Seconda pianta a destra questo è il cammino

Chi sa davvero come funzionavano i roccoli? Chi saprebbe spiegare come venivano cacciati e catturati gli uccelli in questi luoghi? Se dovessimo azzardare noi la risposta, affermeremmo senza troppe esitazioni che al giorno d’oggi i ticinesi che sanno rispondere con dovizia di particolari sono molto pochi. Ma questo non è in fondo strano, perché ciò che oggi si identifica come roccolo non è di solito niente di più che una vecchia torretta in mezzo alla natura. In pochi sanno che la struttura andava oltre l’edificio e quindi cosa attorniava la torre e come funzionava la pratica dell’uccellagione. Poco male, perché presto queste lacune potranno essere colmate da una struttura che «in Ticino sarà unica nel suo genere».
A spiegarcelo, non senza orgoglio, è il presidente della Fondazione Pianspessa Luca Cereghetti, fresco di visita in Ufficio tecnico a Breggia. La ragione? Consegnare la documentazione in vista della pubblicazione della domanda di costruzione di quella che può essere considerata la seconda fase del progetto di recupero del roccolo di Pianspessa, il comprensorio in alta Valle di Muggio che include una vecchia masseria ma anche un roccolo, una nevera, e zone un tempo destinate all’agricoltura e all’allevamento.
Torre e vegetazione
La domanda di costruzione mira al recupero dell’impianto arboreo del roccolo. Sì perché la postazione di caccia si componeva della torre in muratura, ma anche di un impianto arboreo curato e potato, costituito da un doppio filare di alberi formante una galleria vegetale. Di questa struttura arborea a Pianspessa «oggi non c’è praticamente più nulla. Attorno alla torre (rinnovata e inaugurata lo scorso settembre, ndr) ci sono dei carpini molto alti che un tempo venivano potati ma dall’abbandono del roccolo crescono liberamente, ma nulla più». Nello specifico, per ricreare la vegetazione che faceva «funzionare» il roccolo saranno piantati 74 alberi: 62 carpini bianchi e 12 alberi ad alto fusto, scelti tra specie autoctone. E l’intento è di riportare a Pianspessa ciò che c’era un tempo, ma anche riportare il comprensorio indietro nel tempo, nel fiore dei suoi anni. «Per ricreare l’ambiente ci siamo affidati a documenti d’archivio e trattati del ‘700 che spiegavano come venivano creati e curati i roccoli – prosegue Cereghetti –. Con l’aiuto dell’architetta paesaggista Sophie Ambroise al roccolo sarà quindi restituita la coerenza funzionale e paesaggistica di un tempo, ricostruendo la schermatura verde che lo camuffava».

Scuole, turisti e indigeni
Il doppio filare di alberi creava, come scritto, una galleria vegetale. Nella galleria, dotata di ampie finestre verdi, venivano tese delle reti che servivano alla cattura degli uccelli.
I carpini delimitavano una sorta di struttura circolare, al cui interno si trovavano piante e arbusti di varie sorti, che costituivano un boschetto ideale per accogliere gli uccelli da richiamo e invitare gli uccelli di passaggio a fermarsi. «Attraverso l’utilizzo di uccelli da richiamo e richiami meccanici, il roccolatore attirava entro il boschetto gli stormi di passaggio per poi spaventarli con lo spauracchio e indurli a fuggire fra le ampie finestre verdi dell’impianto arboreo opportunamente schermate da reti», spiega la Fondazione in una nota.
Del recupero integrale del roccolo potranno beneficiare sia la popolazione locale – «sarà importante anche per la popolazione perché potrà riacquistare la memoria di questi luoghi», così Cereghetti –, sia le scuole, quindi con scopi didattici, ma anche i turisti. Per scoprire un pezzo del nostro passato, ma anche per scoprire qualcosa dei nostri antenati. La cattura degli uccelli tramite il roccolo è attestata sin dal tardo Medioevo, in Ticino la pratica fu progressivamente abbandonata (e con lei i roccoli) già a partire del 1876, con l’entrata in vigore della prima Legge federale sulla caccia che vietò la cattura degli uccelli. «Qui questa caccia è stata proibita molto presto – aggiunge Cereghetti – e ormai le strutture sono sparite. A Pianspessa abbiamo però la possibilità di recuperarne una unica, rendendola fruibile. Un modo per renderle tutte conoscibili e contribuire a conservare il patrimonio».
Viaggio nel tempo
La seconda fase del progetto del roccolo è solo una delle molteplici fasi che danno vita al progetto di Pianspessa. Per riportare in vita un pezzo di storia e di cultura locale.
Di questo progetto fanno parte anche la spietratura dei prati e il restauro di una nevera, già ultimati. Ma anche il lavoro in corso di recupero dei muri a secco. «Il cantiere è in corso e ha già visto il completamento di circa 100 metri di muri su 400. Ci stiamo addentrando proprio ora nella fase più complessa che prevede la ricreazione dei muri che sostenevano gli orti di fronte al nucleo di Pianspessa». All’orizzonte c’è inoltre un’altra e importante fase, «sarà il lavoro più complicato»: il restauro del complesso di Pianspessa, quindi della masseria. «Stiamo preparando la documentazione per la domanda di costruzione, l’obiettivo è di concludere il lavoro per metà maggio». Una volta terminato il tutto, avventurarsi a Pianspessa sarà come fare un viaggio nel tempo.

Ci sono 74 alberi da adottare
Per sostenere il mantenimento della struttura arborea del roccolo, la Fondazione Pianspessa lancia la campagna «Adotta un albero». Con una donazione di 300 franchi sarà possibile «adottare» uno dei 74 alberi che saranno piantumati. Informazioni sul sito della Fondazione.