Pensioni, il prezzo di essere generosi
Siamo al paradosso: sindacati storici come VPOD, OCST e SIT si trovano oggi (dopo l’entrata in forze di Erredipi nel CdA della Cassa pensioni dello Stato) nell’imbarazzante posizione di dover difendere un compromesso al ribasso, da un punto di vista relativo, per il tasso di remunerazione degli assicurati attivi dell’Istituto di previdenza del Canton Ticino. Relativo, sì, perché la sinistra massimalista del sindacalismo ticinese, l’associazione Erredipi, ormai (quasi) costola sindacale dell’MPS, è arrivata a produrre una proposta che, perlomeno allo stato attuale, non sta né in cielo né in terra: alzare il tasso di remunerazione degli averi di vecchiaia degli assicurati al 4%. Una proposta che il direttore dell’Istituto, dal punto di vista di un tecnico, ha definito «una follia». E che non è andata giù nemmeno ai sindacati storici, i quali temono che, tirando troppo la corda, altro non si farà che indebolire la posizione di chi difende gli assicurati. In CdA, infatti, 5 membri difendono gli interessi dei datori, 5 quelli degli assicurati. Ma ora questi ultimi sono spaccati in due: tre da una parte (che chiedono la luna) e due dall’altra (che mirano al compromesso). La storia pare sempre la stessa; la sinistra si divide e poi perde.
Ma torniamo alla proposta «osé» di Erredipi. Noi ci limiteremo a definirla «generosa», consci del fatto che si tratta di un eufemismo. Ma è proprio su questo aggettivo che vorremmo sviluppare un breve ragionamento sulla situazione della Cassa e dei suoi assicurati.
Partiamo dal 2012, con la penultima delle riforme che hanno toccato l’Istituto. Allora, finalmente, si decise per il passaggio dal cosiddetto primato delle prestazioni a quello dei contributi. In parole povere: il vecchio sistema era troppo «generoso» per essere sostenibile. Morale della favola? I contribuenti ticinesi ci hanno messo una pezza da quasi 500 milioni. E, allo stesso tempo, si decise di prevedere delle misure compensative per la generazione di transizione, gli over 50. Troppo vicini alla pensione per poter correggere il tiro in corsa, a questi sono state giustamente riconosciute le famose «garanzie». Tutto giusto, di principio. Se non che nel corso degli anni si è capito che, ancora una volta, quelle garanzie erano troppo «generose» e hanno permesso, per anni (perlomeno dal 2015 al 2024), pensioni ben oltre quanto fosse sostenibile da un punto di vista finanziario, creando un buco di centinaia di milioni. E quindi? E quindi abbiamo atteso il 2024 prima di iniziare a veder scendere l’aliquota di conversione degli assicurati verso un livello più sostenibile. E lo scorso anno siamo andati a votare per evitare che la discesa di quell’aliquota fosse troppo importante. La morale? Circa 15 milioni l’anno pagati dai contribuenti ticinesi per evitare un taglio delle pensioni troppo repentino e per cercare, in parte, di rifinanziare la Cassa, la cui situazione finanziaria non è molto rosea. E non è rosea perché? Lo ha spiegato lo stesso Istituto sul proprio sito web in occasione dell’ultima votazione. Citiamo: «In passato la legislazione federale non prevedeva obblighi particolarmente stringenti per gli istituti di previdenza pubblici (…), ed anche in Ticino la scelta politica (...) fu quella di erogare, per decenni, delle pensioni eccellenti ma di gran lunga non finanziate a sufficienza. La conseguenza è stata che il grado di copertura si è eroso fortemente nel tempo: un fardello che condiziona il presente e condizionerà anche i prossimi 30 anni almeno». Insomma, anche qui, torniamo alle pensioni troppo «generose» del passato.
Mettiamola in altri termini: se oggi la Cassa è in difficoltà è a causa delle pensioni troppo «generose» garantite negli ultimi decenni. A pagarne il prezzo sono stati i contribuenti e gli attuali assicurati attivi, che scontano i privilegi del passato (e le scelte «generose» della politica). Certo, la colpa non è degli «attivi» e quindi a giusta ragione difendono i propri diritti. Ma l’impressione, guardando alla storia recente, è che la proposta «generosa» di Erredipi semplicemente scaricherà il problema alle generazioni successive, senza guardare a chi ne pagherà il prezzo. Alziamo il tasso di remunerazione al 4%? Certo, «sarebbe bello», han detto tutti, dai sindacati al direttore dell’Istituto. E chi paga? «Il datore di lavoro», ci aveva risposto un rappresentante di Erredipi alla presentazione della proposta. Tradotto: paga il contribuente. O, se non sarà il contribuente a pagarne il prezzo intero, come accaduto nel 2012 e nella votazione del 2023 l’altra metà ce la metterà la prossima generazione di futuri pensionati dell’IPCT.
Essere «generosi» è semplice (soprattutto con i soldi degli altri) e permette di farsi belli davanti all’elettore. Essere sostenibile è forse «imbarazzante», ma è la via giusta da percorrere.