Sul preventivo 14 ore a vuoto, sulla pedagogia Carobbio fa scudo
A inizio pomeriggio, tra i corridoi di Palazzo delle Orsoline, qualche deputato ha azzardato una previsione: «Voteremo il preventivo entro sera». Altri, erano più pessimisti: «Macché, non ci arriveremo mai...». Alla fine, abbiamo poi scoperto con il passare delle ore, ad avere la meglio sono stati i «pessimisti». Già, perché dopo oltre otto ore di dibattito (a cui vanno sommate le quasi sei di lunedì), per il momento in Gran Consiglio sul Preventivo 2025 siamo al «nulla di fatto». Le tanto attese votazioni sugli emendamenti, che con ogni probabilità fungeranno da spartiacque per la maggioranza che sostiene i conti del prossimo anno, si svolgeranno domani pomeriggio. Oggi, l’analisi dei Dipartimenti – che si è essenzialmente trasformata in una lunghissima «ora delle domande», e in alcuni casi, come detto da Claudio Zali, in delle vere e proprie «arringhe» – è durata tutto il tempo a disposizione: dalle 14 alle 22.30. E quindi, appunto, per conoscere il finale dello «stallo alla ticinese» di cui vi abbiamo parlato nel primo giorno di dibattito, dovremo attendere ancora qualche ora.
Ad ogni modo, visto che uno dei temi centrali degli emendamenti che saranno presentati domani riguarda il tanto discusso risparmio di due milioni sulla pedagogia speciale, nel lungo dibattito andato in scena oggi qualche «segnale politico» è giunto in aula. E non da poco. A cominciare da quello della diretta interessata, Marina Carobbio Guscetti. La direttrice del DECS ha chiarito con fermezza la sua posizione riguardo alla pedagogia speciale. Per la socialista, tagliare oggi significherebbe incappare in spese decisamente più corpose in futuro. «Un taglio avrebbe conseguenze molto gravi», ha avvertito. Questo perché «se investiamo ora sui bambini che ne hanno bisogno, evitiamo conseguenze sugli adulti di domani». In parole povere: il sostegno pedagogico è una prevenzione molto importante dall’esclusione sociale. «I costi a lungo termine sarebbero ben maggiori» se il finanziamento venisse ridotto. Attualmente, ha spiegato ancora Carobbio, sono circa 3.000 i bambini e i ragazzi che fanno capo a questi servizi di appoggio. Inoltre, i 57 milioni che vengono spesi equivalgono agli stipendi per il personale di sostegno, di appoggio e logopedico. E allora eccole le «gravi conseguenze» citate poco fa: «Tagliare due milioni significherebbe chiudere intere classi di scuola speciale, lasciare bambini senza sostegno, ridurre il finanziamento a enti che si occupano di questo settore». Con conseguenze dirette anche per le famiglie di questi allievi. «Il mio appello, che corrisponde a quello del Governo, è di rinunciare al taglio sulla pedagogia speciale», ha chiosato Carobbio.
La direttrice del DECS si è quindi chinata anche sulla questione del mancato contributo cantonale ai Comuni per i docenti di educazione fisica e musica. La misura proposta dal Governo ha contribuito a mettere sotto pressione Municipi e mondo della scuola. «La difficile situazione finanziaria del Cantone ha imposto una riflessione», ha spiegato la direttrice del DECS. «Il mio dipartimento sta lavorando alla nuova legge sulla scuola dell’obbligo, di concerto anche con le direzioni e i Comuni. Personalmente, auspico che in questo ambito si possa consolidare l’importante ruolo dei docenti di materie speciali, definendo chiaramente il finanziamento tra Cantone e Comuni, per evitare disparità fra enti locali». Come dire: al netto del preventivo, si sta cercando una nuova formula di finanziamento.
I dipartimenti
Detto del dato politico più rilevante emerso in vista degli emendamenti previsti domani, l’analisi dell’operato sui singoli Dipartimenti è ripartita dal DSS diretto da Raffaele De Rosa. Tanti i temi sollevati dai vari schieramenti: dalla pianificazione ospedaliera (si veda il servizio a pagina 6), al «sempreverde» dei premi di cassa malati», fino al «pasticcio» sull’ospedale della Saleggina. Su questo fronte De Rosa ha rimandato, per la parte tecnica e pianificatoria, al dibattito sul Dipartimento del territorio, competente in materia. Riguardo invece ai contenuti sanitari del futuro ospedale e alla possibilità che diventi l’ospedale cantonale (una domanda in questo senso è stata posta dall’ecologista Marco Noi), il consigliere di Stato ha rassicurato il plenum, affermando che dal suo punto di vista il concetto di ospedale «multisito» è ancora attuale. Ad ogni modo, ha precisato, modifiche di questo sistema competono unicamente al Parlamento e non al Governo.
Il «bettegolone» di Zali
È stato dunque il turno del Dipartimento del territorio. Anche a questo giro, parecchie domande dei deputati hanno riguardato l’annosa questione della «scheda R6» del Piano direttore cantonale, con i temuti dezonamenti. Da Omar Terraneo (PLR) a Gianluca Padlina (Centro), fino a Marco Noi dei Verdi, in molti hanno chiesto chiarimenti sulla questione. Una vicenda che il direttore del dipartimento, Claudio Zali, ha definito «un bettegolone arrivato in seguito alla legge federale sulla pianificazione del territorio, votata nel 2014 (...) e che oggi rimbalza cui Comuni». Ad ogni modo, come noto entro ottobre di quest’anno i Comuni dovevano inoltrare al DT il calcolo del dimensionamento del proprio Piano regolatore. Su questo fronte Zali ha fatto sapere che, «con calma», ora il dipartimento solleciterà i Comuni che non si sono ancora espressi, dopo aver chiesto una proroga. Ad ogni modo, ha chiarito, «faremo i conti nel corso del 2025». Il direttore del DT è poi stato sollecitato dal deputato UDC Tuto Rossi in merito alla questione della ditta Birolini di Muzzano. Rossi ha infatti parlato di «una situazione di illegalità che dura da più di un anno». Su questo fronte, però, Zali ha tagliato corto: «Sui casi singoli faccio fatica a parlare, ma posso dire che la polizia edilizia è un compito comunale, non del Cantone».
Una questione di fiducia
Il finale della lunghissima sessione è stato riservato al Dipartimento delle finanze e dell’economia. Simona Genini (PLR) ha evocato l’iniziativa (lanciata dall’UDCe sostenuta da alcuni deputati di PLR e Centro) per ridurre il numero di dipendenti pubblici. Claudio Isabella (Centro) ha invece puntato sul potere d’acquisto, mentre altri (come il socialista Yannick De Maria e i democentristi Tiziano Galeazzi e Sergio Morisoli) hanno dato il via a una diatriba sui benefici per il gettito fiscale dettati dalla presenza dei contribuenti benestanti. Il direttore Christian Vitta ha risposto punto su punto, puntando anche sul concetto di fiducia di fronte a un Occidente che va indebolendosi non solo economicamente. «La popolazione e le aziende si aspettano segnali di fiducia dalle istituzioni», ha chiosato. Per arrivarci, serve però maggiore «concordanza politica».
Proprio quella che sembra mancare a questo Parlamento.