Una settimana di tecnologia alle elementari con la SUPSI
«MINT». Non è il nome di una nuova caramella, ma la sigla di Matematica, informatica, scienze naturali e tecnologia. O anche–per chi mastica inglese–STEM. Queste discipline hanno dominato il programma della settimana appena trascorsa di svariate classi delle Scuole comunali di Locarno. Dal 27 al 31 marzo, infatti, decine di allievi hanno sperimentato gli atelier della «Settimana MINT»: attività pratiche e interattive, organizzate dal Laboratorio media e MINT del Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI, allo scopo di far capire come, in realtà, dietro ogni nostra mossa ci stanno proprio loro: le materie tecniche. Dalle ricerche su internet all'acquisto di un biglietto dell'autobus, dalla fotografia digitale alle mappe che consultiamo per prepararci a un'escursione. Tutte impossibili senza «MINT», sottolinea Luca Botturi, professore in Media in educazione al Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI. «Matematica, scienze... Sono materie possono fare un po' di ‘paura’ ai bambini, ma sono tutte collegate tra loro. Di fatto, oggi viviamo in una compenetrazione tra scienza, tecnica e media», afferma il 46.enne.
L'aula al primo piano dello stabile B del Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI ha degli ospiti speciali: di norma serve ai docenti in formazione, ma oggi c'è una classe di quinta elementare. I bambini, una ventina, sono divisi a gruppi di due o tre. Ogni gruppo, sul banco in cui si trova a lavorare, ha un computer portatile.
«È importante proporre esperienze belle e positive, affascinanti... Dobbiamo avvicinare i nostri allievi già da piccoli alle tecnologie, in modo attivo», dice Rossana Falcade, docente-ricercatrice senior del Laboratorio media e MINT (MEM) della SUPSI. «È importante per la loro futura vita lavorativa, ma anche per diventare cittadini consapevoli in un mondo sempre più digitalizzato», aggiunge la 51.enne che ha portato l'attività di programmazione alla Settimana MINT insieme a Masiar Babazadeh.
Come 'parlare' ai computer
Tra i banchi si muove con sguardo attento anche un altro adulto, il docente abituale della classe: «Nelle varie attività proposte questa settimana, la nostra scelta è caduta sul lavorare con i computer», dice Fabio Dondina. «Il primo passo, in questo laboratorio che ha lo scopo di sviluppare le competenze informatiche, è stato capire insieme cosa sia un linguaggio di programmazione. Come possiamo ragionare usando la sua logica? Come possiamo trasmettere degli ordini?», sottolinea il 54.enne.
Gli schermi di ragazzine e ragazzini pullulano di colori e di personaggi. C'è chi ha un giocatore di pallacanestro, chi una ragazza che entra in una scuola. «Medie, stiamo arrivando», scrivono alcuni con caratteri variopinti. Di fianco alle finestrelle con le varie scene, una catena di blocchetti. «Devono realizzare una presentazione interattiva nel linguaggio Scratch, sfruttando animazioni, dialoghi, musiche o rumori e incentrata sulle scuole medie, che tra poco loro frequenteranno una volta lasciate le elementari», dice ancora Falcade. «Per preparare un progetto del genere, occorre sviluppare la capacità di affrontare e risolvere i problemi», le fa eco Dondina.
Dai computer alle foto
Intanto, in un'altra aula del Palacinema, a poca distanza dallo stabile della SUPSI, ecco altri ospiti. Questa volta sono bambine e bambini di una quarta elementare dei Saleggi. Con loro c'è la docente Tamara Ferreira. «Stanno facendo un viaggio a ritroso nel mondo della fotografia, stanno scoprendo come si fanno le foto, cosa sono i pixel...», spiega sorridente la 25.enne.
«In effetti, stanno scoprendo un mondo a loro molto vicino, ma nel contempo anche molto lontano. Usano le tecnologie tutti i giorni e scattano fotografie digitali, ma non sanno esattamente da cosa deriva la foto che vedono tutti i giorni. Quale sia stata l'evoluzione tecnologica passata dalle emulsioni alle immagini fruite attraverso gli schermi».
