Niente mobbing al TPC, «mi siano trasmesse le decisioni»
«Chiedo solo che i suoi diritti siano rispettati e che possa farli valere nelle sedi opportune». C'è delusione nelle parole dell'avvocato Andrea Bersani, patrocinatore della segretaria del Tribunale penale cantonale che a suo tempo segnalò una collega per mobbing. Non tanto per la decisione in sé (settimana scorsa la Commissione amministrativa del Tribunale d'appello ha fatto sapere di non aver «ravvisato la presenza di una situazione di mobbing», bensì unicamente «aspetti di minore gravità»), tanto quanto per le modalità di comunicazione.
Già, perché lo stesso avvocato ha semplicemente ricevuto via e-mail copia del comunicato stampa inviato a tutti i media. Un agire che l'avvocato definisce «poco rispettoso». Nella forma, chiaramente, ma anche nei contenuti. E questo perché la segretaria in questione al momento non ha nessun documento ufficiale riguardante la decisione della Commissione amministrativa. E, dunque, prosegue Bersani, «apparentemente non ha nemmeno nessun diritto». Come, ad esempio, quello di poter ricorrere contro tale decisione.
Ora, dunque, a questo punto l'avvocato si sta muovendo su più fronti. Da una parte, «avendo già chiesto di poter accedere agli atti e all'ormai famoso rapporto Galliani - una richiesta che mi è stata rifiutata - mi sono rivolto all'autorità superiore affinché si determini in merito». Su questo fronte, dunque, è partito un ricorso. Dall'altra, l'avvocato si è rivolto direttamente alla Commissione amministrativa per poter ricevere una decisione ufficiale riguardo alla non presenza di mobbing. «Ho chiesto alla Commissione amministrativa di trasmettermi le decisioni. Se me le invieranno, bene, valuterò in seguito che cosa fare, se impugnare o meno tale decisione. Ma se non dovessero mandarmela, allora ho chiesto di avere una decisione formale (munita dei termini di ricorso) con la quale si rifiutano di mandarmi gli atti. E se non dovessero fare né l'uno né l'altro, beh, sarebbe denegata giustizia».