Il commento

La sfida del Crus: aprire un ciclo vincente

Difficilmente, in Svizzera, un allenatore e un club riescono ad alimentare le rispettive aspirazioni e storie sul medio-lungo termine - E a Mattia Croci-Torti, con un rinnovo contrattuale del genere, non si chiede più di essere solo un tecnico in grado di sviluppare la prima squadra
Massimo Solari
16.01.2025 21:07

Martin Blaser, dunque, è stato accontentato. Poco più di un anno fa, sotto l’albero di Natale, il CEO dell’FC Lugano aveva rilasciato al Corriere del Ticino un’intervista controversa. Dai concetti forti, anche. Con la prima squadra al quinto posto in Super League, a -12 dallo Young Boys, ed eliminata anzitempo dalla Conference League, il dirigente bianconero si era espresso così circa il sostegno - incondizionato o meno - all’allenatore Mattia Croci-Torti. «Come CEO, e mi riferisco all’operato di ogni componente della società, devo vedere uno sviluppo. Sempre e dappertutto». Sì, anche il tecnico momò era stato pungolato e, allora, un rinnovo triennale non appariva di certo come una formalità.

Un anno più tardi, dicevamo, Martin Blaser non deve invece aver tentennato nel firmare il nuovo contratto del Crus, artefice - con il suo gruppo di calciatori - di un’annata sportivamente superlativa. Artefice, soprattutto, di traguardi viepiù ambiziosi. L’ampiezza dell’accordo sottoscritto tra il mister bianconero e i vertici del club, in questo senso, suggerisce un cambiamento di paradigma. Già, perché in seno al CdA i matrimoni di lunga durata non sembravano andare veramente a genio. Della serie: e se poi te ne penti? Ma, appunto, la situazione è cambiata radicalmente. Sia rispetto alla scommessa iniziale, nel settembre del 2021, sia a fronte del rinnovo annunciato nel gennaio del 2023. Mattia Croci-Torti, riprendendo le parole iniziali del CEO, non sarà più l’allenatore chiamato a far sviluppare il Lugano. Non solo, quantomeno. No, d’ora in poi il Crus dovrà essere un allenatore di successo. Sempre e comunque. Con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità, pressione e obiettivi non derogabili. E, si badi bene, l’assenza di clausole di uscita non equivale in alcun modo a un’assicurazione sulla vita. Né del Crus (in caso di crisi di risultati), né della società (alla luce di offerte irrinunciabili per entrambe le parti).

Certo, qualora dovesse arrivare il titolo di campione svizzero 2024-25 - e i presupposti sono dati - si tratterebbe di un’impresa in anticipo sulla pianificazione delineata a Chicago. Di un bellissimo fuori programma. E però, anche a partire da lì, al 42.enne ticinese si chiede esplicitamente di aprire un ciclo vincente. «Un nuovo corso», toh, volendo citare il club. Non sarà evidente. In Svizzera non lo è. È dai tempi di Christian Gross, e del grande Basilea, che un tecnico e una società non riescono ad alimentare le rispettive aspirazioni e storie sul medio-lungo termine. E, guarda caso, il tutto per i renani nacque con l’inaugurazione di uno stadio moderno.

L’AIL Arena, al proposito, costituirà il perno del solido e inebriante progetto bianconero. Un progetto che già oggi - in condizioni sfavorevoli - è riuscito a generare utili sul piano internazionale. Altri applausi. Il Crus ha voluto fermamente essere il tecnico del futuro, colui che spalancherà le porte della nuova casa. E l’FC Lugano, sotto il suo consueto cappellino, ha trovato una figura competente ed ecclettica a cui consegnare le chiavi: l’uomo della piazza, l’abile comunicatore, il brand. Su tutti il professionista, che sta ripagando appieno l’enorme e per certi versi azzardata fiducia ottenuta all’alba dell’era Mansueto. Accontentarsi, tuttavia, non è ammesso.

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