«Sconcerto, rabbia e preoccupazione» tra chi si occupa di adozioni
Le molte associazioni che si occupano di adozioni sono rimaste colpite dalla proposta del Governo di vietare le adozioni internazionali. È il caso dell’associazione Chaba di Locarno, che si occupa di intermediazione, accompagnamento e sostegno alle coppie durante la procedura di adozione in Thailandia. «Eravamo al corrente che a livello federale si stava lavorando a una revisione del quadro normativo delle adozioni», ci spiega la responsabile Nicoletta Gagliardi. «La scelta di chiudere alle adozioni internazionali ci lascia perplessi. È vero che negli anni Ottanta e Novanta ci sono stati degli abusi, come evidenziato dallo studio. Nessuno li nega. Anzi, è stato un bene farli emergere e rendere quindi attenta la società di fronte a questo grave problema. Tuttavia, negli anni, il mondo delle adozioni è profondamente cambiato: la Svizzera ha sottoscritto la Convenzione dell’Aja nel 2003 e gli stessi Paesi d’origine - che pure fanno parte della Convenzione - hanno acquisito una consapevolezza più profonda».
La Svizzera, in sostanza, proponendo la chiusura totale alle adozioni internazionali ha perso un’occasione per aggiornare un quadro normativo ormai obsoleto e superato. «Negli anni Cinquanta l’adozione era vista come un atto umanitario», aggiunge Gagliardi. «Oggi, invece, è l’interesse del bambino a venire prima di ogni altra cosa».
In queste ore, l’associazione ha ricevuto numerose telefonate da parte di famiglie con una storia d’adozione. «Sento tanto sconcerto, rabbia e preoccupazione da parte di chi è coinvolto in prima persona», osserva ancora la responsabile. «La decisione del Consiglio federale quale effetto potrà avere sulle persone adottate? Quale segnale diamo loro? Perché si vuole negare a un bambino la possibilità di avere una famiglia?».