«Zelensky in Ticino? Più che timori, qualche fastidio»
Chissà se in Ticino, il 4 e il 5 luglio, arriverà anche Volodymyr Zelensky. Finora, il presidente ucraino ha sempre preferito lasciare un videomessaggio ai vari appuntamenti di cui era ospite d'onore. Mai dire mai, però. Sta di fatto che la Conferenza sulla ricostruzione dell'Ucraina – l'Ukraine Recovery Conference, anche abbreviata in «URC2022» e in programma da tempo proprio nella città sul Ceresio – ha messo in agitazione il Consiglio federale che, visto «il contesto di forti tensioni internazionali», ha deciso di mettere in campo misure di sicurezza eccezionali. Saranno mobilitati, infatti, 1.600 militari. Che dovranno garantire la sicurezza nell'arco di quelle giornate. Un incontro che, vista la guerra in corso con la Russia, si è trasformato in un evento «straordinario».
Saranno inevitabili le «zone rosse», le strade chiuse e i controlli a tappeto. Non è da escludere, poi, l'arrivo di vari personaggi di «contorno», magari dalla fedina penale non proprio immacolata. Spie, attivisti russi, mercenari sotto copertura... Ma tutto questo non spaventa i ticinesi. Da Locarno a Bellinzona, passando per Lugano, molti vedono di buon occhio questo genere di iniziative: «Un'occasione per appianare la situazione. L'esercito o i personaggi poco raccomandabili? Non ci fanno paura. Piuttosto danno fastidio le aree blindate». Si potrebbe riassumere così la voce «della gente» sulla grande manifestazione. Che creerà non pochi disagi. Si prevede, insomma, un possibile collasso sulle strade. Altri, poi, non mancano di osservare come la Svizzera italiana non sia il luogo adatto per questo genere di manifestazioni: «Ci saranno solo problemi – dice Ennio di Bellinzona –. Non è il caso di organizzarlo qui. La sede ideale per questo genere di incontri è Ginevra. Hanno già i mezzi, gli spazi, l'esperienza».
A Lugano
«È importante che ci siano degli incontri del genere. La speranza è che la conferenza possa contribuire a far terminare questa guerra. La guerra non dovrebbe esserci in nessun Paese. Occorre uscire da questa situazione, senza altri morti e senza l'uso di altre armi», dice Carlo, giovane infermiere e ancora studente per le strade del centro a Lugano. Qualche metro più avanti, Cecilia, nella vita docente in una scuola privata, la pensa allo stesso modo. «Penso che sia solo un bene, il fatto che siano organizzate queste conferenze e che si possa parlare di questi problemi». E per quanto riguarda il traffico, che sarà nel caos per qualche giorno, per Cecilia non è un problema: «Si può sopportare un po' di trambusto per qualche giorno, mi sembra proprio una cosa da poco».
Nella zona della pensilina, Liliana – che lavora nel settore amministrativo dell'Università – ha qualche secondo di tempo: «Il nostro istituto ospiterà i giornalisti, ci stiamo preparando per allestire tutto», dice. «Io sarò in vacanza in quel periodo. Da un lato, sono anche contenta dato che schiverò tutti i disagi che saranno causati dal nuovo focus precedentemente legato all'economia ucraina e oggi, invece, incentrato sul conflitto». Liliana fa notare come questo sia un ottimo biglietto da visita in linea con la neutralità della Svizzera. «Per un bel periodo, il Ticino riceverà una gran pubblicità e probabilmente se ne parlerà in tutto il mondo», aggiunge.
Manuel, titolare del suo studio fiduciario, sta rientrando dal pranzo insieme ai collaboratori. È entusiasta di questo evento: «Qualsiasi cosa riescano a portare qui in città è benvenuta. Fanno bene a proporre la Conferenza qui», esclama. Anche per lui, la sicurezza non è un problema. Lugano, insomma, è in buone mani anche sotto quel profilo. E il traffico? «L'abbiamo visto con l'ultima manifestazione, domenica scorsa: strada chiusa, deviazione sulla stazione. Ma va bene così», conclude.
A Bellinzona
In Piazza del Sole, a Bellinzona, Caroline sta raggiungendo a piedi la stazione insieme alla nonna, Maria. La ragazza, che studia al liceo, vede di buon occhio l'evento. «È un'ottima occasione per fare il punto della situazione, per capire come stanno le cose e, magari, trovare una via d'uscita. Il confronto delle idee è sempre importante». Nonna Maria, invece, non è sulla stessa linea d'onda: «C'è già troppo traffico, certe cose è meglio evitarle», dice.
Più avanti, anche Rolando la pensa allo stesso modo. «Non capisco bene lo scopo di eventi del genere. Capirei di più se lo organizzassero in una località dove esiste un potere reale sulla negoziazione. Per esempio New York?», si chiede, ricordando una precedente visita, proprio nella zona dei Castelli, di una grande personalità internazionale: l'allora segretario di Stato americano Mike Pompeo. «Avevano blindato tutto. Un'esagerazione. Avevano chiuso anche zone che non c'entravano nulla o che erano comunque molto lontane dal luogo dell'evento. Mi sembra che iniziative del genere siano decisamente al di fuori della nostra portata».
A Locarno
«Fanno bene!», sostiene Giuseppe, che sta spingendo un passeggino sotto i portici in Piazza Grande a Locarno. «Si poteva organizzare qui, a Locarno. Dato che, nel 1925, c'è stato appunto il Patto di Locarno, durante la Conferenza di Pace. Poteva essere di buon auspicio? Ma per carità, anche a Lugano va benissimo. Le chiusure? Ma certo, che chiudano. L'importante è che ci sia sicurezza, che tutti siano al sicuro», prosegue. Nell'area del Palacinema, Sergio è della stessa opinione. «Al giorno d'oggi, siamo abituati a vedere le città militarizzate per incontri di questo tipo. Penso ai vari Forum, G20, G7», sostiene il giovane, che lavora come cuoco ad Ascona. «La vedo come una normalità», aggiunge.
Qualche metro più in là, un altro Giuseppe mette a paragone un piccolo disagio con la situazione in Ucraina: «Penso che possiamo sopportare qualche giorno con un po' di subbuglio per il traffico. Mi sembra proprio uno sforzo modesto, rispetto ai sacrifici che ha fatto il popolo ucraino. Non dobbiamo fare gli schizzinosi, eh?». Di tutt'altro tenore la discussione ai tavolini di uno storico bar nelle vicinanze: «No, non serve a nulla. Queste cose sono inutili», è convinta Natalia. La giovane, capelli neri lunghi e piercing al naso, pensa che ci sia solo una speranza: «Un risveglio spirituale, anche a livello di coscienza delle persone». Seduto al tavolino dello stesso gruppetto, anche Sandro, appassionato di musica. «Non mi tocca. Non mi tocca proprio per nulla. Anzi, mi sembra proprio una grande pagliacciata», aggiunge con un sorriso. «Intendiamoci, però. Preferisco la musica alla guerra!».
Cinzia e Anna, due liceali, stanno camminando verso la stazione. «È una buona idea organizzare un incontro su un territorio neutro», dice Cinzia. «Da qualche parte la dovranno fare, questa conferenza, no?», sostiene Anna. «Non vedo il problema di organizzarla qui. Vabbé, ci saranno dei problemi logistici... ma saranno risolvibili. Questa iniziativa deve essere vista in modo positivo», conclude.