrivati qui
Per comprendere l’oggetto del contendere occorre prima fare almeno un paio di passi indietro, tornando al giugno del 2020, quando il Gran Consiglio approvò a larghissima maggioranza (66 voti a 5) un rapporto di compromesso su un’iniziativa presentata nel 2019 da Sergio Morisoli (UDC).
L’atto parlamentare democentrista da cui tutto è partito chiedeva, in buona sostanza, la completa libertà di stare a mensa o a casa per gli allievi della scuola dell’infanzia.
Dopo lunghe discussioni, il compromesso approvato dal Parlamento proponeva invece di rendere facoltativa la presenza in mensa per il primo anno d’asilo (quello già di per sé facoltativo), mantenendo però l’obbligatorietà per il secondo e il terzo anno. Tuttavia, il compromesso prevedeva al contempo che il Governo elaborasse «un sistema flessibile di deroghe alla frequenza» per il secondo anno e, in casi eccezionali, pure per la prima metà del terzo anno. Deroghe che, secondo quanto chiesto dal Parlamento, andavano iscritte nero su bianco nel regolamento delle scuole comunali.
Ebbene, in estrema sintesi, nel suo messaggio di attuazione di quel compromesso il Governo nel 2021 propose sì di rendere facoltativa la refezione per il primo anno, ma anche di lasciare così com’era la situazione per il secondo e il terzo anno. Detto altrimenti: niente deroghe «facili» per il secondo e la seconda metà del terzo anno. Una scelta presa dal Consiglio di Stato anche sulla base di una consultazione svolta presso i Comuni e le direzioni degli istituti scolastici, i quali si erano sostanzialmente pronunciati contro la soluzione di compromesso approvata dal Parlamento. L’anno successivo, nel 2022, il messaggio governativo venne quindi approvato dal Gran Consiglio, ma questa volta non certo a larga maggioranza (con 48 voti a 25). Un secondo voto che – vista la parziale retromarcia rispetto al primo compromesso approvato dal Gran Consiglio – fece storcere il naso a diversi deputati. Tra questi, la deputata Maddalena Ermotti-Lepori (Centro) che nei giorni successivi decise di presentare una nuova iniziativa parlamentare per proporre al Parlamento di tornare al compromesso originale votato due anni prima e, dunque, di attuare quanto votato nel 2020.
Non c’è due senza tre
E siamo a oggi. Ossia alla firma dei due rapporti commissionali di cui parlavamo all’inizio: uno favorevole all’iniziativa di Ermotti-Lepori e uno contrario. Rapporti che porteranno quindi – dopo quello del 2020 e quello del 2022 – a un terzo voto in Parlamento.
Due, come detto, i fronti opposti. Da una parte la minoranza composta da Centro e UDC sosterrà l’iniziativa, chiedendo al plenum di tornare al compromesso originale. E questo perché, si legge nel rapporto commissionale, «per lo sviluppo e la crescita corretta dei bambini il primo luogo di educazione è e deve rimanere la famiglia», e anche se «la scuola è un elemento importante nel percorso educativo», essa non deve rappresentare «un monopolio con una durata di 15 anni sulla vita di un individuo». Più in generale, dunque, per la minoranza è «opportuno lasciare un certo margine di scelta alle famiglie» attraverso le deroghe proposte con il compromesso iniziale.
Sul fronte opposto, la maggioranza composta da PLR, PS e una parte della Lega non ritiene invece opportuno riaprire un dibattito politico sul tema. E ciò perché «il sistema tuttora vigente non ha mai dato problemi particolari», ma anche perché «le richieste di dispensa dall’obbligo di frequenza, peraltro rare, sono sempre state gestite dalle direzioni degli istituti scolastici comunali in maniera adeguata». Ma non solo. La maggioranza fa pure notare che «i dati raccolti indicano che la scelta di non partecipare alla refezione nel corso dell’anno facoltativo coinvolge pochissimi allievi». Senza dimenticare che «l’ultima decisione parlamentare sul tema risale al 2022».