Maxitruffa COVID: il Tribunale federale dà ragione al Ministero pubblico
Il Tribunale federale si è espresso per la prima volta in merito alle cosiddette truffe ai crediti COVID e nel farlo ha dato ragione a chi l’aveva interpellato: il Ministero pubblico del Canton Ticino, che chiedeva perlomeno un nuovo giudizio su quella che era stata definita (e probabilmente è tuttora) la più grande truffa di questo tipo registrata nel nostro cantone. Lo ha ottenuto.
I fatti, il giudizio di primo grado
La vicenda riguarda un imprenditore e un dentista italiani che nei mesi successivi allo scoppio della pandemia – fra marzo e luglio 2020 – erano riusciti a ottenere, a vario titolo e in parte in correità, circa 1,5 milioni di franchi di crediti COVID tramite quattro loro società, presentando alle banche documentazione falsa che attestava cifre d’affari estremamente gonfiate. Per questo, erano stati condannati in primo grado per truffa e falsità in documenti: 4 anni e espulsione per otto per l’imprenditore, 3 anni e 4 mesi e espulsione per cinque per il dentista. Particolarmente duro fu il commento del presidente della Corte delle assise criminali Amos Pagnamenta: «Traspare un egoismo inqualificabile. Hanno approfittato nel modo più esecrabile possibile dei fondi messi a disposizione dalla Confederazione con un comportamento suscettibile di minare la fiducia tra Stato e cittadino».
La sentenza d’Appello
Era l’estate del 2021 e i due condannati ricorsero contro la sentenza. Trovando parziale soddisfazione. In una decisione per certi versi sorprendente la Corte d’appello e revisione penale (CARP), ancora a fine 2021, li aveva mandati assolti per due delle quattro ipotesi di truffa rivedendo al ribasso anche le condanne a loro inflitte, riformulate in tre anni e mezzo e due anni e mezzo. La CARP aveva inoltre rinunciato a espellere il dentista. Si trattò di una decisione sorprendente perché era probabilmente la prima volta che un Tribunale svizzero escludeva l’inganno astuto nell’ambito delle truffe COVID. Per la CARP, infatti, la banca a cui si era rivolto in questo caso il dentista per ottenere un prestito da mezzo milione non aveva fatto sufficienti verifiche. A quel punto la SECO aveva diramato le direttive attuative del piano anti abusi del Consiglio federale, che prevedevano fra l’altro l’obbligo per la banca di identificare il cliente qualora egli fosse nuovo, come nel caso del dentista. La banca – aveva argomentato la CARP «ha chiuso gli occhi su evidenti incongruenze mancando clamorosamente agli obblighi - peraltro poco più che elementari - che gli erano imposti dalla legislazione citata». Fra le incongruenze citate: lo scopo sociale della società del dentista «non ha nulla (ma proprio nulla!) a che vedere con l’attività che il dentista aveva indicato al momento dell’apertura del conto: un’incongruenza macroscopica e significativa che, da sola, avrebbe imposto alla banca dei chiarimenti prima di aprire il conto e, a maggior, ragione, prima di concedere il credito COVID».
Servirà un nuovo giudizio
Sembrava una decisione che poteva addirittura fare giurisprudenza, e forse anche per questo il Ministero pubblico – titolare dell’inchiesta è il procuratore pubblico Daniele Galliano – ha deciso di ricorrere al Tribunale federale. L’argomento della Magistratura era, in sostanza, che la banca aveva proceduto correttamente per quanto richiestole dalle leggi vigenti e che la discrepanza fra lo scopo sociale, «notoriamente vago e generico» e l’attività dichiarata non era particolarmente rilevante. Senza dimenticare la documentazione falsa prodotta dal duo per dare credibilità al tutto. Una tesi - ed ecco il nuovo ribaltone - sposata dal Tribunale federale: «Non è possibile ritenere che la banca abbia agito con una leggerezza tale da relegare in secondo piano il comportamento truffaldino del duo».
In base a tutto ciò il Tribunale federale ha rimandato gli atti alla CARP affinché pronunci un nuovo giudizio che, a questo punto, dovrebbe vertere soprattutto sulla commisurazione della pena. A questo proposito, il TF ha anche ritenuto che «la rinuncia della CARP a ordinare l’espulsione» del dentista «viola il diritto».