Lugano

Uno dei rapinatori del Taleda aveva provato a far saltare in aria una persona a Zagabria

Sarà estradato dopo la fine del processo per i fatti luganesi: è accusato di aver tentato in due occasioni di uccidere una persona a Zagabria mettendole un ordigno esplosivo sull’auto, senza però riuscire a innescarlo
Gli ordigni non esplosi. ©Polizia di Zagabria

Voleva far saltare in aria un uomo a Zagabria, con una bomba attivata da un telefonino. Emergono importanti novità sul caso della rapina alla gioielleria Taleda di Lugano dello scorso luglio. La Croazia ha infatti chiesto e ottenuto l’estradizione di uno dei rapinatori, un 46.enne croato attualmente in carcere preventivo alla Farera. L’uomo, si apprende da una sentenza della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (CRP), è infatti accusato nel suo Paese di aver tentato in due occasioni di uccidere una persona con un ordigno esplosivo. Era inoltre già stato condannato a dieci mesi per frode a Zagabria nel 2017 e deve ancora scontare questa pena. L’estradizione avverrà in ogni caso dopo un’eventuale condanna per la rapina a Lugano.

Scoperte dal garagista

Le accuse mosse all’uomo dalla procura croata sono al contempo pesanti e tragicomiche. In due occasioni infatti, con un complice, a Zagabria ha piazzato con successo un ordigno esplosivo sull’auto della persona che voleva uccidere, non riuscendo però a farlo detonare. Ma non per mancanza d’intenzione. La bomba era collegata a un telefono cellulare e un tracker GPS e nella prima occasione i due hanno chiamato 19 volte il telefonino «al fine di attivare la capsula detonante elettronica» piazzata sull’auto della vittima. Non ci sono però riusciti perché - ed è questo il fatto tragicomico - «avevano inserito in modo erroneo la carta SIM nel cellulare». Stesso modus operandi un mese dopo, con dieci chiamate al cellulare d’innesco, ma anche stavolta senza successo, per motivi rimasti ignoti. In seguito, riportano i media croati (il caso fece un certo scalpore), il proprietario dell’auto si insospettì perché la Porsche faceva rumori strani e la portò da un garagista che trovò le due bombe.

Elementi sufficienti, questi, per convincere il presidente della CRP, giudice Roy Garré, della bontà della richiesta d’estradizione croata. La stessa era stata contestata dal 46.enne, difeso dall’avvocato Matteo Genovini, dopo un’iniziale accettazione. L’uomo ha affermato di trovarsi all’estero quando sono accaduti i fatti imputatigli ma - scrive la CRP - «non ha presentato nessun elemento concreto che permetta di accertare senza indugio la sussistenza di un alibi».

In ogni caso, come accennato in ingresso, va precisato che l’esecuzione di una pena pronunciata in Svizzera ha la precedenza sull’estradizione. A questo punto appare verosimile che l’uomo verrà processato e condannato in Svizzera e, una volta scontata la pena detentiva (in linea di principio non potrà beneficiare della liberazione condizionale), verrà estradato in Croazia dove dovrà rispondere dei reati di omicidio e lesioni personali gravi, nella forma del tentativo.

In sei dietro le sbarre

In totale, nelle strutture carcerarie ticinesi sono detenuti in regime di carcerazione preventiva sei componenti della banda che rapinò la gioielleria luganese. I quattro autori (due cittadini serbi e due croati) e due presunti complici. Come da noi riferito, il componente del quartetto ritenuto dagli inquirenti il più pericoloso del gruppo – un 48.enne serbo che durante il colpo aveva puntato una pistola carica contro gli agenti, per poi darsi alla fuga e venir poco dopo arrestato in zona Cattedrale – era stato condannato nel 2019 a sei anni per una rapina nel Canton Vaud. Nei confronti di altri due membri della banda vi sono inoltre procedimenti penali aperti all’estero (in Europa) per reati analoghi. Infine, uno dei quattro avrebbe preso parte anche a un colpo a Ginevra. Un’ulteriore conferma, qualora ce ne fosse il bisogno, che le persone che hanno preso di mira la gioielleria Taleda abbiano un curriculum criminale di un certo rilievo. Quanto ai complici, lo scorso gennaio era arrivato in Ticino – in estradizione dall’Italia – un cittadino straniero di origine balcanica. L’uomo è sospettato d’aver preso parte all’azione criminale che. Il quinto arrestato era invece giunto in Ticino ad ottobre: si tratta di un 49.enne cittadino austriaco. L’uomo – nei confronti del quale il procuratore pubblico aveva firmato un mandato di cattura internazionale – è stato fermato in Ungheria alla fine di settembre.

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