L'editoriale

Maja Hoffmann, una nomina che rivela le ambizioni del Festival

Sorprendente, per certi versi addirittura spiazzante – Ma è impossibile, oggi, non applaudire questa scelta per il futuro di Locarno
Paride Pelli
24.07.2023 18:15

Sorprendente, per certi versi addirittura spiazzante. La nomina di Maja Hoffmann a presidente del Locarno Film Festival è un vero coup de théâtre che dà ulteriore prestigio a una manifestazione che sotto la sapiente e generosa regia di Marco Solari ha già compiuto passi da gigante. A partire dall’anno prossimo, con la 77. edizione, sarà la mecenate il deus ex machina del Festival, che è, ricordiamolo, tra le prime manifestazioni culturali in assoluto in Svizzera, con un crescente e sfidante peso specifico anche a livello internazionale. Certo, le somme le tireremo alla fine, ci auguriamo tra molti anni. Tuttavia oggi è impossibile non applaudire questa nomina, e le ragioni sono molteplici. Vediamone alcune. Sentendo avvicinarsi la soglia degli 80 anni, l’estate scorsa Marco Solari, attuale presidente del Festival, aveva fatto sapere che non avrebbe sollecitato il rinnovo del suo mandato. Decisione presa dopo un ventennio e oltre di ascesa inarrestabile, con il Festival che, al netto del rallentamento imposto dalla pandemia, edizione dopo edizione ha guadagnato spessore, finanziamenti, visibilità. Quello svolto da Solari è stato un lavoro egregio, quasi più da direttore generale: dalla scelta dei collaboratori alla promozione, passando per un fund-raising condotto con eleganza e consapevolezza, quella di avere alle spalle una manifestazione unica che giustamente è stata definita, al di là dei contenuti cinematografici, come un enorme patrimonio di cultura e di accoglienza elvetica. È questa la ragione per cui, tre settimane fa, scrivevamo su queste colonne che aggiungere nuovi mattoni all’impresa già memorabile di Marco Solari sarebbe stato il vero e difficile compito del suo successore.

Ai membri della «Commissione cerca» per il post-Solari devono essere tremate le vene dei polsi fino all’ultimo. La coscienza di avere tra le mani un Festival così importante e così amato non poteva essere disgiunta dal timore di scegliere un nome non del tutto adatto. Ebbene, alla fine la scelta – ispirata dal direttore della RSI Mario Timbal, che con Maja Hoffmann ha lavorato nella sua esperienza ad Arles – è stata di quelle sì inattese, ma anche auspicate. In altre parole: è la scelta che ci voleva per prendere il Festival e portarlo ancora più in alto, anche – ma non solo - da un punto di vista di solidità finanziaria, aspetto centrale che d’ora in avanti non rappresenterà più un assillo.

Maja Hoffmann è una donna impegnatissima, ça va sans dire, ma che fa della promozione della cultura a più livelli il suo mantra: ed è coinvolta nei board di una mezza dozzina di musei e gallerie che vanno dal New Museum e dalla Swiss Institute di New York alla Serpentine Gallery di Londra fino alla Kunsthalle di Zurigo. Ha sempre improntato la sua vita a una grande discrezione, senza per questo rinunciare a progetti da togliere il fiato. Come quello del LUMA ad Arles, una organizzazione sperimentale e interdisciplinare dedicata, appunto, alla cultura e al suo sviluppo. Ma non sarà – e presumiamo non vorrà e non potrà essere – Maja Hoffmann, la «sostituta naturale» di Marco Solari, uomo di territorio, portentoso nel raccogliere quei finanziamenti necessari alla crescita del Festival: no, questo delicato compito verrà assunto e potenziato dalla futura presidente attraverso quei collaboratori che vorrà conservare o nominare. Azzardiamo l’ipotesi che uno degli obiettivi principali della nuova presidenza sarà fornire al Festival tutti quegli orientamenti e quei sostegni, non solo finanziari, che lo porteranno a livelli di internazionalità e di prestigio ancora superiori agli attuali. Sfida non facile – che inciderà probabilmente anche sulla struttura stessa della manifestazione – ma pure appassionante. Un’altra curiosità è poi legata alla sua volontà di eventualmente approfondire la conoscenza dell’ambiente locarnese e ticinese e di avviare il dialogo con le istituzioni. «Ci sono diversi modi di essere presenti» ha risposto oggi a precisa domanda la Hoffmann, lasciando intendere che la sua sarà una presenza sempre attenta, anche a distanza, con il filtro di fidati collaboratori. Da capire poi, in questo senso, se l’attuale squadra di Solari potrà essere utile alla Hoffmann anche per i nuovi progetti, al di là del valore riconosciuto di tutti i direttori in organico. Questa nomina, in conclusione, è la conferma che l’asticella delle ambizioni si è (giustamente e meritatamente) alzata ancora di più, e che il Pardo è pronto a balzare in una dimensione globale.

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