Ticino

Riforma fiscale, la strada è in salita e ora si lavora a un compromesso

Le modifiche alla legge tributaria presentate dal Governo non fanno l’unanimità e ora in Parlamento si cercano soluzioni – Gianella (PLR): «Non chiudiamo la porta a correttivi per migliorare la proposta e allargare il consenso» – Agustoni (Centro): «Ma nessuno dovrebbe pagare più imposte»
©Gabriele Putzu
Giona Carcano
19.09.2023 06:00

Uno dei temi più importanti dell’autunno politico ticinese è la riforma fiscale, presentata dal Governo a inizio estate. Una riforma che vuole rendere fiscalmente più competitivo il Cantone e che si dirama su quattro assi portanti: aumento della deduzione forfettaria per le spese professionali (una misura voluta per aiutare chi lavora); misure per favorire le successioni aziendali; plafonare l’onere fiscale sulla previdenza a un massimo del 3% (per sgravare chi ritira il capitale quando va in pensione); riduzione graduale dell’aliquota massima dell’imposta sui redditi alti per arrivare al 12% nel 2025. Un’operazione che costerà al Cantone 46,7 milioni di franchi. L’impatto, però, sarà neutro. E questo perché sarà utilizzato lo spazio finanziario della riduzione temporanea del coefficiente d’imposta (votato dal Parlamento nel 2019), che termina nel 2024. Il moltiplicatore cantonale passerà come stabilito dal 97% al 100%.

Non mancano i nodi

La manovra, va da sé, non è piaciuta a tutti. L’area progressista si è subito schierata contro, così come la Lega. Più possibilisti gli altri partiti, anche se i nodi non mancano. Da qualche giorno, tuttavia, è sul tavolo della politica cantonale una prima proposta concreta di modifica del messaggio, che potrebbe aumentare il grado di accettazione della riforma. Settimana scorsa, sul CdT, tre parlamentari – Simona Genini (PLR), Sabrina Aldi (Lega) e Paolo Caroni (Centro) – hanno infatti messo sul piatto l’idea di limitare la riduzione dell’aliquota massima dell’imposta sui redditi alti: invece di portarla fino al 12% come proposto dal Governo, si abbasserebbe “solo” fino al 12,5%. Si tratterebbe, citiamo, «di un minor vantaggio a favore dei ricchi» per «aiutare tutta la popolazione messa in difficoltà dall’inarrestabile aumento dei premi». Successivamente, Genini – ospite de «La domenica del Corriere» – ha quantificato l’importo del maggior gettito derivante dalla modifica in 7,3 milioni di franchi, da destinare appunto al finanziamento dell’aumento delle deduzioni dei premi di cassa malati. La proposta, sempre secondo la deputata, ha trovato d’accordo anche Christian Vitta, ideatore della manovra.

Orizzonte novembre

Idealmente, il dossier della riforma fiscale dovrebbe giungere in Parlamento nella sessione di novembre. Ma quali sono, a oggi, le posizioni dei partiti rispetto alla proposta appena formulata dai tre deputati? Cambia davvero l’orizzonte della manovra? «È importante che i quattro assi contenuti nella riforma non vengano snaturati, così da essere finalmente nella media svizzera», spiega Alessandra Gianella, capogruppo PLR. «La misura che fa più discutere, comprensibilmente, è quella dell’aliquota. È nell’interesse di tutti trovare una soluzione che convinca la maggioranza del parlamento, per una riforma riconosciuta da più parti come necessaria. La proposta dell’aliquota al 12,5%, nata all’interno del PLR, va in questa direzione. Non chiudiamo certamente la porta ad altre modifiche, a patto però che siano finalizzate a migliorare la riforma e ad allargare la base di consenso. Anche per questo siamo per rafforzare le misure sul ceto medio, come proposto nell’ambito della cassa malati».

Sul tema della riforma, la parola «referendum» è già stata ventilata più volte. Ed è da sinistra che arrivano le critiche più dure. Con o senza proposta di aliquota al 12,5%. «I promotori della riforma si sono resi conto che, favorendo i redditi alti, rischierebbero di perdere la campagna referendaria», sottolinea da parte sua Ivo Durisch, capogruppo PS in Gran Consiglio. «La modifica appena proposta è una mossa strategica per ridurre il rischio di venire bocciati dai cittadini. Inoltre, riteniamo che la deduzione fiscale non sia lo strumento adatto per combattere l’aumento dei premi: noi, ad esempio, puntiamo sull’allargamento della base dei beneficiari all’interno del ceto medio». La riforma, detta in soldoni, per il PS rimane a favore di chi ha redditi elevati. «Hanno fatto il passo più lungo della gamba», chiosa Durisch.

Sulla stessa lunghezza d’onda i Verdi, come spiega la co-coordinatrice Samantha Bourgoin. «Il PLR ha paura di andare in votazione con questa riforma. Siamo contrari al messaggio, così come siamo contrari al contentino dell’aliquota al 12,5% appena presentato». Piuttosto critico anche il Centro: secondo il capogruppo Maurizio Agustoni, «è difficile far passare in votazione popolare un beneficio fiscale ai ricchi con un aumento del moltiplicatore cantonale del 3%. Condividiamo la volontà di rendere il Ticino più attrattivo a livello fiscale, ma servono misure difendibili davanti ai cittadini. Il nostro obiettivo è far sì che nessuno debba pagare più imposte una volta entrata in vigore la riforma». Il partito, verosimilmente, proporrà a sua volta delle modifiche alla riforma fiscale nelle prossime settimane. E la Lega? Anche per il movimento di via Monte Boglia, il nodo principale riguarda il moltiplicatore cantonale, che non andrebbe toccato. Riassumendo, come ha ricordato Daniele Caverzasio domenica a Teleticino, «questa riforma è fatta per essere bocciata in votazione popolare».

«Così si complica tutto»

Al contrario della Lega, l’altro partito di destra in Parlamento – l’UDC – sostiene la riforma a patto però di mantenere il coefficiente cantonale al 97%. «Non ci fa fare i salti di gioia, ma almeno va a sistemare alcune cose necessarie», sostiene il deputato Paolo Pamini. «È una riforma condivisa con gli esperti della SUPSI, dunque non campata in aria e tesa ad attirare nuovi contribuenti. La nostra impressione, vista la dinamica di questi ultimi giorni, è che si stia complicando la discussione. Sarebbe un peccato non arrivarne a una solo perché ognuno vuole aggiungere il suo ingrediente. Inoltre, nel confronto intercantonale, il 12% di aliquota non è certamente un regalo. Il 12,5% ci allontana dall’obiettivo di attirare in Ticino gli imprenditori e i manager delle aziende. È lì che si gioca la partita: sono pochi contribuenti, ma che determinano buona parte del gettito».

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