Ticino

L’offerta sanitaria sotto la lente

Il Consiglio di Stato risponde alle domande del PS sull’inaugurazione di un terzo pronto soccorso nel Luganese: «Non si può ritenere l’apertura come necessaria per soddisfare un bisogno» - La co-presidente Laura Riget: «C’è margine per fare di più tramite la pianificazione»
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
20.03.2025 20:30

«Non si può ritenere l’apertura di un nuovo pronto soccorso come necessaria per soddisfare un fabbisogno non coperto» ma, al contempo, il Governo «non può impedire l’apertura di un reparto ambulatoriale in una struttura ospedaliera autorizzata». È essenzialmente racchiusa in queste due frasi la risposta del Consiglio di Stato a un’interrogazione di Laura Riget, co-presidente del PS. Domande che aveva inoltrato lo scorso ottobre, dopo l’annuncio da parte della clinica Sant’Anna dell’apertura di un nuovo pronto soccorso, il terzo nel Luganese. Riget, in sintesi, chiedeva lumi sull’aumento dell’offerta sanitaria (che implica un aumento della domanda e quindi dei premi di cassa malati) e sul margine di manovra del Cantone per contenerla.

Ora, appunto, in un articolata risposta il Governo fa il punto della situazione, partendo da una premessa: «In base alla legislazione federale l’autorità cantonale non può impedire a un ospedale di ampliare la sua offerta ambulatoriale (...) a prescindere dal fatto che ritenga il fabbisogno di questa tipologia di servizio già sufficientemente coperto». Già, perché qualche riga più in là il Governo, nero su bianco, concede che quell’aumento non era necessario: «La densità di fornitori di prestazioni sanitarie nel nostro Cantone è in generale tra le più elevate in Svizzera e l’offerta è particolarmente ampia e variegata nel settore ospedaliero nel Luganese», si legge. Ma non solo. «In questo contesto, anche se, come dimostrano i dati (...) il ricorso a prestazioni di medicina di base in Ticino è importante, non si può ritenere l’apertura di un nuovo pronto soccorso come necessaria per soddisfare un fabbisogno non coperto».

L’anomalia ticinese

Detto ciò, l’Esecutivo sottolinea anche che in Ticino si tende più spesso a ricorrere all’offerta sanitaria. «Secondo gli ultimi dati sul tasso di ricorso ai servizi di emergenza, nel 2023 vi sono state 325,3 consultazioni per 1.000 domiciliati» in Ticino, «a fronte di una media nazionale di 230». In questo contesto, il Governo evidenzia: «È notorio che in ambito sanitario l’offerta induce il consumo di prestazioni sanitarie». E da qui nasce «la necessità di agire (...) con gli strumenti consentiti dal diritto federale». Il Consiglio di Stato ricorda quindi di essersi «attivato con particolare rigore su questo fronte». Ad esempio, cita l’introduzione delle quote di mercato e dei numeri minimi nell’ambito della prossima attribuzione dei gruppi di prestazioni in ambito stazionario, con la sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni in una decina di specialità, ma anche l’introduzione di numeri massimi di medici nel settore ambulatoriale, nonché l’attuazione della moratoria nel settore delle cure a domicilio. Insomma: quanto era possibile fare è stato fatto, ma come detto l’autorità non può spingersi fino a impedire l’apertura di un pronto soccorso. Apertura che, nel caso della clinica Sant’Anna, secondo il Governo va comunque relativizzata poiché «il nuovo pronto soccorso sostituisce (...) un ambulatorio per visite urgenti già operativo (...), da cui si differenzia essenzialmente per l’istituzione di una procedura di triage dei pazienti per grado d’urgenza».

Il nodo della pianificazione

In parte, poi, il Governo spiega anche il ruolo della pianificazione ospedaliera cantonale in questo intricato contesto. Sì, perché Riget chiedeva chiarimenti pure in merito a una dichiarazione della direttrice della clinica, la quale aveva detto che «avere un pronto soccorso è uno dei requisiti richiesti dalla pianificazione non tanto per ottenere nuovi mandati, ma anche solo per confermare quelli esistenti». In questo senso, il Governo conferma come la pianificazione, secondo i criteri fissati dal modello di Zurigo e ripresi dal Ticino, «preveda la presenza di un reparto di pronto soccorso di intensità più o meno elevata secondo le prestazioni fornite dalle diverse strutture, quale elemento qualitativo imprescindibile per accogliere pazienti in regime di degenza e caratterizzare il concetto stesso di ospedale».

La reazione e l’evento

«Sono soddisfatta solo parzialmente delle risposte del Governo», commenta da noi raggiunta la co-presidente del PS. «Soddisfatta perché riconosce che questo pronto soccorso supplementare nel Luganese non è davvero necessario per coprire il fabbisogno. Ma anche perché riconosce che in ambito sanitario l’offerta crea domanda, e quindi più costi. Tuttavia, non sono soddisfatta del fatto che, pur riconoscendo il problema, il Governo dice che non possiamo farci niente. La trovo una risposta semplicistica». Secondo Riget, infatti, «c’è margine per fare di più, ad esempio tramite la pianificazione ospedaliera, con un approccio più coraggioso nel limitare la medicina altamente specializzata e le cliniche private e andando verso un vero ospedale cantonale multisito». Venendo all’attualità, la co-presidente sottolinea la necessità di agire anche alla radice del problema: «In queste settimane, complice la discussione in Gran Consiglio si parla molto dei sussidi. E spesso si sente dire che occorre agire anche alla radice del problema, ossia sui costi della sanità. È vero, lo dicono praticamente tutti, ma poi mancano i fatti». Anche per questo motivo il PS ha organizzato una giornata tematica, sabato 29 marzo dalle 8.15 alle 12.00 presso l’aula magna dell’Università della Svizzera italiana, aperta alla popolazione e agli attori del mondo sanitario. «Il tema è molto complesso e riguarda molti attori. L’idea è quindi quella di riunire attorno a un tavolo questi attori, per sentire le loro idee e confrontarci nella speranza di trovare soluzioni da proporre. E magari trovare anche un appoggio politico trasversale per queste proposte». Non è un caso, infatti, che oltre alla direttrice della clinica Sant’Anna, a un esperto della SUPSI, alla presidente dell’ACSI e vari altri esperti, siano stati invitati a partecipare anche gli altri partiti. Come dire: solo assieme potremo trovare soluzioni adeguate.

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