I piccoli si stanno passando di mano delle lampadine. Appoggiano sagome di animali e di lettere di plastica su una carta fotosensibile e poi puntano il fascio di luce violetta sul foglio. Alcune bacinelle si trovano al centro dei banchi. Non c'è dubbio, stanno sviluppando delle fotografie analogiche, come si faceva un tempo. «All'inizio sembra una magia, perché la carta cambia aspetto a contatto con la luce», spiega Alessio Carmine, docente senior sempre del Laboratorio media e MINT (MEM). «Sta poi a noi spiegare che si tratta di sostanze chimiche che reagiscono producendo un'immagine. Passiamo quindi da una sorta di magia al principio scientifico, adattato all'età dei bambini», aggiunge il 33.enne, affiancato dal collega Thierry Moro.
Un'altra prospettiva
È il momento di una breve pausa. Il vocìo delle bambine e dei bambini cala di volume, mentre scendono a prendere una boccata d'aria, dando il tempo di arieggiare l'aula. Un paio di bacheche si riempiono dei fogli stampati con la luce. Alcuni hanno scritto il loro nome, componendolo con le lettere di plastica. Altri hanno preferito aggiungere anche sagome di animali o forme geometriche.
«C'erano diverse proposte e vari laboratori questa settimana. Ci siamo iscritti a questo, ‘Camera Obscura’, appunto sulla fotografia. Trovo che questo genere di attività siano importanti per gli allievi, anche per la mia classe di 4ª elementare», ammette Ferreira. «Mi parlano spesso anche dei media sociali e del mondo delle immagini... Trovo bello che abbiano la possibilità di conoscere questo mondo sotto un'altra prospettiva: anche per utilizzare le tecnologie in una maniera più consapevole».
Non è un mondo per soli maschi
«Non subiscono passivamente le decisioni, le scelte di qualcun altro», dice ancora Falcade, che segue i bambini ai portatili nell'altro stabile. «Si rendono conto di quello che c'è dietro all'uso di uno smartphone o di un'applicazione, perché loro per primi imparano a capire cosa vuol dire dare delle istruzioni a un computer, affinché faccia quello che deve fare.
Ferreira porta poi l'attenzione su un altro tema, quello della forte presenza maschile in molte aule di facoltà tecniche. «Ci sono situazioni in cui sono presenti soprattutto maschi. Ma, grazie a queste iniziative, anche le ragazze hanno possibilità di accedere e scoprire alcuni aspetti del mondo della tecnica e farsi anche un'idea per i loro sbocchi futuri in termini di carriera».
Le fa eco Falcade: «Sì – conferma –. Questo laboratorio mostra come sia necessario essere molto creativi. E la creatività non è maschile o femminile. Bisogna risolvere problemi e questo serve alle ragazze e ai ragazzi. Ma non solo. Perché non c'entra nulla avere il ‘pallino’ per l'informatica o perché si conoscono i videogiochi fin da piccolini».
Una porta d'accesso
«La sfida è dare una porta d'accesso per il mondo della scienza. Per mettere a punto le tecnologie servono persone persone appassionate a ciò che fanno», evidenzia Botturi, che sottolinea anche il ruolo giocato dall'organizzazione del lavoro in piccoli gruppi. «Il fatto di socializzare, di discutere e di confrontarsi faccia parte del metodo di apprendimento scientifico».
«Sono organizzati a coppie e terzetti per favorire lo scambio reciproco e poi trovare insieme una soluzione», nota ancora Falcade. «In effetti, a scuola lavoriamo spesso in questo modo», dice Dondina. «È un modo che ti prepara poi a essere un cittadino della nostra futura società», aggiunge. «È una grossa competenza di cui il mondo avrà sempre più bisogno», conclude Falcade.