Ora c’è un termine per lo stabile EFG, e si fa strada pure il voto popolare
Un «piano B» all’acquisto dello stabile EFG per insediarvi la Cittadella della Giustizia? Non c’è. E se il popolo fosse chiamato a decidere in ultima battuta sul maxicredito di 230 milioni (80 dei quali per aggiudicarsi l’edificio progettato da Mario Botta)? Sarebbe un’opportunità. È questa, in sintesi, la posizione del capo del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, sentito questa mattina in audizione dalla Commissione gestione e finanze. Un incontro per fare il punto sull’annoso dossier e per provare a uscire da un’impasse politica che dura ormai da anni. E qualcosa, in Commissione, si è mosso. Di accordi politici sull’acquisto dello stabile, per il momento, non se ne vede nemmeno l’ombra. Tuttavia, la Commissione ha trovato un’intesa sulle tempistiche (politiche) dell’operazione. Il tema, infatti, andrà in Gran Consiglio nella sessione di settembre, dopo la pausa estiva.
Due ipotesi sul tavolo
«Dopo anni di discussioni, proprio perché su questo tema non sembra esserci convergenza, si è deciso di porre quale termine il 5 settembre affinché tutti i gruppi parlamentari arrivino con eventuali osservazioni e le loro posizioni definitive», spiega il presidente della Gestione, il leghista Michele Guerra.
Insomma, il tira e molla sulla Città della Giustizia, un dossier fermo in Gestione da oltre tre anni, ora ha una data di scadenza. Va però detto, a questo punto, che il destino dell’operazione resta comunque più che incerto. Anche perché, allo stato attuale l’unico partito apertamente favorevole all’acquisto dello stabile è il PLR. Stando così le cose, dunque, a settembre il dossier andrebbe incontro a una chiara bocciatura da parte del Parlamento. Tuttavia, c’è un’altra possibilità che sta prendendo piede: una votazione popolare, innescata dal referendum finanziario dopo il voto favorevole del Gran Consiglio.
Una possibilità, quest’ultima, in passato già ventilata dall'UDC e ora caldeggiata in particolar modo dalla Lega. «Per noi era importante far uscire il dossier dalla Commissione della Gestione e andare in aula», commenta il capogruppo Boris Bignasca. «Se poi il Gran Consiglio dovesse dare luce verde all’acquisto dello stabile sarà importante chiedere il referendum finanziario obbligatorio e quindi far decidere il popolo per questa importante spesa». Ma quindi la Lega in aula voterebbe a favore? Ancora Bignasca: «Per noi ciò che conta è che si esprima il popolo. Se per fare ciò dovremo dare il nostro assenso formale in aula penso che il nostro gruppo parlamentare potrebbe orientarsi in questa direzione».
Tra soddisfazione e scetticismo
Una parziale soddisfazione per lo «sblocco» del dossier (almeno nelle tempistiche) viene espressa dal PLR, con il relatore dell’unico rapporto commissionale (favorevole all’acquisto) oggi sul tavolo della Gestione, Matteo Quadranti. «Oggi il nostro rapporto è stato sottoscritto dal gruppo del PLR. Sarà quindi probabilmente di minoranza. Da parte nostra avevamo chiesto di andare subito in aula, ma la maggioranza ha preferito aspettare». Per questo motivo, spiega poi Quadranti, «abbiamo preteso perlomeno un termine entro il quale facciano un altro rapporto di maggioranza», anche perché «il dossier è ormai fermo da tre anni e mezzo». Detto diversamente: vada come vada, per il PLR l’importante è che a settembre se ne parli e si arrivi a una decisione.
Una posizione più attendista, invece, viene espressa dai socialisti. Il PS, infatti, preferisce aspettare settembre prima di decidere da che parte stare. E questo perché proprio a settembre, con la presentazione del Preventivo 2024, verranno annunciate le misure di risparmio per il riequilibrio delle finanze cantonali. «Prima di prendere posizione – spiega il capogruppo Ivo Durisch – attendiamo di sapere che cosa succederà sul fronte della manovra di rientro e sul fronte della Cassa pensioni dello Stato». Altrimenti detto: se i tagli alla spesa riguarderanno le fasce più deboli della popolazione, il PS non sosterrà l’acquisto dello stabile. E questo perché, come rimarcato dal co-presidente Fabrizio Sirica, la posizione del partito su questo fronte è chiara: «Prima vengono le persone, poi le strutture».
Gli argomenti di Gobbi
Ma quali sono state le argomentazioni del Dipartimento delle istituzioni a favore di questo investimento? Durante l’audizione, Gobbi ha in particolare fatto leva su quattro punti. Primo: ad oggi non esiste alcun piano B o alternativa valida rispetto alla proposta di acquisto dello stabile EFG. Nel Luganese, infatti, non ci sono spazi disponibili per accogliere gli attuali occupanti di Palazzo di giustizia (si parla di una superficie di 7.500 metri quadrati). Secondo: l’acquisto dello stabile EFG è un progetto nell'interesse della Giustizia, che da tempo a Lugano opera in condizioni difficoltose, che mal si prestano all’immagine del terzo potere dello Stato agli occhi della cittadinanza e delle imprese. Terzo: l’investimento, seppur ingente, è ritenuto sostenibile per le finanze dello Stato, lungimirante e rispettoso delle esigenze di una Giustizia moderna che opererà in digitale con Justitia4.0. A questo proposito, Gobbi ha fatto notare che per implementare questo progetto sarebbe necessario un ennesimo cerottone per adeguare l’attuale stabile in via Pretorio, che andrebbe ad aggiungersi a quello da 12 milioni di franchi per alcuni interventi urgenti. L’investimento, inoltre, sarebbe solido e di lungo termine, oltre ad avere un’importanza simbolica in quanto il Cantone annovererebbe nel suo patrimonio immobiliare il primo edificio di pregio e di rilevanza storica dell’architetto Mario Botta. Quarto: la possibilità che l’ultima parola spetti ai cittadini in virtù del referendum finanziario obbligatorio dovrebbe essere vista come un’opportunità per parlare ai cittadini della Giustizia.